Immagina un mondo in cui ogni interazione umana è guidata da una rete invisibile di motivazioni profonde. Non spinte tipicamente umane ma tipicamente animali, e come sappiamo anche noi facciamo parte della categoria. Gianni Liotti, psichiatra e psicoterapeuta, ha esplorato a fondo questa intricata rete di motivazioni “animali ed interpersonali”. Nella puntata del Podcast scopriremo insieme come queste dinamiche influenzano la nostra vita quotidiana e la nostra comunicazione, buon ascolto…
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I Sistemi Motivazionali Interpersonali
Questo tema può apparire estremamente tecnico ma è in realtà molto semplice: abbiamo delle predisposizioni relazionali in comune con molti altri animali. Le esperienze fatte nella nostra infanzia, di attaccamento/accudimento, esplorazione, gioco, rango e sfida e di collaborazione, ci accompagnano nella vita. Le prime osservazioni sono state fatte sul tema dell’attaccamento, avere avuto un certo tipo di attaccamento (buono o cattivo per essere semplici) può influire anche molto intensamente sul modo con il quale ci relazioniamo nel quotidiano.
Così come crescendo non smettiamo di attaccarci e di accudire altre persone, allo stesso modo non smettiamo mai di esplorare, di giocare, di sfidarci, di sedurre ecc. All’interno dei nostre relazioni quotidiane, senza rendercene conto, tendiamo ad attivare uno o più di questi sistemi e lo facciamo spesso con modalità abbastanza stereotipate. Tale rigidità può essere più o meno intensa in base al tipo di sistema e dalla sua filogenesi: più antico è un sistema e più probabile è che abbia costituito degli schemi rigidi. Ad esempio l’attaccamento è tra i meno “flessibili” mentre la cooperazione, arrivando più avanti, lo è meno ecc.
La puntata di oggi non serve di certo per mettere apposto i nostri sistemi motivazionali interpersonali, per quello ci sono i miei bravissimi colleghi ormai in ogni luogo di Italia e anche online. Ma serve per iniziare a mettere un pizzico di consapevolezza su perché tendiamo a volte a comportarci in determinati modi quando siamo in relazione. Ora potrei di certo giocare a fare un po’ di psicologia della personalità spicciola ed immaginare che ci siano persone che “seducono sempre”, persone che “giocano sempre” o che sono “sempre in competizione” e non sbaglierei troppo. Tuttavia per essere seri dobbiamo vedere sempre le cose come dei processi e non come dei modi per catalogare le persone.
Dunque il modo migliore di utilizzarli per la crescita personale è per il buon ed eterno: conosci te stesso! Iniziando a notare in noi stessi quali sistemi sembrino coinvolgerci maggiormente nelle relazioni. Questi schemi nascono in relazione, per questo si chiamano “interpersonali” e dunque si tratta di qualcosa che ci capita in due e non da soli. E per di più, essendo relazionali, ci capita con molta forza quanto più la relazione è stretta. Purtroppo il modo migliore di osservarli è quando lo stress aumenta, quando siamo in difficoltà più di quando ci sentiamo molto bene.
Cosa dovrei fare quando me ne accorgo? La prima cosa è accorgerci che siamo spinti da uno di questi meccanismi e la seconda è cercare di capire se si tratta del meccanismo adeguato alla situazione. Per questo è utile cercare di capire quali sono quelli con cui solitamente abbiamo a che fare, siamo persone che tendono a sentirsi particolarmente a disagio in contesti giocosi? In contesti di sfida? Di seduzione? O di altro? Capirlo prima ci aiuta a comprendere in quali situazioni è bene cercare di regolare quella spinta. Se ci accorgiamo di abboccare facilmente all’amo della sfida, proviamo semplicemente a notarlo e poi ad evitarlo.
Il ruolo della consapevolezza
Come forse sai se mi segui, per me il ruolo della consapevolezza è centrale, ma va comunque ribadito che si tratta di sistemi biologici che dunque agiscono a livello inconscio, tuttavia sono rilevabili sia a priori (dopo che le cose sono ormai accadute) e sia gradualmente in tempo reale. Ma per farlo serve molto esercizio e tanta consapevolezza, quella buona, quella che ti fa evitare di pensare di avere dentro di te delle strane creature che agiscono segretamente, sono da vedersi come inclinazioni naturali che abbiamo in comune con il resto del regno animale.
La cosa che dovremmo evitare osservando il nostro comportamento sotto questa lente è l’inevitabile ruolo delle aspettative. Cioè, sapere che esistono può attivare il famoso “chi cerca trova” (profezia che si auto-avvera). Lo scopo è comprendere l’inclinazione che potremmo avere (o che altri potrebbero avere) in base a questi sistemi, non tanto di classificarci in base al nostro modo di comportarci. Altrimenti rischiamo nuovamente di fare della “personologia” e non della buona psicologia, la quale, come detto molte volte va alla ricerca dei meccanismi e dei processi per poterli cambiare, migliorare ecc.
