“Come comunicare con il nostro inconscio“? Questa è una delle domande che mi ponete più spesso, molti di noi sono affascinati dall’idea di scoprire meglio se stessi, altri credono che dentro questo “luogo” vi sia la nostra vera essenza da scoprire. Il nostro inconscio è davvero una sorta di entità interiore che possiamo contattare? Buon ascolto…

Inconscio processo di base della mente

Se hai ascoltato questa puntata dedicata al “vero potere dell’inconscio” allora quasi sicuramente saprai che questo non è un luogo ma un processo. Non solo, si tratta del processo che fa funzionare tutto il resto, la cosa è davvero semplice da comprendere quando ci rivolgiamo ai nostri aspetti biologici, infatti la maggior parte di essi avviene al di là della nostra consapevolezza.

Ma anche solo una rapida disamina cognitiva di ciò che conosci ti dimostra che l’inconscio è un processo. Cioè se in questo momento ti chiedessi di dirmi in 5 minuti i nomi dei tuoi compagni di classe delle scuole elementari forse non riusciresti a ricordarli tutti. Ma man mano che ci pensi, via via che torni su quei ricordi potrebbero lentamente riaffiorarne altri, sino a ricordare cose che non ricordavi.

In altre parole diventiamo consapevoli solo di un pezzettino alla volta sia di ciò che è fuori di noi, questo è ancora più semplice da dimostrare (sempre partendo dai nostri limiti fisiologici), e allo stesso tempo possiamo diventare consapevoli di ciò che abbiamo dentro, ma sempre un pezzetto alla volta. Cioè dove riusciamo a dirigere il nostro “focus attenzionale”.

Come descritto molte volte siamo come una sorta di auto che nella notte illumina il percorso davanti a se, e che a volte pensa che tutta la realtà sia composta solo da ciò che riesce ad illuminare. Fuor di metafora possiamo avere accesso a noi stessi a livello consapevole solo “un pezzetto per volta”, la cosa interessante è che non ce ne accorgiamo affatto.

Esattamente come non ci accorgiamo di ricostruire le immagini del mondo che osserviamo, dandoci come l’idea di un film coerente e senza sbavature, allo stesso tempo ciò che percepiamo come nostra interiorità ci sembra essere tutta lì, bella ed intatta e soprattutto a nostra completa disposizione. Ed è questa “illusione generale” a convincerci che l’inconscio sia qualcosa di inaccessibile.

Ricostruzioni mentali

Se c’è una cosa che fa strabuzzare gli occhi dei giovani studenti di Psicologia è proprio la scoperta di quanto il nostro cervello ricostruisca la realtà che ci circonda. Uno degli esempi che mi piace fare è quello legato ai suoni e alle distanze: noi normalmente quando andiamo a teatro vediamo l’attore che si muove in coerenza con i suoni che produce. In altre parole, se sta parlando non ci sembra di vederlo con un leggero ritardo.

Ma in realtà, come sappiamo per esperienza quando ci sono i temporali, il suono è molto più lento della luce dunque, man mano che ci allontaniamo dal palcoscenico dovremmo avvertire una sorta di ritardo tra le parole ed il movimento degli attori, ma così non è. E’ il nostro cervello che aggiusta le cose, ci sono in giro dei video che dimostrano che invece una video camera non riesce a fare altrettanto e spesso nei film devono sincronizzare suoni e luci.

Secondo Nick Charter la nostra mente sarebbe una sorta di ricostruzione simile alle illusioni ottiche, anzi lui dice simile ad un arcobaleno: da lontano ci sembra di vederlo bello definito, ne vediamo gli estremi da una parte e l’altra, ma se ci mettessimo in macchina nel tentativo di raggiungere uno degli apici non lo raggiungeremo mai, perché via via che ci avviciniamo la sua prospettiva cambia.

Ecco secondo questo collega che ha scritto un libro dal titolo iconico, “La mente è piatta”, pensare di avere delle profondità inconsce ed incommensurabili sarebbe una sorta di “illusione ottica” data dalla limitatezza dei sensi unita alla nostra economia cognitiva. Dobbiamo risparmiare energia e per tale motivo vediamo forme ben distinte e coerenti quando queste non sono in realtà presenti ma sono costruite dal nostro cervello.

