Conosci le famose “armi della persuasione” o “armi” di Robert Cialdini? Probabilmente si, e forse sai anche che questi principi sono il frutto di anni di studi nel campo della psicologia.
Qualche puntata fa ti parlavo del nuovo libro di Robert Cialdini nel quale è racchiuso il “principio generale della persuasione, buon ascolto…
Come ti dicevo poco fa, la serie di studi che ha portato Cialdini a scrivere i libri che lo hanno reso noto in tutto il mondo, viene chiamata dai noi addetti ai lavori “psicologia sociale”.
Questa branca della psicologia studia l’interazione fra l’individuo ed i gruppi che lo circondano, ed è stata una delle prime “psicologie” che ha svolto sperimentazioni sul campo.
Mettendo insieme diverse conoscenze psicologiche da vari ambiti di questo mondo, viene fuori quella che potremmo definire “la scienza della persuasione”.
Che nasce con l’intento primario di capire come le persone modificano i propri atteggiamenti e le proprie opinioni. Quindi non tanto per “vendere” anche se oggi…
La scienza della persuasione moderna si chiama marketing
Oggi è il marketing il vero reame della persuasione, ed in modo ancora più specifico quel tipo di marketing che spopola sul web, il marketing a risposta diretta (il direct response marketing).
Non lo dico perché siamo qui “sul web” ma perché è una piccola verità che pochi fra i miei colleghi conoscono bene, il fatto che grazie ad internet il marketing è diventato realmente scientifico.
Se 30 anni fa ti spedivo una cartolina a casa, o costruivo uno spot televisivo o radiofonico, non potevo sapere con precisione quante persone sarei riuscito a convincere.
Oggi, se ti mando una email promozionale riesco a sapere esattamente quante persone l’hanno aperta, quante ci hanno cliccato e quante hanno agito secondo i miei propositi.
Per questo Cialdini cita moltissimi studi di marketing online
Nel suo ultimo libro “Pre-suasion” Cialdini passa gran parte del tempo ad analizzare campagne promozionali online. Proprio perché questo mezzo ci permette di avere “dati” tangibili.
La possibilità di misurare precisamente l’effetto delle manovre persuasive attraverso il web non ha stupito solo noi psicologi, ma anche chi si occupa di marketing.
Nell’era pre-internet questi dati erano impossibili da ricavare se non indirettamente. E, ancora più interessante, attraverso la rete abbiamo una quantità di dati migliaia di volte più corposi di ogni altra ricerca di mercato mai condotta in precedenza.
Quindi, misurabilità più abbondanza di dati più la computazione informatica di questi… uguale una macchina persuasiva che non ha eguali nella storia del genere umano.
Tutti questi dati hanno fatto emergere numerose “tecniche di persuasione”
Le molte ricerche vanno tutte nella stessa direzione, la tecnica più potente che si possa usare nel campo della persuasione è: fare in modo che la persuasione arrivi prima!
Prima di cosa? Prima della richiesta vera e propria, prima di presentarti un prodotto, prima di chiederti quel favore, di fare quella certa azione ecc.
Da qui il principio persuasivo di questa puntata: “Ciò che arriva prima influenza ciò che viene dopo”… semplice, millenario ed ancora attualissimo!
E’ un principio che probabilmente conosciamo intuitivamente da sempre!
Hai presente le famose “pitture rupestri”? Ti ricordi che cosa rappresentavano? Nella maggior parte dei casi rappresentavano qualche attività umana importante come la caccia.
Il fatto di disegnare sulle pareti di una grotta può essere visto come primo atto comunicativo, per lasciare ai posteri un segno del proprio passaggio o anche come una sorta di “progetto”.
A me, come ad altri antropologi, piace pensare che si trattasse anche di un modo per “caricare” e “propiziare” il fato, quello di disegnare una battuta di caccia.
Loro probabilmente gli attribuivano qualche potere magico (o forse era solo un progetto) ma fatto sta che aveva un effetto priming.
E’ il concetto di priming che ha reso scientifica la pre-persuasione!
Sono molto orgoglioso di aver inserito (in tempi non sospetti) il concetto di “priming” nella crescita personale, inizialmente l’ho utilizzato per spiegare come funziona “l’inconscio”, in quello che veniva definito anche come “effetto carry-over”.
O meglio quel concetto di inconscio cognitivo, cioè tutto ciò a cui in un dato momento non stai prestando attenzione. Mentre leggi non stai bandando alla temperatura del tuo corpo ecc.
Concetto che poi abbiamo espanso con l’idea di “memoria implicita”. Ma chiaramente non sono stato io a fare queste splendide scoperte, ma i miei colleghi nei loro “laboratori”.
Il priming è una procedura sperimentale che è stata usata (e viene usata) per cercare di comprendere come categorizziamo le informazioni nella nostra testa.
Le categorie nella mente
Il modo con cui archiviamo le informazioni segue semplici principi di somiglianza, tutto ciò che è simile viene categorizzato nelle stesse “reti concettuali” che, forse, sono anche reti fisiche… insiemi di neuroni.
