Tutti conosciamo il fenomeno: arriva una bella notifica, qualcuno ci ha mandato un messaggio, cerchiamo di sbirciare l’anteprima e subito dopo scatta una domanda.

E’ bene rispondere subito o tra un po’? La persona in questione si offenderà se non rispondo immediatamente? Una valanga di dubbi che sembrano con noi da sempre ma che in realtà hanno “hanno meno di 10 anni”.

Oggi affrontiamo questo tema dal punto di vista della psicologia… buon ascolto:

La fretta è cattiva consigliera

Lo sappiamo tutti “la fretta è una cattiva consigliera” eppure viviamo immersi in un mondo digitale che ha come massima espressione proprio la velocità. A quanto pare le persone non sono mai state così impazienti come oggi.

Non impazienti in tutto ma poco pazienti con il digitale: solo 10 anni fa il tempo di caricamento di un sito web era circa il doppio. Qualsiasi operazione sul web ha come minimo triplicato la propria velocità negli ultimi decenni.

Le persone arrivano su un sito, ci stanno circa 3 secondi prima di decidere se fa al caso loro. Ovviamente si tratta di una decisione presa “con la pancia” per non dire altri apparati biologici, perché è chiaro che in 3 secondi è impossibile valutare, eppure lo facciamo di continuo.

Anche tu, se in questo momento mi stai leggendo significa che hai superato quella soglia dei primi secondi. La tecnologia funziona così da sempre, ha reso le nostre vite più comode e anche più rapide, e come sappiamo tutto questo ha vantaggi e svantaggi.

Vantaggi e svantaggi sfruttano le debolezze del nostro cervello, da un lato siamo pigri ed amiamo avere “tutto e subito” e dall’altro tale pigrizia è il segnale di un cervello antico che non si è ancora del tutto aggiornato a tali velocità.

La tecnologia ci rende impazienti in tutto?

Alcuni studi molto interessanti dimostrano che in realtà non è proprio vero che la tecnologia ci renda impazienti in tutto. Di certo lo siamo molto meno di un tempo dove tutto era un’attesa: quando sono arrivato all’Università da un piccolo paesino me ne sono accorto subito.

Appena giunto a Padova una delle cose che ho immediatamente notato è stato che per fare azioni quotidiane dovevo fare la “fila”, e non c’era ancora il coronavirus 😉 Per andare in mensa, coda; per entrare in aula, coda e avanti così.

Uno degli esperimenti più famosi nel campo della psicologia è quello dei marshmallow:

Come hai visto i bambini ai quali è stato detto: “questo dolcetto è per te, se mi aspetti qualche istante prima di mangiarlo ne avrai 2”. Ciò che hai visto non è l’esperimento originale di Walter Mischel ma è molto simile e anche in questo caso i bambini fanno fatica a dilazionare il piacere.

Tuttavia alcuni recenti studi hanno dimostrato che i bambini di oggi sono leggermente più bravi a dilazionarlo, gli autori dicono perché si tratta di periodi storici diversi. Oggi tutti abbiamo accesso ai dolci mentre quando fu proposto il primo esperimento non erano così frequenti.

Ciò che conta è che i bambini di oggi non sono più “stupidi” di quelli di un tempo, alla faccia di chi continua ad esaltare i bei tempi andati. Cosa che abbiamo visto essere una sorta di bias legato all’età dell’oro.

La pressione sociale

Nonostante si abbia lo stesso grado di dilazione del piacere (almeno così sembrerebbe) la tecnologia genera una pressione sociale che non ha eguali con il tempo passato. Se 20 anni fa non volevi farti trovare ti bastava non rispondere al telefono.

Già solo l’introduzione prima della possibilità di vedere chi ci stava chiamando e poi l’arrivo della telefonia mobile hanno cambiato tutto. Pensaci, decenni fa non potevi sapere chi ti stesse telefonando, così se non rispondevi “chissenefrega”!

Ma poi sono arrivati i display che indicavano chi ti stava chiamando, e già questo ha iniziato a creare un bel po’ di pressione. Non sapere chi ti stesse chiamando era uno svantaggio ma anche un vantaggio psicologico, non c’era alcun senso di colpa nel non rispondere.

E se a chiamarti era un tuo parente o una persona importante non poteva prendersela pensando: “ah maledetto sai che sono importante per te, ora alza quella cornetta del cavolo”. La possibilità di sapere ha portato una serie di aspettative che hanno aumentato la pressione sociale.

Tuttavia non credo che tornerei indietro, nel non sapere chi mi stia chiamando, nonostante questo aspetto di “pressione”. Se la guardiamo in un’ottica di crescita personale ci troviamo dentro la nostra magica “equazione”.