Se ci pensi fai la stessa cosa con le storie che ti raccontano, anche se ti danno pochi elementi riesci a costruire una sorta di narrazione coerente, anzi non puoi fare a meno di farlo. Se qualcuno ti dice: “ieri sera ci sono stati un sacco di tafferugli in quel locale”, anche se hai poche informazioni riesci comunque a costruire una sorta di quadretto della situazione, anche se tale visione è spesso lontanissima dalla realtà.

Illuminiamo le cose

Immagina di risvegliarti in un luogo completamente buio, accanto a te hai una piccola torcia, la prendi ed inizi ad esplorare ciò che hai attorno. Meno conosci quel luogo e più sarai guardingo, cioè non ti fiderai delle parti che lasci in ombra e ne sarai particolarmente cosciente, se la stessa cosa accadesse a casa tua, una volta riconosciuto di essere in cucina non avresti sicuramente la stessa angoscia.

Ora immaginiamo di essere al buio nel luogo sconosciuto, capiamo che è una stanza e vediamo che per terra è piena di vetri rotti, che facciamo? Dopo aver provato a chiedere aiuto, se vogliamo muoverci agevolmente in quel luogo dovremo ripulirlo da quei vetri. Quindi metterci lì con la nostra piccola luce e pezzo per pezzo cercare di pulire il possibile.

Questa operazione va fatta un pezzetto per volta, non puoi ripulire tutto di colpo perché non hai abbastanza luce per farlo e neanche abbastanza forza. Dovrai farlo un pezzetto alla volta e via via che pulirai le parti intorno a te ti sentirai sempre più libero di muoverti in quel luogo, anche se non riesci proprio ad illuminare tutto. Ti muovi con cautela e poco per volta ti senti sempre più a tuo agio perché bonifichi la zona un passo alla volta.

Dunque quando nel processo inconscio facciamo “pulizia” stiamo accorti a come ci muoviamo li dentro e possiamo farlo solo un passo alla volta. Immaginiamo invece di aprire gli occhi e scoprire di essere in una stanza molto grande nella quale sono cosparse qui e la banconote da 500 euro. Non possiamo vederle tutte insieme ma sappiamo che ci sono, come sarà il nostro comportamento? Simile a prima?

Probabilmente sarà molto più avventato, meno accorto di prima soprattutto se non abbiamo il tempo per analizzare tutta la stanza. La nostra esplorazione sembrerà completamente diversa e se non riuscissimo a trovare le banconote la nostra frustrazione sarebbe forse ancora più alta che il ritrovarsi sommersi da schegge vi vetro. Perché sapere di avere certe risorse a portata di mano ma non riuscire a coglierle o usarle è spesso più frustrante di sapere di avere dei limiti.

La ricerca

Sembra assurdo da pensare che dopo secoli di psicoanalisi e altre discipline del profondo a parlare davvero molto bene di come interagiscano conscio ed inconscio non siano state queste branche del sapere ma la più recente psicologia delle decisioni, a partire da Herbert Simon, passando per Daniel Kahneman e finendo con Richard Thaler. I quali, oltre ad occuparsi di processi decisionali come forse ricorderai sono titolari di un “premio Nobel a testa“.

Ciò non significa che non siano stati fatti studi sull’inconscio ce ne sono una miriade ma tutti sono riusciti più o meno ad arrivare a conclusioni simili: la nostra mente inconscia è il nostro funzionamento di base, essa funziona bene in situazioni di sopravvivenza (esattamente come ipotizzato da molti) ma per prendere decisioni complesse necessita sempre di una negoziazione razionale.

Insomma ci abbiamo messo un sacco a dimostrare che gli aspetti emotivi e psicologici incidono sulla nostra vita in modo più che rilevante, lo scopo di questa puntata non è sminuirne gli effetti ma evitare che le persone pensino che esistano pratiche “psicologiche inconsce” per vivere meglio senza saperlo, tornano a perpetrare il mito della bacchetta magica che ci affascina sempre e comunque.

Ricerca ed esperienza però ci dicono una cosa fondamentale: quando qualcosa non va essa è determinata spesso da una disregolazione nella fiducia nei nostri processi inconsci. Lascia che mi spieghi meglio: immagina di continuare a fare incidenti mentre parcheggi la tua auto, dopo un numero considerevole smetteresti di guidare o parcheggiare.

Sembra assurdo ma lo abbiamo visto più volte, si chiama “impotenza appresa” e può succedere a tutti. In pratica hai una competenza, la quale funziona in modo inconscio (perché l’hai ripetuta molte volte nel passato), ma un certo numero di fallimenti può farti credere di averla persa. Dunque perdi fiducia nel fatto di affidarti al tuo inconscio e aumentando il controllo, spesso peggioriamo le cose.

