Ti è mai capitato di guardare una bella “Serie Tv” e magari pensare: “cavolo sto perdendo il mio tempo”?
Nella puntata di oggi cercherò di dimostrarti che il godere della tua serie preferita potrebbe non essere una perdita di tempo ma un accrescimento…
Storie e narrazioni
Da diversi anni ti parlo del “potere delle storie” e di come queste facciano parte non solo del nostro modo naturale di comunicare ma che siano il modo per eccellenza della comunicazione.
Le storie che ti ho raccontato in questi anni sono (forse) il motivo per cui mi stai seguendo. Con “storie” ovviamente non intendo “racconti di fantasia” ma intendo una qualsiasi narrazione.
E tutto a questo mondo è “narrazione” una volta che esce dalla nostra testa (o bocca) per entrare nella testa di un’altra persona (o nelle sue orecchie).
Anche le teorie scientifiche più raffinate, corredate da complesse dimostrazioni matematiche, sono in realtà delle storie e la qualità della loro narrazione non è qualcosa da mettere in secondo piano.
Se Newton non avesse parlato della fantomatica “mela” probabilmente non tutti saprebbero parlare della “attrazione gravitazionale” eppure chiunque potrebbe spiegarla rifacendosi al “fortuito evento”.
Evento che probabilmente non è mai accaduto ma che ha permesso a Newton di spiegare alla maggior parte dei suoi contemporanei che cosa avesse in mente.
La trasmissione orale
Quando la cultura veniva trasmessa per via orale necessitava di storie. Perché le storie sono dei formati linguistici facilmente ricordabili, danno un senso ad eventi sparpagliati e danno coerenza anche alle idee più strampalate.
Ed è stato un po’ questo lo scopo di tutta la “mitologia greca”, quella di tramandare concetti, idee ed insegnamenti attraverso una serie di storie intrecciate tra loro.
Tra le altre cose pochi sanno che personaggi come Omero, cioè i cantastorie del periodo, usavano queste narrazioni come un vero e proprio mestiere, si facevano invitare alle cene e in cambio “raccontavano”.
Ed è per questo che il povero Ulisse ci ha messo un sacco per ritrovare la sua cara Itaca, o perché a volte in tali narrazioni ci sono delle piccole (e a volte grandi) incongruenze.
Le storie non sono solo state un mezzo per far circolare le conoscenze, ma anche per inculcare ideali e valori in particolari situazioni.
Ideali e valori
Le storie e le narrazioni sono “il tessuto sociale” direbbe il nostro stra citato Harari. Il quale ci racconta di come siano queste narrazioni ad aver tenuto insieme i popoli di ogni tempo.
Tali racconti che oggi possono sembrare così antiquati sono in realtà all’ordine del giorno. Ti basta pensare al telegiornale che guardi quotidianamente, nel quale c’è spesso una precisa narrazione.
Tali narrazioni giornalistiche sono influenzate dagli ideali politici di chi le scrive, il loro intento non è solo raccontare i fatti ma è mostrarli sotto una specifica luce.
E purtroppo quasi nessuna notizia è immune da tale “manto narrativo”, perché è quasi impossibile raccontare una “storia coerente” se questa non ha basi “alte” ciò che si rifacciano a valori e convinzioni comuni.
Siamo immersi nelle storie
Quindi anche se non ce ne rendiamo direttamente conto siamo costantemente immersi nelle storie. Racconti di altri ai quali possiamo decidere se aderire o meno.
Non solo, nasciamo nel bel mezzo di una serie di storie e senza che ce ne si renda conto ne siamo anche influenzati e guidati. Non credo che nessun bambino europeo ed ebreo degli anni 40 avesse la più pallida idea della “storie corrente”.
Eppure tale narrazione ha creato enormi danni come sappiamo bene. E tal proposito mi viene in mente il bel film di Roberto Benigni “la vita è bella”.
Dove il protagonista (attenzione spoiler)… per aiutare il figlio deportato crea una sorta di narrazione alternativa e parallela a quella del nazi-fascismo.
Nella finzione Benigni riesce a far credere al figlio di essere nel bel mezzo di un “difficile gioco” del quale deve rispettare le regole, per poter avere in premio un carro armato (che film stupendo).