Dico “forse” perché questo non è ancora stato provato scientificamente, si sa che dentro un neurone non possiamo trovare un concetto, ma è dal loro funzionamento globale che emerge il pensiero.
Ma non solo il nostro modo di immagazzinare informazioni usa categorie ma anche il nostro modo di richiamare quelle informazioni è “categorico”.
Se ti faccio elencare velocemente “categorie diverse” fai molta più fatica che se invece ti facessi elencare (il più rapidamente possibile) esemplari di una stessa categoria.
Più i concetti sono collegati e più velocemente si richiamano tra di loro
Alcuni autori d’oltre Oceano amano dire “thinking is linking” il che significa “il pensiero è collegamento” o associazione.
Queste associazioni però non seguono delle vere e proprie regole logico-formali per la la loro creazione, ma più che altro regole di somiglianza e di pregnanza.
Somiglianza nel senso che tutto ciò che è simile viene accorpato in categorie adiacenti e pregnanza sta a significare che gli eventi più evidenti (per motivi di ripetizione o per emotività) vengono messi assieme.
E’ come se “le cose nella mente” venissero associate tra di loro, tale associazione è un metodo per trovare più facilmente le cose. Come quando metti i calzini tutti nello stesso posto.
Scopo della pre-persuasione è attivare queste categorie
Lo scopo della pre-persuasione è creare una cornice che faciliti l’accesso ad un certo reame semantico. Se voglio venderti una bibita, ti parlerò di quanto è bello dissetarsi dopo una corsa ecc.
Lo si può fare attraverso immagini, suoni, gusti, parole insomma stimolando i nostri sensi in una certa direzione. Ti è mai capitato di aver voglia di un buon caffè proprio quando sei vicino ad un buon bar? Probabilmente è stato l’odore ad attirarti.
I sensi si mescolano tra di loro: una certa musica fa scattare certe associazioni culinarie e gusti sull’abbigliamento; un certo colore alle pareti fa sentire più rilassati o più competitivi ecc.
Un video che riassume la pre-persuasione di Cialdini
Nel video hai visto molti degli esperimenti che ho descritto nella puntata, spero che tu capisca l’inglese ma non è così difficile come sembra.
Se scorri anche solo le immagini puoi vedere i divani con le nuvolette ed altre cose che puoi trovare nel libro “Pre-persuasione”.
Persuasione e messaggi subliminali
Come puoi immaginare il priming è stato utilizzato tantissimo per cercare di scoprire se fosse possibile influenzare qualcuno senza che se ne rendesse conto, in modo subliminale.
In passato ne abbiamo parlato un sacco, si è vero questi messaggi subliminali possono attivare determinate categorie, ma la verità è che il vero persuasore lo fa alla luce del giorno.
Per capire meglio questo passaggio ti invito a leggere il bellissimo articolo che Marco De Veglia ha scritto per il n°259 della rivista di “Psicologia Contemporanea”.
Dove Marco (che è il maggior esperto italiano di Brand Positioning) ci racconta che si i persuasori si affidano a categorie già conosciute (gli stereotipi) ma non lo fanno in modo “occulto”.
La scorciatoia nella scorciatoia
Da tempo discutiamo del fatto che il nostro cervello “tende all’economia” ed è questa sua tendenza spesso a cadere “in errore” (o bias come diciamo noi addetti ai lavori).
Questo è sia il motivo per cui “ciò che arriva prima influenza ciò che viene dopo” ed è anche il motivo per cui i persuasori vorrebbero avere la “strategia occulta”.
Una scorciatoia nella scorciatoia: vorremmo poter influenzare come se esistesse una formula magica e allo stesso tempo questa è un’illusione del nostro “risparmio energetico”.
Per persuadere serve una certa dose di impegno e, come dimostra Marco De Veglia nell’articolo di cui ti parlavo, non consiste nel fare “manovre occulte”.
La storia infinita!
E’ davvero difficile parlare di persuasione senza arrivare ad un ennesimo paradosso: il fatto che dolenti o nolenti tutti ci influenziamo vicendevolmente.
Sono sempre più convito che queste cose debbano avere un peso maggiore nella nostra società, nel senso che dovrebbe esistere un team di colleghi preposto allo studio di questi fenomeni.
Una sorta di “osservatorio della persuasione mediatica” che sveli i piccoli e grandi trucchi di queste operazioni, non una “psico-polizia” ma un semplice osservatorio scientifico aperto a tutti.
Non siamo solo imbevuti di persuasione ne siamo letteralmente zuppi… e lo siamo da sempre, per fortuna oggi ne è cresciuta la consapevolezza e spero che queste puntate vadano in tale direzione!
Alcuni chiarimenti per i colleghi
Se sei un mio collega di certo ti sarai accorto che sono passato tranquillamente dal concetto di “frame” a quello di “anchor point” e da quello di “priming” alla disseminazione.
Sono tutti concetti legati tra loro ma con leggere sfumature, le chiarisco ampiamente nel Qde (quaderno degli esercizi) di questa settimana.
A presto
Genna