Socrate ammoniva (attraverso Platone) affermando di non imparare a scrivere perché questo ci avrebbe fatto perdere la capacità di memorizzare e di ragionare. Per fortuna Platone non lo ha ascoltato e ha scritto altrimenti oggi non sapremo niente di tutto ciò. La diatriba sul fatto che la tecnologia possa farci male esiste dunque dalla notte dei tempi, non è qualcosa di moderno e oggi abbiamo però qualcosa in più… dati, una valanga di dati interessanti che ci dicono qualcosa di sorprendente…

Questa puntata sarà odiata

Vuoi attirare l’attenzione delle persone? Allora parla degli effetti negativi di qualcosa, il nostro cervello è maggiormente attratto da ciò che può metterlo in guardia rispetto a ciò che risulta essere neutro o positivo. Non siamo stupidi, è una tendenza che ci ha concesso di sopravvivere sino ad ora, per un nostro antenato di millenni fa, sapere che quel tipo di bacca ti avrebbe avvelenato era molto più importante che sapere che quell’altro tipo di bacca facilitava la ripresa delle energie dopo un lungo sforzo. Non siamo fatti male, siamo solo ancora “animali preistorici” attratti dalle stesse cose che avrebbero attratto un nostro antenato!

Quindi questo episodio non solo non parla degli effetti negativi di qualcosa che secondo la maggior parte delle persone sta bruciando il cervello della gente (e in particolare dei bambini) ma ne parla anche in positivo. Ovviamente prima che le persone ascoltino tutto l’episodio e si rendano conto del fatto che le cose non sono “bianche o nere” sarà troppo tardi, immagino già gli insulti ma che ci vogliamo fare ormai il web è così. Vedi, non sempre elogio tutto della tecnologia, la quale non va demonizzata ma neanche beatificata, come sempre il mondo è più complesso di come appare.

Non ho iniziato casualmente con Socrate, questa faccenda è molto antica e da sempre ne discutiamo. Non esiste una soluzione ma una cosa è chiara: noi esseri umani siamo arrivati sino a qui grazie alla tecnologia. Oggi c’è gente pronta a dire quasi il contrario che siamo giunti fino a qui “nonostante la tecnologia” ma le cose non stanno così. Non sono il solo ad affermare che la nostra evoluzione sia stata una co-evoluzione con la tecnica, ci sono un sacco di personaggi molto più bravi di me che lo dicono da anni. Attenzione, questo non significa che ogni tecnologia sia buona di per se!

Carlo Sini ci ripete da tempo che anche il nostro semplice alfabeto è a tutti gli effetti un artefatto, dunque tecnologia che ci portiamo dietro dalla notte dei tempi. Sicuramente nel passato ci sarà stato qualche capo tribù che avrà detto: “non imparate la lingua degli altri popoli perché diventerete stupidi, dovete parlare solo la vostra lingua madre” o qualcosa del genere. Ci sarà anche stato chi, durante l’era del ferro avrà affermato: “ci troviamo così bene con le pietre non vedo perché dovremmo sbatterci a fare il ferro quando i nostri padri sono arrivati sino a qui con le sole rocce” (o qualcosa del genere).

Maurizio Ferraris ci mostra spesso che già nel famoso enigma della sfinge di Sofocle, nel quale ad Edipo viene posta la famosa domanda: qual è quell’animale che di giorno ha 4 zampe, a mezzogiorno ne ha 2 e di sera ne ha 3? Come sappiamo si tratta dell’essere umano che nasce a gattoni, poi si erige nella postura bipede e poi da anziano usa il bastone, ecco perché 3 gambe. Ferraris ci mostra come quel bastone fosse già una tecnologia, qualcosa senza la quale chi era anziano non poteva più muoversi agilmente e magari badare al proprio gregge o continuare a spostarsi in modo nomade ecc.

La neuroplasticità

Come forse ricorderai il tema della neuroplasticità è molto giovane, quando io studiavo all’Università era ancora molto dibattuto anche se ormai era assodato che il cervello fosse plastico. Uno degli studi più famosi mette in relazione proprio la dinamica tra stimoli ambientali e struttura del cervello: in particolare si trattava del sacrificio di un piccolo topo da laboratorio (studio se non ricordo male degli anni 60′ quando l’attenzione etica a certe cose era molto inferiore ad oggi). In pratica si prendeva due cavie con patrimonio genetico identico (gemelli omozigoti) e li si cresceva in modo molto simile.

