Conosci qualcuno che fa fatica a “lasciar andare“? Sembra una roba semi mistica ma è molto più concreta di quanto possa sembrare. Quando ce la prendiamo restiamo letteralmente incastrati all’interno di processi di pensiero non funzionali. Chi più e chi meno, tutti possiamo incastrarci in processi del genere, soprattutto quando le questioni ci toccano da vicino. Lasciar andare è una vera e propria abilità che oggi torneremo ad allenare…

Lasciar andare

Questo è un tema di cui parliamo da anni, l’episodio più fortunato è questo, il 293 del 2019 il quale aveva un sottotitolo molto interessante: “Mollare la presa può essere molto più piacevole di quanto si immagini“. Con il termine lasciar andare abbiamo un duplice problema, da un lato la gente crede che sia da deboli perché lo confonde con il non intraprendere le azioni necessarie per raggiungere i propri obiettivi. E dall’altro lato è vero che la nostra società ha dei problemi del genere, con la costanza, con la tenacia con il perseguimento degli obiettivi e purtroppo uno dei problemi più rilevante è il “mollare”.

Ma spero sia chiaro che in questo contesto il “mollare” non si riferisce allo smettere di perseguire i propri obiettivi, anzi è quasi l’opposto: impariamo a mollare quei pensieri, emozioni e situazioni che in realtà ci allontanano dai nostri propositi. Esattamente come abbiamo visto in questo recente episodio dedicato al coraggio, lasciar andare è un’abilità del tutto analoga a quel tema e soprattutto a quel modo di vedere il nostro agire. Nello specifico qui parliamo di scoprire come e quanto siamo capaci di mollare le ipotesi che non ci portano dove vogliamo andare, che si presentano per farci procrastinare, che ci difendono dalle sensazioni negative.

Per riuscire a lasciar andare, esattamente come per il coraggio, è necessario sapere che non siamo molto bravi a farlo perché spesso facendolo andremo incontro a sensazioni spiacevoli. Ma in questo caso possono accadere diversi paradossi che è bene sottolineare: per prima cosa più un contenuto interno è carico emotivamente e meno siamo bravi a lasciarlo andare. Che tale emozione sia positiva o negativa, anzi è proprio nel caso delle negative che ci si appiccica addosso, perché? Per motivi evolutivi, infatti i ricordi belli sono piacevoli ma non contribuiscono più di tanto alla nostra sopravvivenza, quelli brutti invece (e purtroppo) si!

Il caso del trauma è paradigmatico: le persone che hanno subito traumi intensi sanno quanto è difficile smetterla di pensare in modo ossessivo a quella situazione. Sanno perfettamente che continuare a farlo non le aiuterà ma hanno diverse resistenze che è bene osservare, dato che in realtà accomunano anche il modo normale di evitare di lasciar andare. Per prima cosa si crede che se si smetterà di pensare a quell’evento negativo esso non verrà elaborato, digerito, dalla nostra mente. Si pensa che per apprendere davvero la lezione (nel caso sia stato un errore ad esempio) sia necessario crogiolarsi nel dolore per imparare davvero. Si crede che solo pensandoci tanto tanto si risolverà.

Queste credenze non sono fasulle ma dipende in quale contesto le osserviamo. Nel caso del trauma questo continua a presentarsi perché ha realmente bisogno di spazio, cerca una dimensione per essere rivisto ed elaborato. Nel caso di emozioni sociali come il senso di colpa e la vergogna, ripensare di continuo a certe cose può essere utile per capire cosa abbiamo sbagliato e come possiamo migliorare o rimediare. Mi riferisco al trauma non perché voglia patologizzare le cose ma perché lo studiamo da anni e conosciamo il suo funzionamento molto meglio di come conosciamo i meccanismi “normali di funzionamento”.

La memoria

A cosa serve la memoria? Domandona quasi esistenziale se ci pensiamo bene, la memoria è qualcosa di ultra affascinante ed infatti ci abbiamo dedicato un bel po’ di tempo. Per dare una risposta semplice: serve per immagazzinare informazioni, le quali ci servono per muoverci adeguatamente nel mondo (e non solo, anche per creare un senso di “Sè”). Ad un livello di astrazione più alto lo scopo della memoria è massimizzare la nostra sopravvivenza attraverso vari meccanismi tra i quali l’imperativo biologico: migliorare costantemente l’allocazione dell’energia.

Sì è sempre la solita solfa (per chi mi segue), la memoria ci aiuta a risparmiare energia, consentendoci di evitare di dover imparare le cose da zero. E come sappiamo è a causa di questa sua tendenza, per noi salva vita, che però cadiamo nei famosi bias e finiamo per incastrarci nei nostri stessi schemi mentali. Questo stesso meccanismo può renderci difficile il “lasciar andare” di cui stiamo parlando in questo episodio, il funzionamento della memoria ci aiuta a capire perché ci viene più facile aggiungere piuttosto che togliere. Facciamo un piccolo esperimento, quanto fa 15 + 15?

