No, le neurodivergenze non sono una moda ma il fatto che da solo pochi anni abbiamo compreso il loro peso nel campo della psicologia crea spesso molte confusioni. Per questo motivo ho invitato il dott. Valerio Rosso, psichiatra e psicoterapeuta a raccontarci il cambiamento che negli ultimi tempi è stato creato da questo tema. Ascolta la puntata qui sotto e poi approfondisci con il resto del post… buona lettura:
NB. So che l’ADHD rientra nelle neurodivergenze, il titolo serve solo per far capire di cosa parliamo non è un abstract scientifico 😉
Ogni cervello è diverso
Così come è molto difficile trovare due esseri umani identici (anzi è impossibile anche tra i gemelli) allo stesso modo non esistono due cervelli che abbiano la stessa identica conformazione. Anche tra due gemelli che abbiano lo stesso patrimonio genetico (detti omozigoti) in realtà già nella pancia della madre, in base a dove gireranno “la testa”, avranno già un cervello leggermente diverso. A dare una direzione alla costruzione del nostro cervello concorrono diverse variabili ma le più importanti sono due: la genetica e l’ambiente. Sarà quest’ultimo a decretare l’espressione dei geni e l’unicità del nostro cervello, in base alle esperienze uniche che ognuno di noi compie.
Ecco il discorso difficile da affrontare: Le neurodivergenze sono normali differenze nel cervello tra le persone, cosa che detta in questo modo può far arrabbiare chi vive una problematica intensa di neurodiversità, che come tutte le qualità umane possono avere un ampio spettro. Ed andare da un funzionamento che rientra “nella norma” ad un funzionamento che esce anche di molto da tale distribuzione. Tali difficoltà appartengono al nostro neurosviluppo, in altre parole cresciamo con queste differenze che in alcuni casi possono essere compensate e/o raffinate durante la crescita e in altri casi no.
Come è risaputo le diagnosi (ed etichette cliniche) collegate a queste differenze sono l’ADHD, l’autismo la dislessia (ed alcuni disturbi specifici dell’apprendimento DSA) e altre problematiche cognitive. Ciò che abbiamo scoperto negli ultimi anni è che l’incidenza di tali differenze sulla popolazione è molto più ampia di quanto ci si aspetti, una questione che ha portato alla ribalta lo studio di queste tematiche. Come ho raccontato nell’intervista con Valerio, ai miei tempi ho studiato alcune di queste cose nel campo della psicologia dello sviluppo ma mai come psicoterapeuta.
Oggi sappiamo invece che tali differenze ci influenzano anche da adulti e questo ambito di ricerca ci ha aiutati parecchio a capire alcune cose. Come ad esempio che chi è impulsivo e distratto non abbia necessariamente un disturbo di personalità o che una persona che ha bisogno dei suoi spazi non ha un disturbo di ritiro sociale ma probabilmente una componente dello spettro autistico. A livello pratico per la gente potrebbe non contare nulla ad una prima occhiata ma in realtà costringe chi lavora nel campo della riabilitazione psichiatrica e della psicoterapia ad aggiornarsi e non poco!
A differenza di molte ipotesi del passato le neurodivergenze hanno prove molto solide, cioè abbiamo modificazioni del cervello che si possono osservare e anche altri marker specifici. Mentre al contrario per la maggior parte delle psicopatologie (non tutte) mancano questi aspetti e forse ti starai chiedendo cosa ti possa interessare un argomento del genere: vedi per anni nel campo della anti-psichiatria si è raccontato che problematiche come l’ADHD e alcuni DSA, fossero una sorta di invenzione di alcuni medici in combutta con le case farmaceutiche (complotto al quale ho creduto anche io per un certo periodo, quindi immagino di conseguenza che anche altre persone possano esserci cascate… magari non è così ;-)).
La crescita personale
Qui su Psinel non ci occupiamo solo di psicologia ma anche di come metterla in pratica, sembrerà assurdo a molti ma tanti aspetti delle caratteristiche della neurodivergenza influenzano i nostri percorsi di crescita personale. L’incapacità di pianificare in modo efficace, il procrastinare, l’essere costantemente attratti da cose superficiali piuttosto che dalle cose rilevanti, potrebbe non essere solo mancanza di strategie efficaci, ma di come è fatto il nostro cervello! Ciò significa che chi è neurodivergente non potrà mai fare queste cose? Assolutamente no ma una cosa è pensare di essere solo “poco abituati” a fare certe cose e un’altra è sapere che dipende da altro!
