Quante volte hai sentito dire questa frase? Se bazzichi nel mondo della crescita personale una infinità. Ora fra tutte le cavolate di questo mondo dove la gente cerca di venderti una falsa felicità questa… è vera! No, non è uno scherzo, noi siamo davvero molto di più ci ciò che pensiamo di essere, questo non significa che siamo super umani o che siamo migliori degli altri. Oggi cercherò di dimostrarti perché siamo davvero di più e perché tendiamo a non rendercene conto!

Il paradosso: sei più di ciò che pensi perché sei “limitato”

Il paradosso di tutta questa faccenda è che siamo letteralmente più di ciò che pensiamo di essere a causa di alcuni nostri limiti. Questa parola: limiti, spaventa tutte le persone ma in realtà non significa necessariamente qualcosa di negativo. Non voglio perdermi nei meandri della fenomenologia dei vincoli ma il tema è quello, per i più curiosi. Ora il limite a cui faccio riferimento è quello della nostra mente, sono tutti funzionali, cioè servono a qualcosa. Il fatto che tu non sappia esattamente quante decisioni hai preso fino a questo momento (nella giornata odierna o anche solo nell’ultima ora) è qualcosa di assolutamente normale.

Abbiamo limitazioni attentive: la nostra attenzione è in grado di avvolgere con il suo fascio solo pochi elementi per volta. Abbiamo limitazioni a livello della memoria di lavoro, il tavolo sul quale poggiamo le cose su cui lavorare contemporaneamente. E diverse altre limitazioni, che ripeto, sono spesso funzionali, per fortuna non abbiamo un enorme caos di cose su quella scrivania, e per fortuna possiamo dirigere come un laser o diffondere come un lampadario, la luce della nostra attenzione. Tuttavia tali limiti ci impediscono di tenere a mente diversi aspetti della nostra vita interiore.

Come abbiamo visto in diversi episodi noi siamo esseri in divenire, processi, la nostra personalità è dunque in continuo mutamento. Tuttavia la teniamo insieme con processi auto-biografici, cioè raccontando a noi stessi e agli altri chi siamo e cosa facciamo. Il modo più semplice per capirlo è immaginare una persona che a causa di un incidente sia affetta da amnesia retrograda, cioè non ricorda più nulla del proprio passato. Quando chiedete a questa persona: “chi è lei? Come si chiama? Dove abita? Che lavoro fa?” non sa rispondere e non ha perso solo “la memoria” ma anche la propria “identità”.

Se in questo momento ti facessi prendere un pezzo di carta e scrivere 10 eventi della tua vita dove hai sperimentato “coraggio”, cioè dove hai fatto le cose nonostante la paura. E’ probabile che la sensazione di coraggio inizi a pervaderti anche in questo momento e se per caso tu dovessi fare una piccola azione coraggiosa, questo semplice esercizio, aumenterebbe la probabilità che tu la faccia. Non è magia e non si tratta della tecnica segreta che sconfigge la paura, ma è di certo il segnale di come noi raduniamo le nostre risorse interiori.

Recuperiamo apprendimenti dal passato per usarli nel presente. Ne abbiamo parlato in modo approfondito in questo episodio dedicato alle risorse nella crescita personale. Ma ciò che mi interessa oggi è farti toccare con mano il potere della semplice idea di “sapere più di quanto pensi di sapere” e non per motivi magici ma per motivi pratici!

I motivi pratici

Come descritto nella puntata riuscire la cosa complessa succede quando le cose non filano lisce. Infatti la frase di oggi non serve per dirti che sei un super uomo ed esaltarti ma serve per ricordartelo quando ti senti una formica! Spero che la differenza sia evidente e palpabile seppur semplicemente scritta con una manciata di pixel. Infatti è proprio nei momenti bui che la nostra consapevolezza tende a restringersi, tendiamo a pensare che ciò che sta accadendo in quel frangente ci definisca, che quella situazione non finirà mai e che le sorti di quell’evento determineranno tutto il nostro successo ecc.

In pratica guardiamo la luna invece del dito. La cosa è naturale: fai un errore sul lavoro, il tuo capo ti fa una lavata di testa e pensi che prima o poi ti lincenzieranno. Che sei un buono a nulla, che succede sempre così, rovino sempre tutto ecc. Finisci in una sorta di tunnel che ti fa dimenticare che la settimana prima stavi pensando che forse sarebbe stato meglio metterti in proprio, che ormai hai tutte le competenze per farlo e che forse, produrresti il triplo se potessi essere il capo di te stesso. Nel fare queste ipotesi ripensi a tutte le tue abilità, fai una sorta di inventario delle tue competenze, valuti quanto hai da parte ecc.

