Questa non è la solita storiella motivazionale dove ti racconto che ero una capra ed un giorno mi sono svegliato “psicologo intelligente”. Ma è invece un piccolo racconto del mio percorso scolastico, delle difficoltà che ho incontrato e come sono riuscito (nel male e nel bene) a farvi fronte, certo può essere un contenuto motivante ma non è quello lo scopo, i suoi obiettivi sono multipli e li discuteremo in questo post… intanto buon ascolto:
Le valutazioni scolastiche
Il primo obiettivo di questa puntata è ricordare che qualsiasi tipo di valutazione facciamo sulle abilità di un bambino o di un ragazzo adolescente non sono MAI veritiere. Se avessi ascoltato i miei professori delle scuole medie adesso starei lavorando ad un tornio e non facendo lo psicologo, con tutto il rispetto per gli operai specializzati che si occupano di tali mansioni. Io sentivo sin da bambino di voler fare qualcosa di simile al “ricercatore” ma i miei risultati non collimavano con le mie aspettative, ma non me ne rendevo conto, me ne sono accorto solo in un momento.
Quando mi sono innamorato della Psicologia, quando è avvenuto l’incontro fatato tra il mio desiderio di conoscenza (che non era per nulla appagato dalle scuole che frequentavo) e i libri di Freud, Adler e altri che leggevo nel tempo libero. Insomma sotto sotto lo sappiamo tutti, tutti abbiamo avuto a scuola compagni super bravi che però non sembrava brillassero troppo di intelligenza in altri ambiti e ovviamente anche il contrario. Cioè persone in grado di discutere in modo intelligente su molti argomenti che però a scuola andavano malissimo…ecco io facevo parte di questo secondo gruppo.
Ogni volta che discutevo con un mio compagno, che fosse il primo o l’ultimo della classe io non mi sono mai sentito più stupido, lento o meno colto di chi mi circondava. Solo che i dati, cioè i voti, non corrispondevano a queste abilità. A volte i professori se ne accorgevano e sparavano la classica frase: “il ragazzo è intelligente ma non si impegna”. Vuoi sapere una cosa? Questa frase che di certo avrai sentito migliaia di volte è assolutamente VERA! Là fuori è zeppo di studenti bravi che però non si impegnano ed i motivi non sono di certo solo causati dallo studente come ci piace pensare.
Nella puntata ti ho raccontato di quel professore e delle sue parole, non è stato l’unico, poi ne ho incontrato anche un altro che mi ha incoraggiato a proseguire gli studi. Ma su moltissimi professori, come ti ho detto ho cambiato 4 scuole superiori, nessuno mi aveva mai detto quelle parole, nessuno mi aveva fatto comprendere che non dovevo ascoltare troppo alcune valutazioni. Ti racconto un’altra storia a proposito: quando ho cambiato la mia terza scuola una professoressa mi ha dato un 3, dato che io non ero per nulla d’accordo le ho chiesto un confronto con la preside dell’istituto (era una scuola molto piccola).
Durante il confronto dimostro alla prof. che in realtà meritavo molto di più (almeno un 6) e lei si è difesa dicendo: “si ma tu non fai mai i compiti a casa”. Quando è finito questo teatrino la preside mi ha preso da parte e mi ha detto: “Romagnoli, purtroppo non tutte le persone hanno la vocazione per l’insegnamento ed alcune se la prendono senza motivi apparenti, meno male che cambi scuola”. Giusto per farti capire che cosa intendo per non fidarti delle valutazioni. Questo non significa discutere sempre le autorità intorno a noi ma significa, “cerchiamo di pensare anche con la nostra testa”, soprattutto quando ci giudicano negativamente.
