La puntata di oggi è molto particolare, quante volte hai sentito dire: “io mi fido del mio istinto”? Oppure “quella situazione li mi puzza”? Sono tutte sensazioni date dal nostro intuito, quella sorta di ragionamento rapido che sembra partire “dalla nostra pancia”.

Secondo alcuni studi non dovremmo affidarci eccessivamente a questo tipo di sensazioni perché tendiamo a confonderle con “le informazioni”, alcuni lo hanno anche definito “realismo affettivo”… insomma oggi parliamo di un sacco di cose.

Seguimi fino alla fine perché la questione è complessa per tutti…

Intelligenza emotiva

Da quando abbiamo iniziato a studiare approfonditamente la famosa intelligenza emotiva è passata molta acqua sotto i ponti. Sono emersi decine se non centinaia di corsi, libri e video che ci insegnano come gestire al meglio il nostro mondo emotivo. Tutto questo è un bene rispetto al passato!

In alcuni casi tali dati sono stati interpretati sotto una luce “romantica” che sembra riappropriarsi di quella antica saggezza popolare che ci dice di affidarci ai nostri istinti. Cioè a quelle sensazioni che arrivano dal nostro corpo, al punto tale che una delle sue massime è: il corpo non mente!

Ma siamo davvero sicuri che il corpo non menta? Tale aforisma in realtà è corretto, il nostro corpo non può mentire perché non ha il concetto di menzogna ma la nostra testa lo fa eccome. Non solo, la nostra testa essendo un bel simulatore, funziona proprio per piccole “menzogne” cioè per abbozzi ipotetici della realtà.

Così quella sensazione che senti nella pancia quando incontri una persona che ti piace o non ti piace viene in realtà interpretata dal tuo simulatore come buona o cattiva. Se ci pensi bene la sensazione che ti teneva sveglio quando da bambino dovevi andare in gita o da qualche parte è la stessa che hai provato prima di un esame importante.

E’ la mente che da forma ed interpretazione a quelle sensazioni fisiche. Questo non significa che sia “tutto mentale” ma dobbiamo stare attenti a pensare che quelle sensazioni abbiano dei significati univoci, che solitamente siamo noi stessi ad attribuire. Magari in quel momento avevi semplicemente fame.

Il cuore che batte forte

Anni fa abbiamo visto uno degli studi più incredibili di quella branca della ricerca che fino a qualche anno fa chiamavamo “emboided cognition“. L’esperimento era molto semplice, si trattava di far camminare su un ponte sospeso alcune persone mentre gli si misurava la frequenza cariadaca. L’ipotesi era molto chiara: tendiamo a fraintendere le sensazioni del corpo.

I ricercatori hanno immaginato che dato che quando qualcuno ci piace aumenta il nostro battito cardiaco e la nostra “eccitazione” (intesa come aurasal cioè attivazione) se fossero riusciti a creare un contesto nel quale vi fosse un innalzamento naturale del battito cardiaco forse sarebbero riusciti a confondere il cervello dei partecipanti.

In pratica più il ponte era alto più vi era attivazione e più i soggetti tendevano a scambiare quelle sensazioni per “altro”. In particolare questo “altro” era rappresentato dalla attrattività della sperimentatrice, che in realtà era una attrice la quale fingeva di chiedere il numero di telefono ai ragazzi che attraversavano il ponte.

Più alto era il ponte e più erano propensi non solo a lasciare il numero, ma in interviste successive dichiaravano di aver provato attrazione verso quella ragazza. I ricercatori avevano così verificato le proprie ipotesi: tendiamo a confondere le sensazioni del corpo e ad attribuirvi significato in base al contesto.

Qualcosa che tutti abbiamo provato, quando abbiamo fame e diventiamo irritabili, quando ci scappa la pipì e pensiamo di essere agitati, ecc. E’ una constatazione talmente presente che, come tutti i fenomeni più interessanti della psiche umana, ci sfugge. Ci sfugge perché è proprio sotto ai nostri occhi!

Ciò che arriva prima influenza ciò che c’è dopo

Se mi segui dovresti conoscere già questa frase, l’abbiamo utilizzata quando abbiamo parlato dell’ultimo lavoro di Robert Cialdini. E’ un concetto davvero molto semplice, se prima di fare una certa cosa veniamo colpiti da un certo stimolo, questo, potrebbe influenzare la nostra percezione dello stimolo successivo.

E’ un’esperienza molto comune: se ad esempio al ristorante ti mangi un bel dolce e subito dopo bevi il caffè (con lo zucchero) per differenza questo ti sembrerà quasi amaro. Il dolce ti saturerà le papille gustative rendendo più difficile assaporare lo zucchero nel caffè. Ma perché l’evoluzione ha permesso e promosso un meccanismo del genere?