Sicuramente avrai risposto 30, adesso se vuoi distogli lo sguardo dallo schermo e prova a dimenticare per un istante questa operazione. Dimentica il numero, dimentica la somma, insomma prova a fare questo esperimento!

Se lo hai fatto avrai di certo notato che il modo migliore per riuscirci è pensare ad altro o addirittura aggiungere altro. Se iniziassi a farti fare molte altre operazioni, diciamo almeno una ventina, probabilmente al termine non avresti più in mente la prima. Del resto è stato lo stesso Kanheman a dire al mondo che temiamo le perdite (più dei guadagni) e forse lo stesso vale anche per il “lasciar andare”, preferiamo aggiungere e distrarci piuttosto che lasciar scorrere. Questo significa dunque che per lasciar andare sia necessario distrarsi? Bè in certi casi sì, l’importante è che la “distrazione” sia in realtà ciò che vogliamo fare. Lascia che ti faccia un esempio.

Ti scopri ad essere preso dai pensieri spiacevoli, ma non riesci proprio a lasciarli andare. In quel momento allora ti fermi un attimo e pensi a questa domanda: “cosa sto facendo adesso? Cosa stavo facendo prima di incastrarmi in quel pensiero e cosa c’è in questo momento da fare?“. Se sei abituato a porti la nostra domanda magica (“Che cosa è davvero importante per me in questo momento”) sicuramente avrai afferrato cosa sto cercando di trasmettere con questo nuovo episodio sul lasciar andare. Queste domande essenzialmente ti distraggono dai pensieri precedenti e possono esserci utili quando sono i pensieri la distrazione da ciò che è rilevante.

In altre parole lasciar andare significa saper mettere da parte ciò che non è importante in questo momento per concentrarci su ciò che invece lo è. Non si tratta di una tecnica per i pensieri intrusivi, anche se l’abilità di base è la stessa ma ci tengo a sottolineare che è qualcosa di utile per chiunque, perché tutti tendiamo ad incastrarci nei pensieri. Qui su Psinel per “pensieri” intendiamo i contenuti interiori, quindi non solo il dialogo interno (quello che tutti identifichiamo come pensiero) ma anche immagini, sensazioni ed emozioni. Sono tutti contenuti della nostra mente, per approfondire questo punto di vista si veda il lavoro di Antonio Damasio e quello della ACT (la terapia dell’accettazione e dell’impegno).

Qualcosa che facciamo sempre

In questo preciso momento, per riuscire a comprendere queste parole devi porci sopra la tua attenzione e per farlo è necessario saper allontanare e mettere da parte piccole e grandi distrazioni. Tra le più grossolane abbiamo di certo le distrazioni esterne: i suoni del traffico, dei vicini, la quantità di luce, la comodità della tua posizione ecc. Questi fattori possono essere da molto piccoli a molto grandi, in grado cioè di interrompere la tua lettura o rovinarla a tal punto da farti faticare più del solito. Queste distrazioni non sono molto rilevanti, so che può sembrare strano ciò che sto affermando dato che ho appena detto che possono interromperti o rovinare la qualità della tua attenzione.

Tuttavia è facile capire che se vogliamo leggere in santa pace sarà bene assumere una certa posizione fisica. Sederci comodamente e magari in un luogo non troppo rumoroso, magari spegnendo la suoneria del cellulare ecc. E’ qualcosa che facciamo ogni giorno, spesso senza saperlo quando dobbiamo effettuare un parcheggio impegnativo con l’auto e magari abbiamo lo stereo “a palla”, hai presente? Cosa fai? Di solito abbassi il volume, perché? Perché quel suono influisce sulle tue abilità motorie. Non stai lì a dire a te stesso: “adesso abbasso il suono perché sta interferendo con le mie abilità motorie” ma semplicemente abbassi il volume e parcheggi meglio.

Ecco le distrazioni esterne si possono gestire molto bene, non sempre ma di solito abbiamo un ampio margine di manovra nei loro confronti. La stessa cosa non possiamo affermarla per le distrazioni interiori, cosa che chi segue il mio lavoro conosce molto bene, ci ho scritto un libro “Facci Caso“. Sono proprio questo tipo di distrazioni a darci maggiore filo da torcere, così come per l’auto non ci rendiamo conto di abbassare il volume della radio in momenti impegnativi, facciamo la stessa identica cosa con le distrazioni interne. Un esempio comune è quando siamo in metro o su qualche mezzo pubblico, siamo immersi nei nostri pensieri e di colpo ci rendiamo conto di essere vicini a dove dobbiamo fermarci, ecco che di colpo usciamo dai nostri pensieri per concentrarci sulla realtà esterna.