Però succede quel piccolo errore e di boom di colpo tutto quel mondo svanisce, inizi a temere il licenziamento. E se lo racconti a qualcuno che magari il giorno prima ti sentiva esaltarti per la tua idea di indipendenze potresti sembrare un pazzo: ma come fino a ieri sembrava volessi mollare tutto e oggi sei un fallito che tenta di non farsi lincenziare? Sembra uno scenario assurdo ed invece capita a tutti e può capitare ogni giorno e in ogni contesto. Il dolore è spesso il campo nel quale possono emergere o nascondersi parti di noi a cui prima non pensavamo.

Per fortuna non abbiamo bisogno del dolore per attingere alle nostre risorse, tuttavia resta il paradosso secondo il quale, quando tutto va bene non ci accrogiamo di niente. Torniamo alla analogia con il negozio: è come se il negoziante, dato che tutto fila liscio, nessun prodotto sembra mancare, iniziasse a dimenticarsi della quantità di cose che ha in magazzino. Ed è proprio ciò che capita a noi, e la cosa accade per una buona ragione: tendiamo a dimenticare tutto ciò che conosciamo per motivi (indovina un po’?) di risparmio energetico. Pensa se ogni volta prima di leggere dovessi chiederti se ti ricordi per filo e per segno tutta la grammatica.

Non abbiamo bisogno di fare un inventario mentale fino a quando non ne sentiamo la necessità, per questo tale fenomeno emerge con maggiore chiarezza nei momenti difficili. E’ in quei frangenti che ci chiediamo se siamo all’altezza, se siamo capaci, se riusciremo o meno in una certa impresa. Ed è in quei momenti che torna utile e pratico tenere a mente che abbiamo molte più risorse di quante pensiamo di averne, anche se, pensandoci consapevolemente non ce ne rendiamo conto. Il grande Milton Erickson era solito ripetere propri questa frase “sai molte più cose di quante pensi di saperne” ma non era magia era semplice architettura mentale.

IL magazziniere

Il nostro magazziniere interno, cioè quella entità che va a pescare i nostri ricordi per potarli sul tavolo di lavoro funziona un po’ come una luce regolabile. Quando punta il suo faro con una grande intensità verso qualcosa la illumina completamente, o per lo meno ne illumina la parte visibile. Più forte è questo fascio e più vede chiaramente quell’oggetto e, contemporaneamente mette in ombra tutti gli altri. Certo potrebbe regolare il proprio fascio rendendolo più diffuso, in tal caso illuminerebbe molte più cose ma con meno intensità, avresti cioè la sensazione di sapere ma senza sapere di sapere.

Come si fa a sapere di sapere? Non lo si sa, cioè in altre parole è inevitabile che quando puntiamo la luce su qualcosa essa crei un’ombra. Cioè più sei concentrato a capire quante abilità hai nella comunicazione e meno riesci a tenere a mente che sei pure bravo a tenere i conti, a giocare ai videogiochi, o qualsiasi altra abilità tu abbia sviluppato nella tua vita. Tutto ciò è inevitabile, la cosa pazzesca è che viviamo così per la maggior parte del tempo senza che questa mancanza di chiarezza ci dia problemi, solo quando le cose diventano difficili inizia ad emergere tale consapevolezza.

Un esempio classico sono gli esami universitari, ai miei tempi si studiava tantissimo e un esame poteva anche contemplare dai 5 ai 10 testi da sapere. Quando devi studiare migliaia di pagine non conta quanto tempo tu abbia a disposizione ma non riuscirai mai a dire a te stesso: “ok ora so proprio tutto tutto”, questo non perché tu non possa apprendere tutto ma in virtù del magazziniere di cui stiamo parlando. Ci sono troppe cose da tenere a mente, allora come si fa? Di solito si testa il magazziniere cercando di porgli domande e vedere se riesce a recuperare quelle informazioni specifiche.

Più volte fai questo processo di recupero più il nostro addetto alle merci diventa sicuro. Per questo si usano oggi le flash cards per imparare, perché così puoi addestrare il magazziniere a fare avanti e indietro dal magazzino con sicurezza. Tuttavia non potrai mai porre domande su tutti e 10 i libri, altrimenti dovresti semplicemente chiedere alla persona se li conosce a memoria. Tutti noi siamo andati ad un esame sapendo di non sapere con precisione millimetrica cosa contenesse il magazzino o con quanta velocità riuscissimo a raggiungerlo, per questo quelli bravi, durante i test scritti ti danno la famosa regola d’oro: rispondi prima alle cose che sai, alle risposte che ti vengono subito e poi alle altre.

Perché? Perché per prima cosa se qualcosa non ti viene subito pensi di non saperla e ti incastri. Mentre se prosegui con quelle che sai stai allenando il magazziniere a fare il recupero e, mentre rispondi alle cose che sai il tizio ha già iniziato a chiedersi dove potrebbero essere le cose appena viste. In pratica se non sai rispondere alla prima domanda ma la seconda ti viene facile, mentre rispondi a questa semplice stai dando il tempo al magazziniere di capire se conosce anche qualcosa della prima.