Non è dunque una scusa per giustificare gli obiettivi mancati o, ancora peggio, per giustificare comportamenti sgradevoli che possiamo avere avuto con le altre persone. Ma è un modo per spiegare come mai, certe cose che ad alcuni sembrano molto facili, per altri non le sono affatto. E molte volte queste cose rientrano a pieno titolo nel campo della nostra cara crescita personale o come ci piace chiamarla su Psinel, la nostra realizzazione personale. Sembrerà assurdo ma un campo molto più legato ai temi della neurobiologia ci sta mostrando una cosa super interessante:
La maggior parte dei metodi (quelli veri ed efficaci) della crescita personale allenano proprio quelle parti del cervello che di solito sono “diverse” nelle neurodivergenze. Parti del cervello che in realtà tutti dovremmo tenere allenate, perché si in realtà il nostro caro ammasso di neuroni funziona come tutto il resto del corpo: se lo usi poco tenderà ad andare in risparmio, se non lo usi affatto (cosa molto difficile) rischi addirittura di perderlo. L’aspetto interessante per chi come me studia da anni queste cose è stato il fatto che tali scoperte arrivino più dallo studio dei bambini e degli anziani, i due punti di inizio e fine vita.
Nei bambini perché come già detto si tratta di problematiche del neurosviluppo, avvengono fin dalla tenera età e hanno molto a che fare con il cocktail di ambiente e genetica classico. Quindi è in questa età che si vede con maggiore intensità la differenza nel funzionamento tra individui, e non è una cosa scontata dato che il nostro cervello termina il proprio percorso di sviluppo molto più tardi (circa 25 anni). Allo stesso modo, alcune di quelle funzioni (alcune dette esecutive) sono proprio le stesse che con l’avanzare dell’età tendiamo a perdere: la memoria, l’attenzione, la capacità di inibire alcuni impulsi ecc.
Ti ho detto molte volte che per me, gli aspetti mentali della crescita personale, sono una sorta di riassunto pratico della psicologia (a volte buono a volte meno buono). Negli ultimi anni con il tema del lifestyle, cioè mangiare bene, allenarsi e prendersi cura non solo della mente ma anche del corpo, c’è stata un cambiamento nel termine di crescita personale, che si è allargato e giustamente. Insomma prenderci cura di noi è crescita personale e il mondo del benessere sta finalmente aprendo la porta sempre di più agli aspetti scientifici (si perché di solito non è così, se non mi credi fatti un giro ad una qualsiasi fiera del benessere, sarà anche la fiera delle pseudo-scienze).
Il mio incontro con le neurodivergenze
Come avrai ascoltato dalla chiacchierata con il dott. Valerio Rosso è stato lui ad accendermi l’interesse in questo ambito, non è stato facile dover aggiornare il mio modo di vedere alcune cose, ma in realtà il terreno era pronto. Si perché già qualche anno fa ero entrato in contatto con una serie di studi e di interventi che utilizzavano la meditazione per i problemi legati all’ADHD, la quale come molti sanno, sembra essere proprio il contrario della mindfulness. Si tratta infatti di un problema di disregolazione della attenzione che conduce ad iperattività ed impulsività.
In realtà volevo parlare apertamente di questo tema nel mio primo libro “Facci Caso” ma non conoscevo ancora Valerio, quindi non avevo un buon interlocutore con il quale riuscire a mettere insieme le cose. Sì perché non solo noi psicologi siamo rimasti indietro su questo tema ma anche gli psichiatri e parlare con loro non è poi così semplice per chi fa il mio mestiere, per questo sono infinitamente grado di aver incontrato il dott. Rosso. Approfondendo nel tempo ho scoperto che diverse persone che hanno seguito MMA (il nostro Master in Meditazione Avanzata) erano state diagnostica ADHD e ne hanno tratto grandi benefici.
Insomma come tutti gli incontri è sempre l’insieme di molte cose, i primi tempi temevo di parlare di questi temi su Psinel, perché devi sapere che un tempo c’era una sorta di netta distinzione: o parli di salute mentale o parli di crescita personale. Oggi mi pare che questa distinzione si sia, fortunatamente per tutti, decisamente assottigliata. Dico fortunatamente perché è del tutto normale che una persona che si occupa di benessere sia interessata alla crescita personale ma non è altrettanto vero il contrario. Chi parla di crescita personale tende a minimizzare gli aspetti di salute perché teme di sconfinare in reami che non conosce o che non gli sono formalmente consentiti.
Questa faccenda negli ultimi anni ha creato una deriva di cui sono certo ti sei reso conto da solo/a: il fatto che se vai a vedere una fiera del benessere ci trovi dentro un buon 80% di fuffa e pseudo-scienze. Perché? Perché chi si occupa di questi ambiti non è di solito un vero professionista (psicologo, medico, farmacista ecc.) e la questione è ancora più arzigogolata, perché sarebbe quasi da pensare che sia una questione di ignoranza ma non è solo così. E’ anche questione di leggi, se infatti un medico, uno psicologo o qualsiasi altro vero professionista si mettono a proporre rimedi non validati rischia di essere richiamato o espulso dal proprio Albo di riferimento.