Disregolazione della fiducia inconscia

Quando metti controllo in qualcosa che è spontaneo lo blocchi, come l’esempio della descrizione della colazione che ti ho fatto più volte. Sarebbe come leggere queste parole cercando notare se ci sono più vocali o consonanti, ti accorgeresti che o leggi e comprendi, la qual cosa avviene in modo inconscio; oppure conti vocali e consonanti, la qual cosa richiede l’intervento della tua consapevolezza.

Questo meccanismo è stato spiegato brillantemente da Paul Watzlavich nella sua massima “guardarsi dentro rende ciechi”, il che significa che se provi ad osservare troppo da vicino i tuoi meccanismi inconsci li modifichi. Esattamente come quando inizi a praticare la meditazione del respiro e noti di influenzarlo invece di osservarlo. Anche di questo ne abbiamo parlato più volte, infatti la meditazione ha questo super potere…

La pratica meditativa ti consente di osservare questa linea di confine tra “controllo e automatismo”, quando mediti davvero bene riesci ad osservare il tuo respiro senza interferirvi o facendolo li meno possibile. Che è la stessa cosa che riesce a fare ad esempio, un musicista molto preparato: sa suonare in modo completamente spontaneo ma sa anche, se necessario, agire un eventuale controllo. Lo fai anche tu con l’auto, per la maggior parte del tempo la guida è inconscia, tranne quando non conosci la strada!

Perché invece di chiamarlo semplice “controllo” l’ho chiamata “disregolazione della fiducia”? Perché se ci pensi bene la fiducia cieca nelle nostre abilità non è sempre la strategia migliore, anzi gli autori che ho citato poco fa sono tutti concordi nel decretare che quando dobbiamo prendere decisioni importanti è necessario usare sia la parte inconscia che conscia (sistema 1 e 2). Purtroppo è un po’ vero il fatto che una cieca fiducia possa essere pericolosa.

La mia esperienza personale

Se hai visto la mia live dedicata al mio intervento al TEDx Lungarno Mediceo di certo ti ricorderai cosa è accaduto. Quando affermo che sono abituato a parlare dal vivo ti assicuro che è molto vero, ho iniziato da piccolo, la prima volta era dopo un mio concertino con gli amici a 13 anni, mi hanno messo davanti a più di 100 persone a raccontare barzellette perché il service non funzionava.

Non sapevo che sarebbe diventato un po’ il mio lavoro, ma ogni anno parlo davanti a platee che variano da poche decine di persone a migliaia di persone. E in particolare, proprio quest’anno ho fatto numerosi interventi dal vivo, ti posso assicurare che la mia ultima preoccupazione erano gli effetti delle emozioni sulla mia prestazione. Inoltre per il Ted x mi ero preparato tantissimo, cosa che solitamente abbassa ancora di più la mia emotività.

Non sono un cuor di leone, se mi porti sulle montagne russe mi spavento a morte, ma so stare su un palco molto bene. Eppure, ho sopravvalutato la mia gestione emotiva, uscendo la sera, bevendo e facendo le ore piccole, pur consapevole di essere tra i primi della mattina. Pensavo: “mi sono preparato, lo faccio per mestiere, sarà una passeggiata di salute”.

Ed invece, complice il fatto che mi scappasse un po’ la pipì ho evitato di bere tutta la mattina e sono salito sul palco, e come vedrai tra qualche giorno mi sono bloccato e ho dovuto chiedere dell’acqua. No, per fortuna non è stato un vero e proprio blocco ma ho semplicemente capito che se avessi continuato la mia salivazione si sarebbe azzerata del tutto e non avrei potuto proseguire il mio specch.

Oltre al fatto che d’ora in poi starò particolarmente attento, soprattutto quando l’evento è molto importante per me, starò particolarmente attento ai miei segnali di fiducia. Tutti mi hanno detto che quel puntino rosso (il tappeto del Ted) era super emozionante, ma sinceramente pensavo: “lo sarà stato per te, io sono un professionista del parlare in pubblico” ed invece mi sono auto-fregato (non del tutto per fortuna, non vedo l’ora che tu possa dirmi cosa ne pensi).

Dai credo di averti detto abbastanza anche se potrei scrivere un manuale su questo tema. Fammi sapere cosa ne pensi e se desideri sentire altre informazioni su questo topic.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.