So di non sapere

Solo chi studia approfonditamente tutto il materiale inizia a rendersi conto che il professore potrebbe fargli una domanda assurda che lo metta in difficoltà. Se invece non hai studiato bene speri solo che ti chiedano ciò che sai, sei insomma consapevole di non avere quella merce in magazzino. Come ci ha raccontato Socrate, sapere di non sapere significa che conosciamo così bene quelle cose da renderci conto di essere ignoranti. Come ci ripete spesso Harari, la vera rivoluzione scientifica non è una rivoluzione della conoscenza ma dell’ignoranza.

Ti sembrerà assurdo ma non hai idea di quante persone si incastrino proprio nel tentativo di verificare di sapere tutto prima di agire. Ed è qualcosa che genera una la famosa paralisi dell’analisi, proprio come quelle persone che pur avendo studiato temono di non sapere e non si presentano agli esami. Ne ho conosciuti tanti, non sto parlando di persone che non avevano studiato tutto il programma sto parlando di persone che erano super preparate ma, quando chiedevano a se stesse: “ehi sei sicuro di sapere tutto ciò che c’è da sapere?” andavano in crisi. E ti sembrerà assurdo ma c’entra proprio il fenomeno di cui ci occupiamo oggi.

Quindi spero attraverso tutti questi esempi di averti mostrato che la frase: “siamo di più di ciò che pensiamo di essere” non riguarda aspetti metafisici ma come funziona la nostra consapevolezza. Non possiamo essere consapevoli allo stesso tempo di tutte le nostre risorse. Ciò assomiglia molto alla leggenda dell’uso del cervello, hai mai sentito dire che usiamo solo una parte del potenziale del nostro cervello? Sai da dove arriva questa storia? Deriva dai primi studi sulla registrazione dell’attività elettrica dei neuroni. Gli scienziati si accorsero che il cervello non era sempre acceso allo stesso modo.

Alcune strutture si attivavano e de-attivavano, così i primo scienziati immaginarono che un giorno saremo riusciti ad usarlo tutto. Poi però ci siamo accorti che questa condizione esiste, un’attivazione globale del cervello e si chiama epilessia! Cioè in realtà noi non usiamo tutto il cervello perché lo usiamo per moduli. In questo momento saranno attive delle aree deputate alla lettura, alla comprensione del linguaggio. Ma non saranno attive (o lo saranno molto meno) quelle deputate al calcolo matematico, al ragionamento logico, a quello visuo-spaziale ecc.

Pensa se quegli scienziati vedendo una persona leggere avessero pensato: guarda si attivano solo le aree del linguaggio, forse il nostro cervello serve solo a questo a capire le parole. Ecco è la stessa cosa che ci capita quando ci valutiamo, vediamo su cosa ci stiamo impegnando e ci chiediamo che tipo di risorse abbiamo. Se non le raggiungiamo subito, magari perché le abbiamo richiamate poche volte nella vita, ci dimentichiamo di averle!

Il narcisismo

No, pensare di essere di più di ciò che pensiamo di essere non è da narcisisti. O per lo meno non lo è nell’accezione che gli sto dando in questo episodio. Ci tendo a dirlo nel caso tu non abbia ascoltato l’episodio o nel caso ti sia fatto un’idea frettolosa della faccenda (come capita spesso qui sul web… capita anche a me purtroppo, leggo i titoli e penso di aver già capito). Il narcisismo, come abbiamo visto in questi episodi è una cosa più complessa di quanto si pensi, per spiegarla in modo semplice: il narcisista non pensa di essere più di ciò che è, il narcisista deve pensarlo per non sentirsi male.

Cioè deve continuare a ripetersi di essere bravo, di essere il migliore senza far andare il magazziniere nel magazzino, altrimenti c’è il rischio che scopra di non possedere quelle qualità che si attribuisce. Non so se riesco a far comprendere per bene la differenza, ma mentre tutti possiamo finire in una sorta di paralisi dell’analisi quando il materiale da recuperare è molto non tutti abbiamo la tendenza a doverci difendere a spada tratta quando falliamo. Ecco il narcisista, visto come una macchietta stereotipata, si comporta in questo modo. A lui non interessa sapere a lui interessa che tu pensi che lui sappia… la cosa è molto diversa!

Ecco smarcata anche la eventuale obiezione sul narcisismo direi che per oggi ti ho già dato un sacco di informazioni. E per evitare che un il tuo magazziniere si confonda sarà bene terminare qui. Come sempre sono a vostra disposizione nelle live del giovedì mattina (fino a quando riusciremo ancora a farle) e sui nostri canali social. Ad esempio da poco puoi commentare anche le puntate del podcast su Spotify e non solo sulle altre piattaforme dove siamo presenti da anni.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.