La prospettiva
Come nell’esempio di Benigni ogni storia ha la propria prospettiva, come se fossimo dei registi intenti a decidere cosa raccontare, da che angolo inquadrare e così via.
Immagina guardare 2 video di una festa: il primo video inquadra le persone che si divertono, ballano e fanno conoscenza. Il secondo video mostra la gente ubriaca e sfatta che litiga.
Magari a quella festa c’erano entrambe queste situazioni, ma in base al video che ti viene mostrato tenderai a costruirti un’idea profondamente diversa.
Lo so è banale, ma è necessario ricordare che il potere della narrazione è fortissimo, può arrivare a modificare radicalmente il senso che attribuiamo ad un determinato evento.
Non per nulla nella Germania nazista la propaganda era così serrata che anche durante i bombardamenti di Berlino andavano in onda filmati sulla grandezza del terzo Reich.
Dovremmo “bandire certe storie”?
Questo è un tema che ci chiediamo da sempre, da quando “I dolori del giovane Werther” hanno fatto scatenare un’ondata di suicidi prima in Germania, e poi anche in Italia con “Le lettere di Jacopo Ortis” di Ugo Foscolo.
Di certo alcune narrazioni dovrebbero essere commisurate all’età della persona che ne fruisce, ed è per questo che abbiamo i limiti di età sui film, o almeno questo dovrebbe essere lo scopo.
La mia opinione è abbastanza “liberale” nel senso che sono convinto che la contaminazione non sia una cosa così negativa, e se un mio paziente di 40 anni mi dice che odia il sangue, magari gli chiedo di guardarsi qualche puntata di Dexter.
Perché per quanto mi riguarda “evitare” è sempre peggio che “affrontare”. Purtroppo la nostra vita è limitata nel tempo e nello spazio e non possiamo avere “esperienza di tutto”.
Ma leggendo, guardando e ascoltando storie possiamo avere piccoli spaccati di altre vite e come ti racconto in puntata questo era il senso della famosa frase di Umberto Eco.
“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito.. perché la lettura è un’immortalità all’indietro.” Umberto Eco
Come non essere d’accordo con la frase di Eco? Ma lo stesso principio vale per il teatro, i film e le serie Tv. Per quanto ci possano sembrare una ultima trovata per incollarci allo schermo.
In realtà le attuali serie televisive sono scritte talmente bene che hanno poco da invidiare alle commedie di alto rango o alle narrazioni più dotte.
Ti basta vedere qualche puntata di “Blak Mirror” o di “Deth Note” o del blasonato “House of cards” per capire che non siamo davanti ad un rimbecillimento della società, sono davvero dei capolavori.
Personalmente non sapevo come funzionassero tutte le magagne politiche degli Stati Uniti prima di vedere House of cards o “The good wife” o “Designated survivor“.
Per non parlare delle serie “storiche” come “Narcos” che hanno reso noto a tutto il mondo la storia di Pablo Escobar (per quanto romanzata e a tratti diversa).
Il pericolo sociale
Ci sono persone che si sono scagliate contro serie come “Gomorra” o “Romanzo criminale” (mi sono piaciute entrambe tantissimo) perché danno un cattivo esempio.
Ma a ben guardarle entrambe hanno come “morale” qualcosa di vero, nessuno dei protagonisti di tali serie diventa un santo o si salva dalla galera o peggio dalla morte.
E’ chiaro che se vivo in un luogo pericoloso, dove la camorra può realmente affiliare mio figlio, direi che magari Gomorra non glielo faccio vedere, anche perché sa già tutto dai suoi compagni di scuola.
Per fortuna la ricerca non ci parla solo di un “contagio negativo” ma anche e soprattutto di quello positivo. Legato alla stra citata “resilienza vicaria”… insomma il nostro cervello è più intelligente di quanto pensiamo.
Se da un lato le serie “cattive” possono influenzarci negativamente dall’altro lato tali serie potrebbero anche aiutarci ad avere maggiori prospettive per la nostra “macchina previsionale”.