Sono inclinazioni che si mescolano tra di loro: l’attaccamento è alla base di ogni tipo di relazione, è impossibile avere una interazione senza che emerga il nostro modo di stare in relazione con il prossimo. Allo stesso modo chiunque nelle giuste condizioni attiva il rango e la difesa del territorio e questo vale per ogni tipo di sistema. Anzi potremmo dire che una persona equilibrata usa flessibilmente ognuna di queste inclinazioni; passa facilmente dal registro di rango a quello giocoso, oppure a quello seduttivo e e lo sa trasformare in quello cooperativo.
Queste faccende sono state analizzate con cura e dettaglio nel testo “Le parole tra noi” di Fabio Monticelli, psichiatra e psicoterapeuta italiano nonché uno dei più stretti collaboratori del compianto Liotti. In quel testo sono analizzati gli scambi comunicativi tra paziente e terapeuta e si mettono in evidenza proprio questo tipo di passaggi comunicativi. Per riuscirci hanno analizzato ore e ore di filmati, scoprendo che osservando tali processi era addirittura possibile prevedere lo stallo nella terapia, cioè quei momenti nei quali la coppia paziente/terapeuta smette di funzionare bene e si blocca.
Tali blocchi possono essere più o meno prolungati, dalla semplice impasse momentanea sino al drop out (quando il paziente smette di venire in terapia) e sono tutti caratterizzati da una sorta di mancata sintonizzazione di questi schemi. Cioè quando il paziente invece di rispondere ad una domanda fa richieste di attaccamento che non vengono accolte dal terapeuta, quando il paziente seduce ed il terapeuta non riesce a portarlo sul tema del gioco o della collaborazione e avanti così. E’ una cosa complessa ma non difficile da capire.
Le relazioni
Ti sei mai accorto che le relazioni tendono ad avere dei copioni che si ripetono? Ad esempio, ti è mai capitato di rompere una amicizia o di litigare per accorgerti che tale meccanismo era già accaduto identico? Questo ovviamente accade perché le relazioni funzionano tutte in modo simile, cioè hanno una traiettoria simile nella nostra vita. Se ad esempio sei una persona poco accogliente, perché sei un po’ allergico a chi si attacca troppo nei tuoi confronti (Sistema Motivazione Interpersonale dell’attaccamento/accudimento d’ora in poi SMI) e noti che le persone di un certo tipo dopo un po’ di tempo smettono di cercarti.
Come amo ripetere: se le tue relazioni finiscono sempre nello stesso modo l’unica variabile fissa sei tu. In realtà questa frase non è vera, perché in relazione le cose si fanno sempre in due, ma sotto sotto esprime una certa regolarità, dato che in certi casi i copioni possono realmente sembrare identici. Ecco è proprio in questi schemi che si ripetono che possiamo usare questa teoria dei SMI, perché ci aiuta a notare in quali situazioni tende ad attivarsi maggiormente un nostro copione. La nostra amata psicologia in fondo è “tutta qui”: consiste nel notare delle regolarità per cercare di intervenire per migliorarle, modificarle e/o interromperle.
Non stiamo parlando di cose facili da fare, infatti per modificare per bene un copione la cosa più semplice è analizzarlo insieme ad un professionista, tuttavia noi possiamo fare tanto. Iniziare a notare queste regolarità e cercare di notarle mentre agiscono è un primo punto per iniziare ad introdurre quella flessiblità che sembra mancare negli scambi analizzati nel testo sopracitato. Quando diventiamo consapevoli, anche solo per qualche istante, di qualcosa che ci sta accadendo tendiamo a disidentificarci e ad avere maggiore versatilità nei comportamenti. Anche questo non è facile ma è una esperienza molto comune.
Per capirlo usiamo una emozione gradevole come il divertimento. Magari sei ad un matrimonio mentre lo sposo sta facendo un discorso importante, ma un tuo amico ha appena fatto una battuta incredibile e tu e altri invitati attorno a te ve la state ridendo di gusto, quando passa un parente e dice sottovoce: “shhh ragazzi, su lasciate parlare lo sposo”. In un istante, in base ai bicchieri di alcool consumati, ti accorgi che stai esprimendo una emozione in un momento sbagliato, di certo non smetti subito di ridere ma quella ilarità perde decisamente forza. Soprattutto se ti accorgi essere una risata fuori luogo, magari in chiesa ecc.
Quando una persona che ti conosce bene sente che inizi ad alzare la voce al cinema, questo di certo non blocca la tua veemenza se sei in preda ad una forte emozione, ma di certo la stempera. Ovviamente dipende molto anche da come la persona accanto a te è capace di farti portare consapevolezza al tuo stato, se lo fa provocandoti potrebbe anche ottenere l’effetto opposto. Ma se ci riesce bene, per quanto quelle emozioni e quelle sensazioni tendano a restare, tu diventi più consapevole e maggiormente in grado di gestire i tuoi comportamenti.
Per questo motivo e anche per altri ho deciso di inserire nel mio nuovo PerCorso: Master in Comunicazione Efficace i SMI ed utilizzarli come modello per una comunicazione reale, che sfrutti la nostra versatilità comunicazionale, per riuscire a gestire al meglio qualsiasi tipo di relazione, anche le più difficili! (marchettone fatto, si tratta di un progetto particolare perché sarò al tuo fianco, clicca sul link per dargli un’occhiata). Spero da questo post si capisca la qualità delle informazioni che inseriamo nei nostri percorsi 😉
A presto
Genna