Hai molto più tempo di quello che credi
Quando “Super Pippo” mi ha detto: “Ehi guarda che all’Università si parte tutti da zero” mi aveva motivato parecchio ma non avevo colto appieno il suo messaggio. Vedi a scuola ci convincono che se per caso in prima superiore non abbiamo capito un certo concetto non riusciremo mai a recuperarlo in terza o addirittura i quinta, questa è una cavolata pazzesca! Certo è vero che se hai studiato bene un concetto prima poi dopo sarà più semplice da recuperare ma la maggior parte delle cose, con i tempi giusti ed il giusto metodo, si possono apprendere completamente da zero.
Io avevo studiato biologia, ma come puoi immaginare l’ho studiata male. Quando sono arrivato all’università la mia prof. non voleva solo che conoscessimo TUTTA la biologia che solitamente si studia in un Liceo Scientifico (cosa che potrei farti confermare da tutti i miei compagni di corso, che pur avendo fatto “lo scientifico” sono stati bocciati più volte) ma anche la chimica. Non fraintendermi, certo che se non conosci certe regole matematiche di base non potrai mai fare equazioni superiori, ma quelle regole di base puoi recuperarle.
Potrà sembrarti strano ma ogni volta che mi sono trovato di fronte a cose complesse, come l’esempio della matematica, ciò che mi ha sempre bloccato nelle scuole superiori era la consapevolezza che FOSSI in ritardo! “Tanto se non ho capito le regole di base hai voglia a capire queste cose più complesse”, ed invece anche questa è una valutazione estrema, perché in realtà con i giusti tempi tutti possiamo recuperare. Come ti ho raccontato molte persone che avevano studiato alle superiori biologia, statistica e altre materie di Psicologia, convinte di sapere tutto venivano o bocciate o prendevano voti molto bassi.
Questo non vuol dire che non devi studiare dal giorno 1 se fai le superiori, ma significa che se per caso ti senti in ritardo puoi SEMPRE (e ribadisco sempre) recuperare con i giusti tempi. Ed è quello che fanno nelle scuole che funzionano bene, come nel classico esempio della Finlandia dove la gente non viene bocciata non perché non esista la bocciatura ma perché (essendo anche pochi) i professori hanno il mandato di non lasciare nessuno indietro. Mentre da noi succede proprio il contrario, una volta che una parte della classe (quella più attenta) ha capito a sufficienza, si va avanti… complici anche i diktat dei programmi ministeriali.
Abbiamo fatto diverse puntate sul tema del “non è mai troppo tardi” ma io ci credo fortemente. Dato che nella mia vita sono sempre stato in ritardo con queste cose ma quando mi confronto con chi era in tempo, con chi si è sempre dimostrato pronto ed intelligente, onestamente… non noto alcuna differenza nella competenza finale! Ripetiamo, ciò non significa che possiamo recuperare sempre tutto ma significa che se sei incastrato nell’idea che di essere in ritardo dovresti rivalutare le tue considerazioni. Perché là fuori è piena di gente di successo che prima… era in ritardo!
Fallacia del talento e Mindset
Ti ricordi il mio compagno di corso che diceva: “ci credo che prendi voti alti, tu studi sempre”? Ecco quello era un esempio classico di mindset statico. Solo chi teme che gli altri possano credere che lui sia stupido non mostra agli altri il proprio impegno, perché impegnarsi è sintomo di poca intelligenza, mentre al contrario studiare poco e prendere ottimi voti è segno di intelligenza (superiore). E dato che si teme che gli altri possano additarci come secchioni, persone che studiano tanto ma sono viste come stupide (per questo devono studiare tanto), di conseguenza iniziano ad impegnarsi “di nascosto”.
E’ quella che qualche anno fa abbiamo definito come “fallacia del talento”, se vediamo una cosa fatta da una persona che sembra averci messo pochissimo sforzo urliamo al “genio”. Mentre se vediamo una cosa fatta con molto impegno pensiamo: “ammazza che voglia che ha avuto quella persona”. Due valutazioni molto diverse, ci sono gli studi a confermarlo, tendiamo a premiare chi sembra non sforzarsi nel raggiungere grandi risultati e a penalizzare chi si impegna molto. Perché chi si impegna molto è bravo ma non è un fenomeno come chi non deve fare altrettato.
