Quante volte hai sentito dire che esiste un metodo per aumentare la motivazione? Spesso si tratta del cercare i MOTIVi che ci fanno fare le cose, analisi dei valori, degli obiettivi e strategie per pianificarli al meglio. Tutte cose utilissime, ma non tutti sanno che esistono alcuni schemi personali che tendono a sabotarci. Nella puntata di oggi scoprirai come riconoscerli per poterli aggirare ed attingere a tutta la tua motivazione!

Schemi e auto-sabotaggio

Il tema degli auto-sabotaggi è semplicissimo da descrivere e difficile da comprendere. Come spero tu abbia sentito dalla puntata i nostri schemi personali ed interpersonali sono la vera fonte di auto-sabotaggio, solo che solitamente si pensa ad una cosa estrema, a qualcosa di traumatico e profondo. Ecco sono qui a dirti che se per caso tu avessi subito qualcosa del genere, con molta probabilità ne saresti consapevole, al punto tale di averci già lavorato sopra o per lo meno aver iniziato a pensare come ovviare a questi ostacoli interiori.

Ma ecco la cattiva notizia: la verità è che tutti, nelle condizioni peggiori, possiamo attivare uno di questi schemi interpersonali. Li chiamo così perché hanno a che fare con le relazioni, non solo con quelle primarie (i nostri caregiver) ma anche quelle attuali. Come abbiamo visto molte volte le relazioni sono croce e delizia della nostra mente, non possiamo farne a meno, sono la fonte primaria di felicità e soddisfazione e allo stesso tempo è la cosa che può ferirci con più facilità e profondità. Non mi credi? Fai questo piccolo esperimento insieme a me:

Pensa a 2 eventi molto belli della tua vita e poi pensa a 2 eventi molto brutti, scommetto che in entrambi c’entrano le relazioni. Certo possono capitare incidenti devastanti anche se siamo da soli, quindi possiamo vivere traumi intensi anche da soli ma quelli che fanno più male a livello psicologico sono sempre legati a qualcuno. Qualcuno penserà: “eh no, meglio essere traditi dal proprio partner che perdere le gambe in un incidente”, certamente questo è un caso estremo ma a livello di sofferenza personale solitamente gli eventi peggiori hanno a che fare “con gli altri”.

Cosa c’entra tutto questo con la motivazione? La risposta è multipla ma in sintesi: dato che i nostri schemi possono intaccare o rafforzare la nostra motivazione allora è bene cercare di conoscerli e di riconoscerli. Come hai ascoltato uno schema è una struttura cognitiva interna che ci aiuta ad elaborare ed organizzare le informazioni. Ma non solo, ci aiuta a gestire il nostro budget energetico, ti ricordi la recente puntata sull’energia? Solitamente usiamo parole come “credenze”, atteggiamenti, opinioni, giudizi e pre-giudizi per descriverli nel nostro parlare comune.

Esistono molti tipi di schemi che usiamo per gestire noi stessi ma tra i più importanti ci sono quelli che costruiamo a partire dalle relazioni. Ora il problema però è che tali schemi restano dentro di noi e tra i più pericolosi per la nostra motivazione ne ho scelti 3: quello del fallimento, quello della inadeguatezza e quello delle aspettative e standard alti. Scommetto che molti di voi avranno riconosciuto la “Schema Therapy” o il libro che vado citando da anni (Reinventa la tua vita), sono concetti complessi ma non difficili da comprendere e da utilizzare su noi stessi.

No agli archeologi si agli esploratori

L’atteggiamento nel riconoscere questi schemi non deve essere quello dell’archeologo, che scava nel passato e cerca nessi tra cose che non possono più fisicamente essere ricostruite. Invece deve essere quello degli esploratori, andando alla ricerca di qualcosa che esiste qui e ora, di sensazioni che riguardino quegli schemi mentre emergono nel presente. Lo so, potrà suonare strano ma non è necessario scavare nel nostro passato andando alla ricerca di cimeli antichi, anzi è sconsigliabile farlo senza una guida esperta. Ma possiamo però diventare esploratori e testimoni di ciò che osserviamo nella nostra quotidianità.

Altrettanto strano può suonare questa affermazione: la semplice consapevolezza è in grado di modificare gradualmente il funzionamento dei nostri schemi. Cioè prova a pensarci, immagina di avere lo schema del fallimento, il che ti porta a temere di fallire portandoti ad evitare di agire o di assumere rischi, conducendoti in una profezia auto-avverantesi che ti fa in definitiva fallire! Immagina di voler intraprendere un’azione e di sentire quella sensazione, di colpo te ne accorgi e dici te stesso: “Ok, questo è lo schema del fallimento”. Secondo te, cosa succede?