La “simulazione” del mondo
Come abbiamo visto più volte e in modo particolare nella puntata dedicata alla “mente sottosopra” il nostro cervello è una meravigliosa “macchina previsionale”.
Fa tali previsioni di continuo basandosi sui dati che ha a disposizione. Nota che non ho detto “sulla realtà” ma sui dati che lei ritiene più importati in quel dato contesto di azione.
Le moderne Serie Tv (così come tanti film e romanzi) possono aiutarci a fare amicizia con le nostre parti più recondite, ed invece di nasconderle metterle in piazza per farci “espandere” il pensiero.
Il nostro pensiero tende spesso a polarizzarsi, ad abbracciare una visione del mondo perché questo è più comodo. Infatti ciò che odia maggiormente è l’ambiguità, non sapere se è “carne o pesce”.
E il pensiero “polare” (bianco o nero) ci da facilmente una risposta a tutto, una iper semplificazione dei fatti del mondo, perché questa è più comoda.
Integrazione delle parti
Avere invece diversi modelli a cui riferirsi ci aiuta a non “polarizzarci” facilmente, perché più aspetti vediamo di un certo comportamento e più diventiamo aperti e flessibili.
Ad esempio vedere Escobar che viene osannato o un boss malavitoso che viene ossequiato da tutti, non ci indica solo perché esistono tali realtà ma anche tutte le loro sfaccettature, nel bene e nel male.
Jung diceva che non possiamo guardare eccessivamente nell’oscurità perché questa ad un certo punto inizierà a guardare dentro di noi. Questo sembra un avvertimento spaventoso che potrebbe portarci a non guardare più nulla di “negativo”.
Ma ciò che intendeva Jung era riferito alla follia, infatti lo psichiatra svizzero fu uno dei primi a formulare un’idea di “contagio psichico” fra terapeuta e paziente.
Anche perché lo stesso Jung si è addentrato nella conoscenza più profonda e mistica dell’essere umano, approfondendo studi di mitologia antica, studi sull’alchimia e la magia (di ogni colore, bianca e nera).
L’ignoranza è il male
Per quanto mi riguarda è sempre l’ignoranza il male peggiore. Non “conoscere” porta le persone a comportarsi in modo sommario, elementare e spesso stupido (cosa che a volte fa rima con malvagio).
Quando impediamo ad un essere umano di conoscere qualcosa perché riteniamo che sia o troppo pericolosa (la cosa in se) o troppo debole per poterla gestire, lo stiamo indebolendo.
La forza della razza umana è legata alla sua capacità di conoscere! E’ stata la conoscenza sempre più sopraffina della scienza a permetterci di giungere (nel bene e nel male) alla nostra società.
Su Psinel diciamo da anni che “crescita personale” fa rima con “conosci te stesso”… e aggiungerei nel bene e nel male, come abbiamo visto diverse volte parlando dei nostri limiti.
Guardare una “semplice” serie tv ci consente anche di entrare in risonanza con i suoi personaggi e con le sue trame, consentendoci di conoscerci meglio, allargando le nostre mappe del mondo.
Le lingue straniere
La maggior parte dei miei giovani pazienti che guardano serie Tv conoscono molto bene l’Ingelese e devo ammettere che è servito anche a me.
Ritengo questo un effetto molto positivo di tali produzioni, soprattutto nel nostro bel paese che non conosce affatto le lingue straniere.
Nei paesi dove i film e le serie non vengono tradotti da sempre la popolazione conosce mediamente bene l’Ingelse: vedi Olanda, Portogallo ecc.
In quei paesi un bambino guarda i cartoni animati in Inglese, guarda i film sottotitolati e quando è un giovane adolescente per lo meno lo comprende.
Questo fenomeno sta avvenendo anche da noi, anche se purtroppo da un po’ di tempo a questa parte un giro di chiave da parte della legge ha un po’ ostacolato la cosa.
Tuttavia le varie “Tv on-demand” come Netflix, Infinity, Sky ecc. danno la possibilità di guardare in lingua originale. Anche questo è un bel vantaggio psicologico.
Quali sono le tue serie preferite? Scrivile tra i commenti qui sotto!
A presto
Genna