Penso che questo fenomeno sia particolarmente visibile con l’Università. E non è un caso che molte persone che brillavano alle superiori smettono di farlo all’università. Certo ci sono in mezzo molte altre variabili come l’autonomia, io sono sempre stato uno molto autonomo ed ho sempre poco sofferto le imposizioni. All’Università nessuno ti costringe a studiare, sei tu che devi iniziare a farlo e programmarlo per bene. Ma di certo in mezzo c’è anche la nostra fallacia del talento, se alle superiori prendevo buoni voti senza studiare potrei illudermi di essere un talento e temere di dimostrare il contrario studiando… i risultati di tale circolo vizioso sono pessimi!
E’ questo che intendiamo per Mindset Fisso, se pensi che la tua capacità di comprendere le cose che studi sia fissa temerai i confronti con le altre persone, avrai paura di scoprire che in realtà non sei così bravo come hai sempre pensato. Di conseguenza tenderai ad impegnarti poco, a nascondere le tue sessioni di lavoro, ad evitare i confronti con le altre persone ma non perché sei saggio ma perché temi di scoprire che qualcuno che ritenevi più stupido possa averti superato. La verità è che la vera variabile che fa la differenza è quasi sempre l’impegno, solo che non amiamo pensarlo… siamo imbevuti di falsi geni che fanno le cose senza sforzi!
Ma gli studi sono molto chiari, la maggior parte delle persone che nella storia sono state ritenute geniali erano molto dedite al proprio mestiere. Si allenavano, studiavano e provavano molte volte, solo che la narrazione che è arrivata fino a noi è che un giorno, un tizio di nome Amadeus, sei è seduto al pianoforte a 4 anni ed ha composto cose pazzesche. Le cose non stanno così, lo abbiamo visto molte volte ma Mozart è il frutto di anni di sperimentazioni da parte del padre, maestro di musica, il quale aveva provato prima con le 2 sorelle maggiori e poi ha avuto estremo successo con il piccolo Amadeus.
Potenziale nascosto
Nel suo ultimo libro “Hidden Potential” Adam Grant fa una profonda analisi su come comprendere il potenziale nascosto delle persone, ed uno dei segnali più chiari è propri il fatto di aver faticato nei primi tempi. Cioè la storia che ti ho raccontato, ed immagino tu l’abbia già capito, è la storia di molti anzi di moltissimi. I quali magari erano stati giudicati come i peggiori in una certa materia e poi sono diventati premi Nobel in quell’ambito, si potrebbe pensare ad una sorta di rivalsa personale ma io credo che sia un mix di condizioni.
Di certo c’è un senso di rivalsa, “mi hanno sempre visto come incapace a fare la tal cosa, vi faccio vedere io” ma c’è anche qualcosa d’altro, come la sensazione di poter andare avanti in quel contesto. Ti assicuro che anche se fossi stato bocciato 20 volte all’Università avrei comunque perseguito, perché sapevo che il mio amore per la materia era troppo forte. Tutti devono fare i conti con questa faccenda perché all’Università non tutti gli esami ti fanno battere il cuore, anzi sono proprio pochi quello che lo fanno… ma è la visione di un “Genna psicologo” che mi ha sempre spinto non la difficoltà delle materie che affrontavo.
Il timore di non essere all’altezza, che in chi già lavora prende il nome di “sindrome dell’impostore” è, sempre secondo Grant, un altro segnale di potenziale nascosto. Cioè non essere sicuri al 100% delle proprie competenze non è il segnale che non siamo bravi o che abbiamo una bassa autostima (almeno non sempre) ma è il segnale del fatto che sappiamo che potremmo migliorare ancora! Che se uno conosce davvero la materia che sta maneggiando si rende conto in modo socratico “di non sapere”. Solo chi conosce le cose superficialmente è davvero convinto di sapere.