Ciò che succede è un piccolo passo indietro rispetto alla tua esperienza. Riesci a vederla meglio, vedi l’effetto di uno schema che si ripete, riesci ad essere meno identificato con la situazione, come quando guardi un film horror e per evitare di spaventarti cerchi di ricordare a te stesso che si tratta solo di un film. Fai un passo indietro per ricordare che non è vero, però non puoi smetterla di avere paura puoi solo dire a te stesso: “ok, è normale sto guardando un horror”. Quando noti di essere dentro uno schema automatico lo de-automatizzi momentaneamente e questo ti consente di agire in modo diverso.

Se prima, all’attivazione dello schema del fallimento evitavamo di fare una certa cosa, notandolo possiamo iniziare a farla nonostane i pensieri e le sensazioni attivate dallo schema. Si lo so, se mi segui da molto sono sempre le stesse cose ma è bene ripeterle anche mille volte, perché sono facili da capire ma difficili da mettere in pratica: presa di consapevolezza di essere finiti in un certo schema, osservazione del momento presente e nuova decisione comportamentale. Perché dico “agire” e non pensare? Perché mentre di pensieri ed emozioni non siamo padroni (perché sono simulazioni) siamo invece molto più capaci di cambiare le nostre azioni!

Questo significa “fare le cose nonostante quelle attivazioni“, che siano emozioni, pensieri o schemi ricorrenti interpersonali. Ciò che ci aiuta a fare davvero la differenza è la presa di consapevolezza, renderci conto di quando tendono ad emergere nella nostra quotidianità. Non è solo il timore di soffrire ciò che ci impedisce di agire quando si attivano gli schemi ma è proprio l’idea che fare quella certa cosa possa nuocerci in un qualche modo. Per questo nei moderni approcci di psicoterapia ci si concentra di più sul processo, sulle azioni e meno sul contenuto: non hai bisogno di capire perché si attiva lo schema o perché ti senti in un certo modo, l’unica cosa che hai bisogno di sapere è che hai lo schema attivo e trovare le modalità migliori per agire nonostante lo schema.

E’ la realtà che modifica gli schemi

Possiamo modellare gli schemi anche in età adulta? La risposta è si, lo sappiamo dalla psicoterapia e da altre prove. Ciò non significa che gli schemi non si attiveranno più ma che quando lo faranno saremo pronti ad agire in modi alternativi al diktat dello schema. La psicoterapia ci ha provato che è possibile modificare questi schemi attraverso la relazione terapeutica, ma non solo, ci ha anche dimostrato che sono le esperienze che noi facciamo nella vita a cambiarci. Cioè quelle esperienze che facciamo da consapevoli dei nostri schemi che ci cambiano: ogni volta che ti accorgi di uno schema che scatta e riesci anche solo per un istante a metterlo da parte per gire “nonostante esso”, stai aumentando la probabilità di cambiarlo, di smorzarlo.

Esistono moltissime vie per farlo, anche quelle più legate al contenuto che ci fanno ripensare al nostro passato, rivalutare noi stessi da piccoli, immaginare di lavorare con il nostro “sè bambino” ecc. Tuttavia sono qui a dirti che anche la psicoterapia più efficace funziona solo quando il paziente inizia a fare esperienza nella realtà di questi nuovi modi di agire verso se stessi. Il vero cambiamento avviene raramente nella stanza della terapia, avviene invece nella vita quotidiana. Questo non significa che se hai problemi con questi schemi o con la tua vita tu possa fare a meno di andare in psicoterapia, ma significa che puoi fare tanto anche da solo.

Perché, come abbiamo visto molte volte, il tuo sviluppo personale dipende solo da te, così come anche la tua salute purtroppo dipende solo da te. Non nel senso che tu puoi curarti da solo, ma nel senso che per quanto tu possa avere a disposizione le migliori risorse per stare meglio, se non le pratichi, se non le coltivi, se non ti attivi in prima persona, difficilmente il mondo ti verrà incontro per farlo al posto tuo. Di certo l’ambiente è fondamentale: se non hai le risorse adatte hai voglia a sbatterti, tuttavia anche alla presenza delle migliori situazioni, siamo sempre noi a fare l’ultimo chilometro. Distanza che può variare molto in base alle situazioni.

Anche se hai la migliore equipe medica per risolvere un problema, dovrai fare azioni concrete per stare meglio e tali azioni saranno spesso più importanti dell’azione medica stessa. Tranne situazioni particolari, solitamente chirurgiche, dove se non ti tolgono un pezzo sono guai, la maggior parte delle terapie che vengono date ai pazienti sono un insieme di regole comportamentali che vanno eseguite in autonomia: smettere di mangiare o fare certe cose, assumere farmaci, fare movimento fisico, fare visite di controllo ecc. Ora cosa c’entra tutta questa faccenda degli schemi?