L’equazione della crescita personale

Ti ricordi la nostra puntata su questo tema? Ne abbiamo fatte parecchie ma in sostanza ci dice che più abbiamo libertà e più aumentano le nostre responsabilità e viceversa. Per tanto se hai la possibilità di conoscere chi ti sta chiamando ti assumi la responsabilità di rispondere o meno.

Vuoi la possibilità di inviare dei messaggi di testo? Allora preparati al fatto che arriveranno anche a te. Vuoi poter sapere se l’altra persona ha già letto quel messaggio? Le famose “spunte”? Allora devi a tua volta sapere che anche l’altra persona vedrà se tu hai letto i suoi messaggi.

Questo è talmente vero che oggi i servizi di messaggistica ti danno anche la possibilità di evitare che le persone sappiano che tu hai letto i loro messaggi e cosa ti chiedono in cambio? Il fatto che neanche tu possa sapere se loro hanno letto i tuoi. Un ottimo esempio di responsabilità condivisa.

Vuoi poter pubblicare liberamente i tuoi pensieri online? Allora preparati che altre persone, anche completamente ignoranti nel tuo campo, possano alzare la mano e dire la propria, anche in modo decisamente improprio. Questa cosa nel mondo di una volta accadeva molto molto raramente.

Nessuno sarebbe andato ad una conferenza di un qualche esperto e senza sapere nulla iniziare a criticarlo con argomenti assurdi. Sul web questa è praticamente la norma, un giorno all’altro raccoglierò tutti i commenti assurdi che mi arrivano, ci voglio fare una rubrica 😉

L’evaporazione dell’intermediazione

Oggi, in una società senza intermediari, dove puoi scrivere un messaggio direttamente al Presidente del Consiglio come se fosse tuo cugino, le cose sono diventate molto più complesse. La gente non solo ti scrive ma pretende che tu risponda e spesso in modo poco gentile!

Mi è capitato molte volte di non riuscire a rispondere alla miriade di messaggi che mi inviate e poco dopo ricevere delle offese: “Ehi ma chi ti credi di essere che non mi rispondi?” e sembrano tutte persone fuori dalla norma e spesso lo sono.

Tuttavia è capitato anche a me di scrivere magari ad una persona su un social, magari qualcuno che stimo, qualcuno che fa ciò che faccio io e non ricevere uno straccio di risposta. Come ho reagito? Non bene, ho pensato anche io “ma guarda questo qui, lo grazio della mia presenza e non mi bada neanche”.

Non è per nulla piacevole finire in queste dinamiche eppure ci finiamo tutti prima o poi. Perché? Perché generiamo delle aspettative, sbagliamo a mentalizzare per usare un termine tecnico tanto caro a Psinel, ti ricordi la nostra metafora del barista?

Ed ecco che qui si mette in evidenza il fatto che il nostro cervello è ancora cablato per un epoca antica, cioè del fatto che quelle aspettative si creano come se si trattasse di una comunicazione dal vivo e non una forma digitale.

Probabilmente in questo le nuove generazioni saranno maggiormente vaccinate, nascendo con tali modalità di interazione.

Aggiornare il nostro cervello!

Quindi la soluzione è mollare le nuove tecnologie? Assolutamente no, la soluzione è aggiornare il nostro cervello cercando di far si che siano le tecnologie ad essere al nostro servizio e non il contrario. Da sempre è esistita questa dinamica con la tecnologia.

Chi è riuscito per primo a prendere dimestichezza con il “fuoco” di certo ha rischiato, probabilmente ha fatto secco qualche membro della propria tribù ma quasi certamente ha avuto un vantaggio evolutivo senza precedenti rispetto agli altri ominidi non interessati a queste tecnologia.

Chi per primo si è munito di telegrafo ed ha iniziato a comunicare a grandi distanze di certo ha avuto un sacco di problemi di comprensione ma altrettanto sicuramente ha avuto dei vantaggi incalcolabili rispetto a chi magari si affidava ancora ai piccioni viaggiatori.

Buttare via il nostro smarphone perché ci ruba tempo e attenzione non è la cosa più corretta da fare, per quanto mi riguarda dobbiamo imparare a gestirli, magari applicando alcuni dei consigli che hai ascoltato in puntata ma soprattutto cambiando atteggiamento mentale.

La tecnologia è qui per restare, se non siamo noi a gestirla sarà lei a gestire noi. Ed è proprio attraverso una sua “gestione” (invece che il rifiuto) che possiamo migliorarla. Altrimenti sarà come aver scoperto il fuoco e averlo lasciato da parte.

Sono proprio quelle persone che hanno sperimentato a giocato “con il fuoco” che poi ne hanno scoperto le propietà migliorandolo sino ai giorni nostri, dove ti ricordo, il fuoco miete ancore vittime. Ma renderlo illegale o farlo sembrare solo pericoloso… è forse ancor più pericoloso!

Continuiamo questo affascinante dibattito nel Qde di oggi… ci vediamo nella nostra “area riservata”!

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.