Ed infatti molte delle cavolate più grosse non sono fatte dai lavoratori che temono di non essere all’altezza ma proprio da quelli che sono stra convinti di esserlo. Dobbiamo stare molto attenti a questo passaggio perché troppo spesso tendiamo a confondere la “confidenza con la competenza”, una persona che ci sembra spigliata in un ceto ambito non è detto che sia il migliore in quel contesto. Il che non ci dice che sia pessimo ma dobbiamo stare attenti soprattutto quando valutiamo noi stessi, chi è davvero bravo e competente più sa e più si rende conto di non sapere ma non scappa in difesa facendo “il sicuro”.
Sì perché sentirsi ultra sicuri è spesso una difesa dal timore di non sapere, di essere ritenuti poco all’altezza, di dare la sensazione di essere in cattive mani. Ed in parte hanno ragione: se tu vedessi un chirurgo, prima dell’operazione, troppo titubante o addirttura tremante ti spaventeresti molto ed avresti ragione. Tuttavia tendiamo molto più spesso a fingere competenza perché siamo convinti che questa ci porterà più competenza ancora, ma non sempre le cose stanno così, soprattutto quando l’interlocutore non sono gli altri ma siamo noi stessi. Una cosa è mentire un po’ agli altri per sembrare sicuri ed un’altra è farlo con noi stessi!
Anche i migliori sbagliano
Il mondo della scuola si è ribaltato, se ai miei tempi puntavi il dito contro un professore i genitori ti tiravano le orecchie oggi è il contrario, al punto tale che i prof. vengono spesso vessati dai genitori. Ora non sono un insegnante di scuola e non conosco a fondo l’attualità ma ciò che ho imparato nel mio percorso, di certo i prof. sono umani ed io ho capito a mie spese che lo erano (con quella prof. che ti dicevo e anche con la mia maestra delle elementari, la quale era razzista verso i napoletani, questa è un’altra storia) ma se non ti assumi la responsabilità di ciò che sta accadendo farai molta fatica a superare tali errori.
Cioè se pensi di non andare bene in matematica perché il tuo prof ti ha preso di punta o perché non sa spiegare, la cosa peggiore che tu possa fare (come ho fatto anche io molte volte) è quella di fregartene e smetterla di impegnarti in quella materia. Questo vale per ogni ambito della vita, anche con i tuoi capi, perché la cosa più bella che tu possa fare non è dargli ragione (“vede come sono stupido nella sua materia”) ma fare l’opposto. E’ dimostrare a quel prof che la sua valutazione era sbagliata, in questo modo non starai facendo un piacere solo a te stesso o te stessa ma lo starai facendo a tutti gli studenti del futuro di quel professore.
Una mattina mi sveglio per guardare che voto avessi preso in un esame molto difficile, guardo e vedo “bocciato”. Ci resto di sasso, non era possibile, era un esame di matematica e quelle cose o le hai capite o non le hai capite ed io ero certo di averle comprese. Così mi reco nello studio della professoressa la quale mi accoglie amorevolmente: “guardi, è normale a volte pensare di aver passato un esame, ci deve solo riprovare con più impegno”. Al che le rispondo: “si, ma io ero convinto di aver preso 30 non di essere bocciato, mi farebbe per cortesia vedere il compito?”.
La prof. si mette a fare un po’ di ricerche ed eccolo lì il mio foglio protocollo con la mia scrittura ma con pochi segni rossi. La prof. si mette a guardarlo, lo riguarda e mi dice: “Sa cosa le dico? Qui c’è stato un errore di impaginazione del web, perché lei ha preso davvero 30”. Quella prof. era una illuminata ma devi sapere che mi è capitato qualcosa del genere in un altro esame, del quale la prof. (un’altra) aveva perso il mio secondo foglio protocollo. Anche li guardo i risultati sul web e leggo: “bocciato”, mi prenoto e vado a fare il solito colloquio.