Sembra una roba alla matrix vero? (citazione da boomer) “Usciamo dai nostri pensieri” eppure facciamo esattamente così senza rendercene conto. Secondo diversi studi noi passiamo quasi la metà del tempo immersi tra i nostri pensieri, quindi immagina quanto siamo bravi a metterli da parte per vivere la nostra vita quotidianamente. Tuttavia, esattamente come per le distrazioni esterne, non ci accorgiamo di tali interferenze sino a quando non superano una certa soglia: non ti accorgi di essere preoccupato per l’incontro della settimana prossima fino a quando non ti rendi conto che quel pensiero continua a venire fuori in situazioni inappropriate.

Ma mentre siamo molto bravi a capire quasi istintivamente che è bene abbassare il volume dell’auto non riusciamo a fare altrettanto con i “rumori della mente”. Le motivazioni per questo fenomeno sono molte ma la principale è legata al fatto che, molto probabilmente si tratta di un problema moderno. Come ti ho raccontato nel mio libro dubito che i nostri antenati avessero meno da fare di noi, tuttavia ciò che facevano era sicuramente molto meno mentale di ciò che siamo chiamati a fare oggi. Nella società moderna la maggior parte dei problemi di solo 3 secoli fa non esistono più: procacciarsi il cibo, difendersi dagli attacchi mortali dei nemici ecc.

Lasciar andare non significa solo saper mollare la presa

Di certo l’immagine più efficace del lasciar andare è proprio quella del lasciare la presa, di riuscire a notare il tira e molla nei quali molto spesso ci troviamo invischiati per “lasciarli andare”. Ed è tra l’altro uno degli esercizi più appaganti che si possano svolgere: cioè quando riesci a renderti conto di essere preda di due parti di te in conflitto, come nella rappresentazione classica del diavoletto e dell’angioletto sulla spalla, si prova un rilascio emotivo immediato. Tuttavia non ci piace, perché come abbiamo già ampiamente argomentato, ci sembra che la soluzione derivi da un continuo dialogo tra queste due parti in contrapposizione.

Siamo talmente stregati dal pensiero da essere convinti che l’unico modo per riuscire ad usarlo efficacemente sia di continuare a pensare con maggiore intensità, ed invece non è così. Il pensiero è una funzione che ci aiuta a fare le cose, non siamo noi stessi e quando confondiamo questi due piani arriva una rigidità psicologica che può condurre anche a gravi problemi. Ripetiamo: se conosci il lavoro di Psinel di certo sai queste cose ma in caso non lo conoscessi ti invito a recuperare le vecchie puntate e ovviamente a leggere i miei 2 libri che spiegano oltre 10 anni di ricerche in questo campo.

Ma ecco il dato interessante che voglio sottolineare: così come lasciar andare sta diventando una abilità sempre più preziosa lo stesso vale per il suo opposto, “il non mollare“. E forse apparirà banale ma la capacità di lasciar andare, essendo speculare a quella del resistere, ne fa pienamente parte. Per riuscire a continuare a leggere queste parole devi mettere da parte le distrazioni e quindi “lasciar andare”, cioè per perseguire nel tuo intento di lettura devi saper lasciar andare. Non so se riesco a spiegare con abbastanza incisività la bellezza di questo sistema che in realtà ci allena in entrambe le direzioni: quella del “let it go” e quella del “never give up”.

Com’è possibile che sia la stessa abilità? Non è propriamente la stessa perché l’abilità di fondo è un’altra ed è la nostra cara consapevolezza nella sua accezione specifica della meta-cognizione, la capacità di osservare cosa ci passa per la mente. Se non ti accorgi di avere un pensiero che continua a portarti lontano dalla lettura di questo post non riuscirai mai a metterlo da parte e proseguire. Cioè non riuscirai né a lasciar andare e né a proseguire nel modo più efficace ed efficiente possibile. Attenzione però perché non sto affermando che sia necessario un continuo monitoraggio della mente per riuscirci perché anche questo inficia le prestazioni.

Per questo motivo il modo migliore di esercitare la capacità di lasciar andare è quello di farlo con un training, ed il migliore indovina quale è? Esatto la nostra cara meditazione di consapevolezza la quale ti aiuta proprio a stabilire un equilibrio nelle tue capacità di monitoraggio della mente e quindi delle eventuali distrazioni dai tuoi obiettivi e dai tuoi valori. Insomma si tratta di qualcosa che può essere allenato tantissimo, soprattutto se non ci hai mai provato intenzionalmente… come diceva una vecchia pubblicità: provare per credere o ancora meglio: agire per capire e non il contrario.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.