Questa non è la prima volta che parliamo di tecniche di respirazione, anche perché nel campo della crescita personale e in particolare in quello del self-help (auto-aiuto) vengono da sempre consigliate tecniche basate sulla modifica intenzionale del respiro. La risposta alla domanda: “funzionano davvero?” non è così semplice come può apparire… al termine dell’ascolto ne saprai di più della maggior parte della popolazione italiana (colleghi compresi… purtroppo).

La storia del respiro

Come descritto nella puntata è indubbio che lavorare sul nostro respiro apporti dei benefici, se non mentali per lo meno fisici. Ma come probabilmente ti sarà già venuto in mente, corpo e psiche non sono così distanti come immaginiamo. Tale collegamento è stato intuito dalla notte dei tempi se prendiamo in considerazione sia ciò che facevano i nostri antenati e sia le pratiche che hanno tramandato, in particolare in oriente.

Sembra quasi scontato dirlo ma un tempo si faticava molto di più e quando il nostro corpo è chiamato a fare uno sforzo fisico modifica il proprio respiro. Sono abbastanza certo che questa faccenda così evidente per noi lo fosse anche per i nostri più antichi antenati e faccio riferimento a quell’era dove eravamo già in tutto e per tutto “Homo sapiens” ma allo stesso tempo eravamo ancora raccoglitori e cacciatori.

Se l’idea di prestazione fisica può non averli sfiorati (cosa che dubito) è certo che abbiano notato il legame tra respiro e vita. Il dato di fatto che sicuramente hanno notato da sempre è che quando un essere vivente muore smette di respirare e che, se togliamo il fiato ad un essere vivente questo muore. Non è quindi un caso che il respiro sia da sempre collegato a concetti di anima e di vita, di energia che permea l’universo, dato che tutti gli esseri viventi ne hanno bisogno (compresi alcuni esseri non viventi come il fuoco).

Più recentemente l’attenzione a questi aspetti derivano probabilmente dal loro carattere semi-conscio, come dicevamo in puntata, il respiro è una delle poche azioni automatiche del corpo sulla quale abbiamo un largo margine di intervento. Cioè tu sai di poter influenzare il tuo battito cardiaco muovendoti o pensando a certe cose, sai di poter influenzare i tuoi muscoli muovendoti, ecc. ma nessuna di queste cose ci da quella sensazione di controllo diretto come con il respiro.

Cambiare il corpo per influenzare la mente

Mente e corpo sono pressoché la stessa cosa, sappiamo molto bene che uno sconvolgimento emotivo è in grado di ucciderci e che un incidente fisico è in grado di mandarci in una cupa depressione. Nonostante tale dato di fatto non è completamente vero che io possa gestire pienamente la mia mente attraverso il corpo (allenamento fisico, nutrizione, ecc.) ed è ancora meno vero che io possa avere una fisiologia che funziona adeguatamente se mi occupo solo del mentale.

Insomma corpo e mente sono la stessa cosa? Si, se ammettiamo che la mente emerga dalle funzioni del corpo così come credono oggi la maggior parte degli scienziati, tuttavia è una domanda ancora troppo difficile e poco utile ai fini di questa disamina. Tuttavia, nonostante ad alcuni possa apparire come una domanda troppo filosofica è bene porcela, perché se uno crede che la corrispondenza sia diretta allora tutto ciò che ho detto nella puntata andrebbe rivisto.

Tornando alle tecniche di respiro, se è vero che modificando il corpo ottengo una modifica della mente corrispondente e precisa, non appena inizio a respirare in modo diverso (o almeno dopo pochi minuti) ecco che dovrei aver riportato la mia mente ad un livello di serenità adeguato. In parte questa cosa è verissima, tuttavia le cose non stanno esattamente così ed il motivo non è solo squisitamente fisiologico ma è psicologico.

Il motivo per il quale quando portiamo eccessiva attenzione al respiro ne perdiamo il controllo non è solo legato alla nostra fisiologia, altrimenti non dovrebbe accadere. Così come quando ti imponi di restare in equilibrio anche se hai qualche piccolo abbassamento di pressione quando ti alzi di colpo dal lettino in spiaggia, hai presente? Lì riassumi un piccolo controllo che hai appena perso, ma è qualcosa di più sottile che richiama un concetto che per me è di straordinaria utilità, quello di tentata soluzione.

