Quando si inizia il percorso di studi in psicologia, tra le prime nozioni che si apprendono c’è proprio quella legata al tema della memoria. Un tema che può apparire come scontato, perché tutti sanno che cosa è la memoria ma che in realtà nasconde un mondo gigantesco…

Nella puntata di oggi vedremo uno degli effetti psicologici più famosi e studiati di sempre e cercheremo di capire perché è DAVVERO importante tenerlo a mente e, nel caso, sfruttarlo per i nostri fini. Buon ascolto:

La memoria

La memoria è una delle facoltà umane più studiate di tutti i tempi, abbiamo tratti sulla memoria che risalgono a millenni fa e ancora oggi ci sono interi laboratori dedicati. Ma non solo, fino a qualche tempo fa i termini di “memoria e mente” venivano spesso usati in modo intercambiabile.

Cosa significa “tenere a mente qualcosa”? Significa ricordarsela, averla presente e come abbiamo visto è un tema che percorre i millenni, non solo nella filosofia occidentale con i trattati di Cicerone su come usare le mnemotecniche durante i discorsi, ma anche in oriente.

Come abbiamo visto in molti episodi dedicati alla meditazione, il termine Sati che indica la consapevolezza nella lingua Pali (la lingua con la quale sono stati scritti i primi Canoni Bhuddisti) ma non solo quella, indica anche la “memoria di se” o il “ricordo di sè”.

Come vedi il tema del ricordo e della memoria è gigantesco, solo che quando lo studiamo tra le molte facoltà mentali ci sembra solo un “grande magazzino” che possiamo sfruttare più o meno in vario modo. Non è solo un magazzino è la nostra mente, è la parte che seleziona le inofrmazioni e molto molto altro.

In questi anni abbiamo visto che la memoria non è solo tutto quello che abbiamo visto ma è anche il magazzino delle nostre risorse, di ciò che abbiamo appreso e accumulato negli anni, delle nostre risorse cognitive quando invecchieremo… insomma la memoria “spacca” e andrebbe approfondita ancora e ancora.

L’effetto di posizione seriale (un pizzico di storia)

L’effetto di cui abbiamo parlato in puntata è stato scoperto da Hermann Ebbinghaus, uno dei grandi pionieri dello studio sperimentale della psicologia. Le sue ricerche sono in ogni capitolo di psicologia dedicato alla memoria.

Per me Ebbingaus è una sorta di mito, l’ho studiato come parte della storia della psicologia, per cui non sembra esserci nulla di particolare, sino a quando non ho letto un pezzetto della sua storia. Innanzi tutto la maggior parte dei suoi esperimenti li ha fatti su SE stesso!

Non solo, non era collegato ad alcun laboratorio ed ha svolto moltissimi esperimenti da privato e, in solitudine. Ovviamente ci si aspetterebbe una valanga di errori in una condotta del genere al giorno d’oggi, ed invece moltissime sue scoperte sulla memoria sono state verificate e valgono tutt’ora.

Una di queste è proprio l’effetto di cui stiamo parlando. Perché un mito per me? Se mi segui dagli albori di PsiNel sai che sono partito come una specie di sperimentatore e quindi mi sono identificato molto con il personaggio, anche se fortunatamente, non l’ho fatto “in solitudine”.

Rendere pratica la teoria

Se non sbaglio Gregory Bateson (o forse Kurt Lewin) affermava che non c’era niente di più pratico di una buona teoria, ed io sono pienamente d’accordo. Ma quando le molte teorie ci vengono presentate non sempre le loro applicazioni pratiche seguono tale ordine, anzi quasi sempre sono due discorsi separati.

Ma non solo, chi si occupa di scoprire tali fenomeni e di costruirci sopra delle teorie è spesso poco interessato all’aspetto pratico. Nel mondo della ricerca ci sono vari livelli (che in psicologia si confondono più che in altre discipline) tra ricerca di base, ricerca applicata, ricerca clinica ecc.

L’effetto di cui ci stiamo occupando l’ho studiato al primo anno di psicologia per l’esame di “generale” e poi l’ho ribeccato in altri 3 o 4 esami (io ne avevo 25 in tutto) ma solo a distanza di anni, quando ho iniziato ad approfondire i temi della comunicazione mi sono reso conto della forza di alcune scoperte.

La prima che ho iniziato ad analizzare è stato proprio il “prime”, del quale ho ipotizzato un funzionamento inconscio nel mio primo libro scritto nel 2006. Questo non è per dirti: “guarda come sono bravo” ma è per dirti “guarda che questi collegamenti fanno parte del modus operandi di PsiNel”.

E mi piacerebbe farlo sapere a tutte le persone che si approcciano a questo progetto, soprattutto a chi ama la psicologia, magari l’ha studiacchiata qui e la ma non ne mai riuscito a metterla davvero in pratica. Ecco che questa semplice puntata di oggi può essere un ottimo spunto per una sua efficace applicazione.

Effetto primacy e recency

Durante uno dei molti tirocini che ho dovuto seguire per fare il mio mestiere ho aiutato un professore a costruire una sorta di esperimento che dimostrasse una cosa molto particolare: che l’effetto di cui parliamo oggi può essere vinto solo da una cosa, qualcosa che non ho accennato nella puntata.

Se le informazioni contenute al centro sono rilevanti per noi esse verranno ricordate altrettanto bene di quelle presenti alla fine o all’inizio della lista. Si, mi sono dimenticato di sottolineare questo passaggio, ma che vuoi farci non sempre ricordo tutto, ecco perché scrivo questi approfondimenti.

Nel nostro esperimento usavamo alcuni marchi noti di pasta, come puoi immaginare alcuni di essi sono significativamente più noti di altri. Ecco, se questi li metti nel mezzo vengono comunque ricordati, perché in un qualche modo vengono riconosciuti con maggiore facilità… anche se potremmo discuterne!

Cioè, è chiaro che i marchi più noti saltino agli occhi ma è anche chiaro che quella marche “devono esserci”. E’ un po’ come se ti dicessi che tra poco ti farò vedere una serie di marchi di auto italiane e tu ti aspettassi necessariamente di trovarci dentro “la Fiat, la Ferrari, la Maserati” ecc.

In pratica esiste un prime ancora prima di aver guardato quella serie, sapere che tra poco ti presenterò una serie di montagne italiane già ti porta ad attenere che ci sia “il Monte Bianco” e, quando appare, per te è ancora più facile individuarlo.

Memoria e cuore

Nel nostro linguaggio spesso troviamo tracce del passato e in inglese dire “so una cosa a memoria” si dice “la so con il cuore” (by heart) il che la dice lunga sull’importanza di questa funzione. Cioè per anni è stata identificata con “il cuore” che è ancora oggi un organo di tutto rispetto, direi subito dopo il cervello.

Insomma la parcellizzazione della conoscenza ci porta a dover suddividere le facoltà mentali in vari scompartimenti e nel fare tale operazione ci dimentichiamo quanto spesso tutte queste cose siano collegate tra di loro. Non si può parlare di cognizione senza parlare di memoria, senza parlare di attenzione, senza parlare di X (metti il tema psicologico che più ti piace).

Ed eccomi da studioso della psicologia e amante delle teorie solide, perché questa che ti ho appena presentato è solidissima, voglio usare queste ricerche per dare strumenti pratici alla gente. Strumenti che sono replicabili e possano aiutare il prossimo non solo migliorando la propria vita ma anche quella degli altri.

Continuiamo questa chiacchierata con altre applicazioni mirabolanti degli effetti di memoria, nel nostro Qde e nel video che trovi qui sotto:

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.