La prof. molto restia a farmi vedere il compito alla fine cede ed io mi rendo subito conto che manca un foglio. Le faccio presente che secondo me mi ha valutato su metà elaborato, dapprima si difende dicendomi che la mia le sembra una scusa, fino a quando non prendo il foglio e le faccio chiaramente capire che la frase in fondo all’ultima facciata non è completa… un disastro. Insomma l’aveva perso, secondo te cosa ha fatto? Mi ha detto: “mi spiace ma su quello che posso vedere al massimo posso darle 24″… siamo tutti esseri umani, soprattutto gli accademici!
La lezione più importante
E’ fondamentale che io ti dica che generalizzare dal mio caso è in un qualche modo sbagliato, perché in fondo ognuno di noi è diverso ma allo stesso tempo abbiamo tante cose in comune. Uno dei molti paradossi del nostro equilibrismo psicologico ma la verità è che io sono stato sicuramente fortunato, sono nato in un bel posto con persone che mi volevano bene, ho trascorso una bella infanzia ecc. Non solo, la fortuna più grande è stata quella di innamorarmi perdutamente della psicologia sin da adolescente e questo ha fatto sicuramente la differenza!
Partiamo tutti da punti diversi e non vorrei aver offeso nessuno raccontando la mia piccola “scalata alla laurea”, il mio intendo era quello di condividere le cose che ho appreso. La più importante di tutte però è ampiamente generalizzabile: “impariamo ad amare i processi e non i risultati”, di certo è molto semplice farlo quando amiamo qualcosa ma la verità è che tutto ciò che desideriamo portare avanti nel tempo necessità di continua linfa. Che tu abbia passione o meno la cosa più rilevante è cercare di dare il meglio di te in ciò che sei chiamato a fare mentre lo stai facendo… lo so suona strano vero?
In che senso mentre lo stai facendo? Nel senso che se riesci ad essere presente e accogliente con ciò che stai facendo succedono 3 cose molto interessanti: la prima è che ti passa meglio, so cosa stai pensando che è invece il contrario. Come quando per far passare il tempo cerchi di distrarti con musica o altro, non è vero fidati. Se hai letto o ascoltato questa puntata in modo distratto, prova a rifarlo con maggiore intenzione e scoprirai che il tempo ti “passa meglio”. Secondo vantaggio, se sei presente, ovviamente, impari qualcosa.
Non importa cosa tu stia facendo (o debba fare) ma se ci metti attenzione, intesa come presenza e un pizzico di dedizione, impari di più sotto ogni punto di vista. La ricerca ci dice che il nostro cervello è più plastico quando siamo presenti a ciò che stiamo facendo e ciò facilita nuovi apprendimenti. Infine il terzo vantaggio è quello forse più interessante per alcuni di voi: il fatto che se sei presente a ciò che fai capisci con molta più facilità se la via che stai percorrendo fa per te o meno. L’errore principale di chi cerca la passione e la spinta motivazionale è quello di farlo, prima di agire.
Penso ad un percorso e cerco di capire dentro di me se potrebbe andare bene o meno, ancora prima di aver fatto il primo passo mi lascio scoraggiare da decenni di giudizi negativi su me stesso. Vorrei fare lo psicologo, “si però se poi non riesco a passare gli esami di statistica”, pensavo anni fa, è del tutto normale. Il problema sorge quando a causa di tali pensieri non iniziamo il percorso, perché forse questo è l’errore peggiore di tutti, evitare di iniziare a fare esperienza.
Solo AGENDO possiamo capire se quella è la nostra strada… continuo a farlo, anche scrivere questo post è un agire verso la mia amata psicologia. E spero che questo racconto ti abbia fatto compagnia, ispirato e forse insegnato qualcosa di rilevante.
A presto
Genna