La tentata soluzione disfunzionale

Cercherò di spiegare questo concetto complesso in modo semplice, se vuoi ne ho parlato anche in questa live. Si tratta di un tema nato nel secolo scorso in California ad opera del mitologico M.R.I. di Palo Alto e portato avanti da noi in Italia da Giorgio Nardone e della sua scuola. Il concetto è una sorta i euristica epistemica, cioè un modello che spiega come funzionano le cose, e consiste nel capire come funziona un problema attraverso le tentate soluzioni che vi sono applicate.

Dato che il modello causalistico tipico della fisica meccanica, di tipo lineare dove A causa B non può essere applicato efficacemente alla vita e tanto meno alle relazioni umane questi geniacci si sono messi a pensare in termini di logica matematica più che di psicologia. Così invece di venirsene fuori con il classico: è stato un trauma A che a causato il problema B, dunque noi dobbiamo lavorare su A e su tutte le sue con cause, questo modello rivede totalmente queste posizioni.

Dato che non possiamo conoscere e/o risolvere molti problemi umani lavorando sulla “causa prima”, andando a ritroso per così dire, facciamo il contrario, cerchiamo di comprenderlo osservando gli output, cioè guardando avanti a ciò che A e B producono: una tentata soluzione, cioè come il sistema tenta di auto regolarsi. Facciamo un esempio: immaginiamo un ragazzo che inizia a sviluppare la paura di guidare l’auto, ad un certo punto non guida più.

La prima cosa che ci viene da fare è indagare la relazione A e B, cioè quando è iniziato, per quale motivo? Cerchiamo cioè un evento traumatico che può aver innescato la fobia. Succede spesso però che non sia così facile capire se sia stato davvero “A” a generare la paura, a volte sono un insieme di con-cause: stress accumulato, incidenti pregressi, narrazioni a cui si è sottoposti ecc. Allora come fare? Ci chiediamo che tipo di soluzione ha tentato il ragazzo per auto- guarirsi e troviamo che la sua semplice tentata soluzione è stata non guidare più ed evitare qualsiasi contatto con le auto.

Lo so che sembra banale, perché è ovvio che se non vuoi più vedere un’auto, meno ne vedi e meno voglia ti viene di usarla, giusto? Si, perché questo esempio è molto esplicito ma noi non ci rendiamo conto davvero di tutte le tentate soluzioni che mettiamo in atto per evitare il dolore, per evitare la fatica, per risparmiare energia ecc. Ti sembrerà assurdo e banale ma il metodo in questo caso è proprio ciò che immagini: cercare di trovare il modo di avvicinare il ragazzo alle auto, cioè non agire subito sulla causa (il trauma) ma su ciò che mantiene vivo il disturbo (la tentata soluzione disfunzionale).

Restare calmi

Quando il respiro viene usato come metodo per restare calmi diventa una tentata soluzione la quale ha come caratteristica principale quella di mantenere e rinforzare il problema. Se il ragazzo del nostro esempio continua ad evitare le auto, più le evita e meno diventa capace di tornare a guidare, giusto? Ecco ora immagina di dover applicare le tecniche di respiro per calmarti in una situazione di emergenza, lo fai perché speri che respirando in quel modo ti sentirai calmo e tranquillo… e se fosse una tenta soluzione?

Respirare (senza allenamento) è come cercare di studiare tutto l’ultimo giorno prima di un esame, a meno che tu non sia un fenomeno non solo ti servirà a poco ma aumenterà la tua agitazione. Succede anche se sei molto preparato, se non trovi un momento di stacco con l’esame più cerchi di studiare per sentirti davvero preparato e più ti agiti. Non è un caso che si consigli di prendersi delle pause, soprattutto a ridosso della data di esame, altrimenti lo studio forsennato diventa una tentata soluzione disfunzionale (tsd).

Il respiro, al contrario dell’apprendimento di un esame, ha la caratteristica di sembrare maggiormente sotto il nostro controllo. E tale sensazione, di voler controllare qualcosa che non possiamo controllare ce ne fa perdere il controllo: come quando cerchi di guidare consapevolmente per stupire un tuo passeggero e proprio questo eccesso di attenzione al tuo automatismo (la guida) ti fa perdere la naturalezza con cui lo esegui di solito (la attenzione de-automatizza il comportamento).