Perché noi siamo macchine previsionali che basano le proprie previsioni su ciò che ci è accaduto in passato. In altre parole se non hai mai sperimentato una certa situazione il tuo cervello cercherà l’appiglio più immediato per riconoscerlo. E qualsiasi indizio, anche il più piccolo, può influenzare tale elaborazione.

Così, anche se non te ne rendi conto, se hai fame, caldo, un dolore alle gambe dovuto ad aspetti fisiologici potresti interpretare tali sensazioni come segnali del corpo contestuali. Quindi magari devi andare a fare un esame o una telefonata importante e pensi che quelle sensazioni siano legate al tuo stato emotivo.

Attenzione, non sto dicendo che le emozioni non ti diano una attivazione fisiologica che puoi sentire, sto dicendo che tutte le afferenze del tuo corpo vengono messe come dentro un pentolone e mescolate tra di loro. Per tanto nel momento in cui cerchi di capire perché provi quella specifica sensazione la risposta che ti darai sarà la più disponibile in quel contesto.

Per cui se tremi dal freddo in una stanza con pochi gradi ma ci stai per fare un esame potresti interpretare quel tremolio come dato dall’emozione di essere in quel contesto. Mentre se ti capita la stessa attivazione mentre sei in montagna non avrai dubbi nel affermare che si tratta del freddo.

Mi fido delle mie sensazioni

Ora immagino che ci siano molte persone che in questo momento stanno pensando che non sia troppo bello il tema di oggi. Alla gente piace pensare in modo romantico che le proprie sensazioni siano sempre corrette, ma la ricerca e anche l’esperienza diretta ci mostrano che le cose non stanno affatto in questo modo.

Il che NON significa che l’intuito sia un cattivo maestro, anzi, perché in realtà ciò che definiamo intuito non è solo l’insieme delle nostre sensazioni ma è anche legato alla nostra esperienza passata, a ciò che conosciamo di quel contesto ecc. Facciamo un esempio molto chiaro:

Se vai da un meccanico ad aggiustare la tua vespa e questo è davvero esperto, non appena arrivi con il tuo mezzo, semplicemente dal suo rumore potrebbe capire tantissime cose. Ti guarderà e dirà: “secondo me devi cambiare la candela” o qualcosa del genere.

Il meccanico non dovrà smontare tutta la vespa ma agirà sulla base delle sue esperienze passate. Tale sensazione che ha è ciò che chiamiamo intuito, si fonda sulla reale esperienza di quel contesto e non su una idea. Se poi il meccanico è bravo, se si accorge che ha sbagliato ipotesi ne costruirà subito un’altra, sempre basta sulla propria esperienza.

Ma quando tali dati arrivano alla mente del meccanico per lui sono vissuti come forme di sensazioni e non come pensieri. Perché il pensiero è analitico, cioè ha bisogno di pensare a tutte le ipotesi possibili e costringerebbe il nostro meccanico a smontare pezzo per pezzo la nostra vespa.

Emozioni e razionalità

Abbiamo prova della dicotomia tra ragione e cuore da migliaia di storie, racconti, rappresentazioni artistiche di ogni luogo e forma ma la vera prova di tutto ciò arrivò a tutti nel 1981, quando Roger Sperry vinse il premio Nobel per aver scoperto le funzioni dei due emisferi cerebali.

Come molto probabilmente sai il nostro cervello è diviso in due emisferi legati tra loro da una sorta di ponte neurle, il corpo calloso. Sperry e colleghi si avvicinarono all’idea che gli emisferi avessero alcune differenze quando si mise a recidere quel ponte per lenire le convulsioni epilettiche in casi molto gravi.

Poi lo fece (ahimè) anche sugli animali in particolare gatti ed insomma per essere molto semplici Sperry aprì una sorta di Vaso di Pandora, la gente sente da sempre di avere più parti spesso in contrapposizione. In realtà però Sperry oltre ad analisi di alcune funzioni molto specifiche che già si erano rilevate (come il linguaggio) non parlo di “cervello emotivo e razionale”.

Ma mettendo insieme ciò che gli scienziati avevano già osservato nelle parti più profonde del cervello (il sistema limbico) e le diverse funzioni di questi due emisferi, la gente ha iniziato a pensare di avere realmente due parti distinte e separate.

In realtà i neuroscienziati moderi sanno bene che tali distinzioni, non quelle tra gli emisferi che sono ancora prove molto robuste, ma quella tra parti emotive e parti razionali sono generalizzazioni non comprovate. Ti dico questo perché la gente è convinta che distinzione tra cervello emotivo e cervello emotivo sia “biologica”, ma non è così!

Continuiamo questo bel discorso nel nostro Qde…

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.