Poi però, uno di questi veniva messo dentro un labirinto con un premio, mentre l’altro veniva lasciato dentro la gabbietta. Quando il topino fortunato imparava il labirinto entrambe le cavie venivano sacrificate per analizzarne il cervello. Ebbene, i due encefali erano profondamente diversi: quelli del topo che aveva appreso il labirinto era maggiormente innervato e sviluppato rispetto a quello del topo “non stimolato”. Di questi studi ne hanno fatti tantissimi anche sugli esseri umani per decretare appunto che, ciò che impari nella vita lascia un segno nel tuo cervello!

Se nella vita ti occupi di qualcosa di visivo è molto probabile che le tue aree della visione siano più sviluppate ed innervate rispetto a chi magari si occupa di musica. Il quale a sua volta avrà le aree dell’udito maggiormente sviluppate ed innervate e così via. Ora forse ti starai chiedendo cosa possa centrare tutto ciò con il tema di oggi, c’entra molto, perché in effetti tutti gli studi dimostrano che stimolare il cervello lo aiuta a crescere. Attenzione, questo non significa che ogni stimolo al tuo cervello sia necessariamente positivo ma solo che ogni stimolazione gli da una direzione di crescita in una certa direzione.

Potrei andare avanti per ore, passando dai tassisti londinesi per arrivare alla generazione perpetua di neuroni in diverse aree del cervello. Ma in definitiva il tema è che, ciò che usi, l’ambiente che ti circonda, ciò che decidi di leggere, apprendere, frequentare, tutte queste cose: modellano il tuo cervello! Ergo è impossibile quindi sfuggire a tale meraviglioso e anche complessissimo meccanismo di adattamento della nostra fisiologia a ciò che utilizziamo. Per questo non stupisce che la moderna tecnologia abbia effetti diretti sul cervello, il problema è supporre costantemente che essi siano necessariamente negativi!

Questa puntata sarà zeppa di disclaimer, perché ciò che ho appena detto NON è che la moderna tecnologia faccia bene a tutto tondo! Ma che essa ci influenza, che i dati sulla sua influenza nel lungo periodo non sembrano essere così pericolosi e che, come nel caso della meta-analisi presentata, in alcuni casi possa essere contrinutitvamente positiva! Io adoro quando la ricerca ci mostra qualcosa che viola il senso comune, molte volte succede così! Tuttavia non significa che gli studi sugli effetti negativi degli schermi sui bambini siano finti… ma significa che dobbiamo rimodulare meglio come vediamo la tecnologia.

La coperta corta: il problema costi-benefici

Se mi conosci probabilmente già sai dove voglio arrivare quando parlo di coperta corta. L’esempio con lo sforzo fisico è forse uno dei più semplici: oggi sappiamo che per vivere una vita sana e appagante è bene fare esercizio fisico in modo regolare (in caso non ne fossi convinto qui c’è un episodio che ti aiuterà a convincerti in tal senso), qualcuno potrebbe tranquillamente dirci che ciò capita perché la nostra vita è troppo comoda. Infatti se dovessi andare tutti i giorni a piedi a lavoro, portare tutto a mano e fare ogni cosa senza supporti forse non dovresti andare in palestra.

Ma ecco il problema della coperta: se il tuo posto di lavoro si trova a 2 o 3 chilometri da casa tua e non hai problemi di movimento, probabilmente è vero che ti converrebbe svegliarti in tempo e fartela a piedi. Potresti risparmiare un po’ di tempo in palestra. Tuttavia se il tuo lavoro fosse a 20 o 30 chilometri la cosa diverrebbe molto dispendiosa, diciamo che ad un passo regolare si possano sostenere i 5 Km/h, per percorrere 20 Km ti servirebbero circa 4 ore. Il che significa che andata e ritorno ci metti 8 ore, praticamente lo stesso tempo che forse passeresti a lavoro. E’ un altro lavoro!

I nostri nonni (e ormai bisnonni) che non hanno usato le calcolatrici a scuola probabilmente sapevano fare i conti a mente molto meglio di noi. Noi abbiamo perso quell’abilità specifica, che tra l’altro possiamo sempre allenare con un pizzico di impegno proprio come facciamo con i muscoli in palestra. Come abbiamo visto di recente oggi il problema è ancora più importante con l’IA, perché se questa inizia a scrivere e ragionare per noi dovremmo poi aprire delle palestre della mente. Che in realtà già esistono, secondo me Psinel così come altri progetti simili aiutano proprio in tal senso.