Cercare di appliccare tecniche di respirazione per restare calmi, proprio in quel momento si trasforma spesso in una TDS che tende a farci sentire sempre meno fiduciosi in noi stessi. E’ come se una parte di noi pensasse: “ma perché hai bisogno di fare queste cose? Perché hai bisogno di calmarti? Se hai bisogno di calmarti è perché non sei calmo, anzi ti dirò di più, non sei normale perché la gente non ha bisogno di calmarsi prima di questi eventi…bla bla bla”.

Abbiamo parlato di recente di questo fenomeno di compensazione dei sistemi, lo so ragazzi sono cose complesse ma sono sicuro che chi mi segue riesca tranquillamente a fare propri anche i concetti più difficili. Di modo che quando dovrete prendere in considerazione una tecnica per vivere meglio voi possiate farlo nel modo più consapevole possibile, anche di questi effetti poco conosciuti e che, la maggior parte delle volte vanificano i nostri sforzi.

Rieducazione al respiro

Concludendo questa puntata credo sia importante iniziare a vedere queste tecniche (così come molte altre, compresa la nostra amata meditazione di consapevolezza) come una rieducazione e non come metodi di emergenza. Le tecniche di respiro possono dare molto e possono avvicinarci ad una maggiore consapevolezza di noi stessi.

Questa faccenda della “preparazione, allenamento” (chiamalo come vuoi) è centrale in tutta la crescita personale. Solo praticando un certo metodo possiamo scoprire come funziona per noi, solo praticandolo sino a farlo diventare molto familiare, un’abitudine, inizia a dare i suoi frutti. Pensa a quando vai per la prima volta in palestra, quando arrivano i risultati?

Arrivano quando ormai ti sei “preso bene”, quando ormai non hai quasi più bisogno di auto motivarti per andarci. Questo è il problema, tutte le abilità che vorremmo apprendere sono la fuori, solo che iniziare e sempre difficile ed anche continuare lo è, almeno fino alle prime ricompense importanti. E invece, quando una cosa fa bene e sentiamo che ci fa bene, dovremmo continuare a portarla avanti.

Sono queste sane abitudini che nel tempo ci cambiano, non la tecnica da usare quando sento di essere stressato o in ansia. Certo posso farlo ed è un bene che esistano, ma se non sarò preparato rischierò che non funzioni o al peggio, che si trasformi nel suo esatto opposto.

Meglio le tecniche di respirazione o la meditazione?

Insomma il monito è sempre lo stesso: fai le tue esperienze con consapevolezza e gentilezza, con curiosità e senza aspettative esagerate, portando avanti i tuoi piccoli sforzi e cercando di capire quanto migliorano la tua vita in generale. Se sei tra i curiosi che si stanno chiedendo se sia meglio fare una pratica di respiro o osservare il respiro, come facciamo nella meditazione, per me la risposta è… la seconda.

Perché la consapevolezza ti consente di fare ancora meglio la pratica di respiro, la quale dovrebbe sempre essere svolta con presenza. Per quanto riguarda l’articolo che ho citato, questo in cui trovi la vittoria delle tecniche di respirazione sulla meditazione nella riduzione dello stress, ebbene non penso che sia particolarmente attendibile.

Perché in realtà dimostra solo che nell’arco di 10 giorni chi “respirava” era meno stressato di chi meditava. Il problema è che imparare a meditare è processo che richiede molto più tempo di 10 giorni, al contrario si impara molto velocemente come eseguire una tecnica di respiro, la quale necessita di poche ripetizione per essere appresa.

Queste mie osservazioni non tolgono nulla all’efficacia comprovata delle pratiche di respirazione per lenire lo stress! Non si tratta di una gara, come potrebbe essere chiedersi se faccia meglio nuotare, correre, giocare a calcio o sciare, è una questione leggermente diversa, perché è sempre l’intenzione con cui svolgi la pratica.

Se lo fai per migliorarti, lo fai attraverso una pratica di apprendimento consapevole, qualsiasi tecnica darà i suoi frutti.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.