Non sto dicendo che sia totalmente giusto, di certo esistono delle sfumature ed infatti ci sono anche professionisti che indicano rimedi di confine. Tuttavia nessun non professionista oggi si sognerebbe di parlare di cose come le neurodivergenze, a meno che non ne abbia un’esperienza diretta, cosa che capita spesso oggi sui social, dove persone neurodivergenti raccontano la propria vita. Insomma per quanto alcuni siano convinti si tratti di un complotto delle case farmaceutiche in realtà le neurodivergenze ci stanno mostrando che alcune sfumature del nostro comportamento non sono frutto di disordini mentali ma di funzionamento.
Nella storia
Oggi dobbiamo capire come includere questi tipi di funzionamento nel nostro modo di concepire noi stessi e gli altri, un po’ come è accaduto nella storia per le diagnosi di epilessia. Non so se lo sai ma per millenni gli epilettici sono stati visti come posseduti dal demonio, streghe, figli del male ecc. Allontanati, ostracizzati e spesso uccisi per mantenere l’ordine pubblico, ci sono diari di persone che sapevano di avere un male del genere e hanno passato l’intera vista a nascondersi. Così come figli di re ed imperatori che potevano dimostrare sintomi del genere, per millenni abbiamo pensato che fosse il segno di qualcosa di negativo.
Certo nel corso della storia ci sono state anche persone convinte che gli epilettici e altri disturbi simili, fossero persone speciali, inviate dal signore, persone che potevano profetizzare il futuro ecc. Ma sono state società davvero piccole e limitate rispetto a quelle che hanno visto in queste manifestazioni neurologiche segni della presenza del male sulla terra. La stessa cosa accade oggi per le psicopatologie per i crimini, siamo pronti a scommettere che i peggiori crimini siano una questione di salute mentale (e di certo alcuni lo sono) ma in generale chi soffre di una qualche problematica psicologica o psichiatrica non è maggiormente portata a delinquere delle persone in generale.
Mentre solo 30 anni fa dire ad un amico che si soffriva di ansia era quasi come dirle che si era affetti da una grave malattia congenita del cervello, oggi chiunque ti racconta che soffre d’ansia, che prende le gocce o che sta seguendo una psicoterapia. Per lo meno nella maggior parte del mondo avanzato le cose stanno andando così, anzi è diventata quasi una moda dire “scusami ma ho l’ansia”. Mentre un tempo tale parola era sinonimo di ospedale psichiatrico, camicia di forza, psicofarmaci che ti inebetiscono a vita, oggi è segnale di un problema transitorio, comune e trattabile.
Da sempre la salute mentale ha avuto un ruolo particolare, da sempre ha avuto il peso dello stigma. Cosa che accade anche in altre forme pesanti di patologia, come quando si ha un ritardo, oppure una distrofia muscolare ecc. Lo stesso vale per i tumori, cioè ogni patologia molto pesante, che cambia la nostra vita e il nostro modo di rapportarci agli altri può creare uno stigma che fa si che la gente si comporti in modo diverso nei nostri confronti. La differenza ancora oggi consiste in due parametri: la severità del disturbo e la sua reversibilità.
Quando una persona ha un problema che le impedisce di fare molte cose, da uno stato di abilità totale, questo può generare non pochi problemi di stigma. Infatti sono bravissime quelle persone che, come il mio amico Fabio (se hai letto Facci Caso lo ricorderai), che dopo un incidente che a 18 anni lo ha reso paralitico, si è da sempre dato una spinta personale per tornare a vivere a pieno la propria esistenza (che purtroppo si è conclusa qualche anno fa a causa di una complicazione). Tuttavia non tutti riescono in questa impresa, tale distanza e stigma avevano una sorta di senso fino a qualche secolo fa… oggi è ora di dire basta!
Se qualche millennio fa ti fossi fermato a prenderti eccessivamente cura di ogni persona disabile avresti rischiato. Anche se abbiamo prove che milioni di anni fa i nostri più antichi antenati si prendessero cura di chi stava male (abbiamo ossa di una donna con un’anca distrutta che è stata trasportata per chilometri dalla sua tribù nomade) da quando ci siamo stanziati e nei momenti di carestia erano le prime ad essere abbandonate. Dato che non sapevamo nulla delle patologie ne avevamo anche paura, non sapevamo ad esempio se quei problemi si trasmettessero in un qualche modo ecc.
Insomma alla luce del fatto che tutti nella vita possiamo incontrare piccoli o grandi problemi, del fatto che i nostri cervelli sono costitutivamente tutti diversi e che alcuni di essi lo sono un po’ di più, dovremmo iniziare ad immaginare un mondo dove le questioni di salute mentale (e anche le patologie gravi ed irreversibili) vengano viste come condizioni del genere umano. Così come la è la vecchiaia, così come lo sono molte altre condizioni umane che stiamo imparando a riconoscere ed accogliere. Per un mondo migliore!
A presto
Genna