Non è un caso che la gente oggi voglia migliorare le proprie prestazioni mentali, non sto parlando di diventare super uomini, ricchi e famosi, ma del fatto che oggi la gente sa che esistono metodi (spesso comprovati anche dalla ricerca) che ci aiutano a mantenere una certa forma anche nella nostra testa. Sappiamo dell’importanza del life style (allenamento, alimentazione, sonno, relazioni ecc.) e sappiamo che se smettiamo di leggere, imparare, funzioneremo peggio. Certo in una società caratterizzata dalla prestazione in molti vedono queste cose in tal senso, cioè per migliorarsi e “funzionare meglio”.

Questa cosa oggi si sta, per fortuna, anche riducendo con le nuove generazioni. Che come sappiamo danno maggiore importanza alla socialità, alle esperienze, all’ambiente, al fatto che siamo tutti collegati e sulla stessa barca. Anche in tal senso, gli strumenti della psicologia e delle neuroscienze vengono comunque raccontati con sempre più forza perchè c’è una consapevolezza di fondo sul fatto che conoscersi meglio apporti numerosi benefici. Ecco per conoscerci meglio dobbiamo anche accettare il fatto che la nostra vita è collegata in modo indissolubile alla tecnica, a ciò che creiamo, a quelli che gli antropologi chiamano: artefatti.

Il mio asso nella manica: la simulazione incarnata e la teoria enattiva

Di certo è sempre bene ricordare che il fatto che noi ci co-evolviamo con la tecnologia non significa che essa sia buona di per se. E’ bene continuare un dibattito sul tema costante piuttosto che correre da un lato all’altro della questione, fa bene o fa male. Tuttavia il fatto che noi siamo influenzati profondamente da ciò che utilizziamo oggi ha due difensori forti che in realtà fanno parte entrambi della teoria della cognizione incarnata: cioè del fatto che la nostra mente è collegata al nostro corpo, al nostro movimento a come ci muoviamo ecc.

Noi non ci rendiamo conto che il mondo intorno ci invita ad utilizzarlo in un certo modo. L’esempio che amo fare spesso è quello delle Affordance (Gibson). Fai questa prova, prendi 3 bicchieri molto diversi tra loro: uno molto largo, uno piccolo ed uno stretto e chiedi a qualcuno di afferrarne uno a caso. Faglielo fare più volte e nota come si prepara all’azione, se filmi la cosa noterai un fenomeno assurdo: le mani si predispongono già al tipo di bicchiere che devono afferrare. E’ come se le mani sapessero quale è il modo corretto di afferrare quell’oggetto ancora prima di afferrarlo.

Queste teorie (che sono molto più complesse di come le ho appena spiegate) hanno fatto sorgere altre due ipotesi che si collegano al tema di oggi: la mente enattiva, cioè che la mente è collegata al corpo che a sua volte è collegato all’ambiente e tali collegamenti si influenzano continuamente (come nell’esempio della mano che si adatta) e quello della simulazione incarnata del nostro Vittorio Gallese (nostro perché è italiano ed è uno degli storici studiosi dei noti neuroni specchio). Secondo la simulazione incarnata quando noi vediamo un artefatto ci stiamo continuamente chiedendo: come hanno fatto a farlo?

E osservando artefatti è come se simulassimo dentro di noi il farlo. Proprio come sappiamo che se guardiamo una persona svolgere un qualsiasi compito in movimento, una parte del nostro cervello tende ad imitarlo (appunto il sistema specchio) per Gallese è molto probabile che ciò accada anche quando osserviamo un artefatto. Così mentre leggi queste parole non ti stai solo leggendo ma una parte di te sti sta chiedendo cosa io abbia pensato, letto e compreso per comporlo. Certo non in modo preciso ma in modo anche solo abbozzato.

Tutto ciò ci fa pensare che è praticamente impossibile utilizzare un artefatto senza esserne in un qualche modo influenzati a nostra volta. Allora non dovremo più usare niente? No, perché come abbiamo visto siamo necessariamente legati a tali tecnologie. Ciò che possiamo fare è vigilare su cosa creiamo, come lo creiamo e perché lo creiamo, quei discorsi barbosi che a volte prendono il nome di etica, morale ecc. No, non devi essere per forza un filosofo per parlarne, si tratta invece di mettere in campo un tema da rendere più complesso non bianco o nero.

Ok mi fermo qui altrimenti scrivo un altro libro…

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.