E’ inerente perché la gente pensa che quando si parla di meccanismi psicologici tipici della sofferenza, essi siano utili solo in un contesto clinico o di terapia, ma non è vero! Nel periodo del COVID siamo dovuti tutti diventare un pizzico più esperti di come funzionano i contagi, delle differenze tra virus e batteri ma soprattutto dei meccanismi di funzionamento dell’infezione. In passato, quando la popolazione non conosceva tali meccanismi la cosa più pericolosa non erano solo gli agenti patogeni in sé ma come riuscivamo a farli replicare inconsapevolmente tra di noi.

Consapevolezza dei meccanismi

Le norme di sicurezza che tutti abbiamo appreso dal COVID resteranno con noi a lungo, so che questo è un argomento divisivo ma le tali metodi precauzionali erano in realtà già utili prima dell’epidemia. Solo che il fatto che non vi fosse una minaccia tale ci faceva sottovalutare la cosa, solo le fasce deboli si preoccupavano di vaccinarsi o indossare una mascherina in luoghi affollati. Ora usciamo da questa analogia perché non calza al 100%, però c’entra molto con come io immagino il futuro della psicologia. Non più come conoscenze pseudo-filosofiche sulla storia di chi ha parlato di psicologia ma come conoscenze pratiche.

Sono convinto che iniziare a vedere la nostra mente come un simulatore, imparare ad osservarne alcuni meccanismi, diventarne anche solo un pizzico più consapevoli, possa trasformarsi lentamente in un presidio simile al lavarsi le mani. In natura nessuno ci insegna che lavandoci le mani possiamo diminuire le probabilità di infezioni, in natura nessuno ci insegna che i nostri pensieri sono solo previsioni sulla realtà e non fatti concreti. Cioè che quando dici a te stesso che sei “uno stupido” non significa che il tuo inconscio ti sta rivelando qualcosa su di te di più vero di quanto tu possa sentire, ma significa che per un qualche motivo hai iniziato a simulare una realtà del genere.

Conoscere certi meccanismi, che sempre di più in vari modi vengono insegnati nelle scuole (come la regolazione emotiva, le abilità di coping, ecc.) diventerà qualcosa del genere. Per troppo tempo le conoscenze tecniche di chi aiuta la gente, come quelle mediche, sono state relegate solo a persone ultra competenti che utilizzavano (e utilizzano) un linguaggio poco comprensibile. Sempre di più tali conoscenze, anche grazie alla tecnologia, stanno diventando di pubblico dominio e tra qualche decennio la maggior parte delle procedure mediche si faranno a casa, magari guidati da una intelligenza artificiale.

Fino a pochi decenni fa per misurare la pressione, misurare la glicemia e altre cose del genere avevi bisogno di recarti da un professionista. Oggi le cose stanno cambiando dando a tutti la possibilità di avere certi dati a disposizione. Ora torniamo ancor ai nostri schemi e al fatto di conoscere queste cose, anche perché sono partito dalla motivazione e vorrei concludere con questo tema. La motivazione in quanto atteggiamento umano può essere facilitato non solo dall’aggiunta di ispirazione e analisi valoriale, ma è necessario anche rimuovere gli ostacoli che potrebbero minarla.

La gente tende a concentrarsi sulle cose facili e poco impegnative, ma soprattutto che non ci facciano soffrire. Per questo ci piace molto di più avere aggiunte di tecniche e strategie piuttosto che guardare in faccia gli schemi che potrebbero potarci ad un auto-sabotaggio. Tali meccanismi non solo solo dolorosi da scovare ma sono anche difficili da notare, da cogliere anche perché non sono “digitali” (bianco o nero) ma sono analogici, cioè hanno varie sfumature. Per alcuni lo schema del fallimento sarà forte, intenso e riconoscibile per altri sarà l’esatto opposto. E non è facile fare questa operazione di consapevolezza.

Una cosa è certa, nella vita tutti possiamo attivare uno o più di questi schemi, iniziare a porci prima la nostra attenzione e poi la nostra consapevolezza è una delle strategie più potenti per migliorare in ogni ambito. Perché quel tipo di atteggimento di andare verso ciò che abbiamo dentro è la chiave per attingere al nostro vero potenziale!

So di aver pero da tempo l’attenzione di chi avrà bisogno di questo messaggio ma è fondamentale evitare di “esperti di crescita personale” che ti dicono che è da stupidi pensare ai propri limiti è che sia molto meglio vedersi come “illimitati”. Ecco questa è una pia illusione che conduce presto a una cocente disillusione… magari ne parliamo in una prossima puntata.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.