Nel campo della psicologia ci sono alcune cose che per la maggior parte della popolazione sembrano chiare e cristalline, come ad esempio il fatto che durante una psicoterapia si vadano a risolvere piccoli e grandi nodi creati nel passato. Tuttavia alcuni prendono spunto da questi temi per estremizzare la cosa tramutandola da “meraviglia contemporanea” a “crociata contro se stessi“… vediamo meglio…

Le allergie

In medicina c’è una teoria particolare la quale dice che più cerchiamo di vivere in ambienti sterili (cioè privi di vita e in particolare di batteri e virus) e più le nostre difese immunitarie rischiano di perdere capacità. Come per quasi tutto ciò che ci circonda la verità sta nel mezzo, dunque non possiamo vivere in ambienti sterili ma neanche in luoghi troppo contaminati, serve il giusto equilibrio. La stessa identica cosa potremmo affermarla per le abilità psicologiche.

Se non viviamo mai disagi e fatiche (psicologiche) non riusciremo a crescere e a conoscerci ma chiaramente sino ad un certo punto. Insomma come mi piace raccontare con la metafora di Biosphere II, “se non c’è vento gli alberi cadono”. Ora cosa c’entra tutto questo con il ripulirsi? Sono in molti a credere che il processo psicologico di cambiamento – che sia la psicoterapia o sia una psico-educazione o un percorso di crescita personale – dipenda dalla pulizia interiore che riusciamo a fare.

Si tratta di un concetto che conosciamo dalla notte dei tempi: togliamo ostacoli, estirpiamo le erbacee, ci purifichiamo dai peccati, ecc. Tutto questo ha un senso ed infatti gran parte della psicologia è diventata realmente rilevante dopo i conflitti mondiali, quando la gente aveva sotto agli occhi gli effetti di un trauma sulla psiche dei soldati. Vedere un amico che abbiamo sempre percepito come forte e stabile, totalmente scompaginato da un trauma di guerra, non deve essere stato facile da accettare.

Infatti per un grande periodo abbiamo fatto finta di niente e Barbero ci racconta che fucilavamo la gente traumatizzata (era una vergogna, un segnale di debolezza). Questo, unito al crescente interesse verso queste materie da parte del mondo medico e accademico, ha dato vita ad una ricerca dei motivi (etiopatogenesi la chiamiamo tecnicamente) che fanno soffrire le persone, ed uno dei principali colpevoli è proprio stato “il trauma”.

Sei caduto dal seggiolone da piccolo?” hai mai sentito una frase del genere? Si diceva, in modo offensivo ai miei tempi per accusare una persona di avere dei problemi cognitivi. Era un modo articolato per dire “sei scemo”, se ci pensiamo bene in questo brutto modo di dire c’è dentro il tema del trauma. Il fatto che nella nostra cultura è ben presente che un danno, accaduto in età precoce, possa avere ripercussioni pesanti per il nostro “naturale funzionamento psicologico”.

Puliamo tutto

Sono partito con la metafora dei batteri perché penso che ci sia una forte relazione tra le due cose, solo che la vera analogia diventa realmente isomorfica solo se pensiamo a qualcosa che, per vari ed eventuali, non potrà mai essere sterile. Come ad esempio il pavimento di casa nostra. Per quanto tu sia una persona pulita, abbia un personale dedicato, se non vivi all’interno di una sala operatoria il tuo pavimento sarà sempre un po’ sporco. E non appena lo pulisci, farai spazio ad altro sporco…

Questo sembra un esempio assurdo ma non lo è così tanto se consideriamo come funziona la nostra mente: per prima cosa dobbiamo ricordare che la mente continua a ricercare lo sporco, perché sa di trovarne un po’ se scava e cerca costantemente di risolvere problemi. Questo è un suo pregio, lo fa anche quando non ce ne accorgiamo ma è anche un suo difetto, dato che quando non trova nulla vede come problematiche le cose meno pesanti.

Di questa faccenda ne ho parlato nella puntata “sui buchi neri, un episodio molto apprezzato degli anni passati. In pratica la cosa funziona così: ti è mai capitato di avere un problema molto grande, non so un tuo genitore che non sta bene o un tuo caro e accorgerti che nel tentativo di aiutarlo ti eri dimenticato di altri tuoi problemi? E’ il fenomeno di “ubi maior minor cessat”, cioè se c’è qualcosa di più rilevante la cosa minore viene messa in secondo piano. Questo detto però funziona anche in un’altra direzione:

Se ho tre problemi di difficoltà crescente: A, B e C, la mia mente penserà per prima cosa a C “Ubi maior”, poi una volta risolto C proseguirà a ritroso, mostrandomi prima B e poi A. Ammettiamo che siano problemi che ci fanno pensare molto, prima i nostri pensieri saranno catturati da C, poi da B ed infine da A. Quando saremo alle prese con C penseremo che una volta risolto quel problema tutto sarà risolto e ci sentiremo meglio, ma non è così, appena risolto C si trova dietro B che ci da filo da torcere esattamente come C. Quando saremo a B penseremo che non ci sarà altro ed invece arriva A.

In realtà lui continuerà a cercare problemi da risolvere e continuerà a trovarli e anche se saranno molto meno intensi di C, ogni volta che ne sorgerà uno nuovo ci sembrerà che sia rilevante quasi quanto C. Questo non significa che non arriviamo mai a sentirci apposto ma significa che ogni ostacolo, anche se molto molto piccolo, se messo in prospettiva diventa “un problema”. Al punto tale che molte persone pensano: quando avrò risolto tutti i miei problemi potrò finalmente essere felice, ecco la trappola.

La trappola della felicità

La trappola è proprio pensare che prima o poi la mia mente smetterà di mettermi di fronte problemi e conflitti, ma la verità è che se anche se vivessimo nella bambagia più pura ci lamenteremmo perché “è troppo bianca e morbida”. Questo è dato anche da un sistema di adattamento edonico che fa si che non ci si senta mai soddisfatti, pena la perdita di motivazione nel perseguire i nostri obiettivi (che in fondo coincidono con la nostra sopravvivenza).

Cercare di risolvere tutti i propri problemi prima di tornare a vivere, questo è l’errore principale che è ben descritto anche da un detto. “Ogni giorno lavoravo duro per risolvere i miei problemi. Pensavo che una volta risolti tutti mi sarei potuto godere finalmente la vita. Oggi ho 85 anni e mi sono accorto che i problemi sono parte della vita”. Nella nostra società della comodità ci siamo disabituati a pensare che in realtà i problemi facciano parte dell’esistenza, così abbiamo spostato questo modello anche sulla nostra mente.

Voglio una mente priva di pensieri… priva di problemi” è tra le richieste più comuni nello studio dello psicologo. Certo con queste parole non sto sottovalutando la sofferenza che le persone possono provare di fronte ai loro piccoli e grandi problemi. Nota che ho detto “piccoli e grandi” perché come ti raccontavo prima dipende dalla prospettiva, per fare un altro esempio: anni fa un mio paziente mi racconta di essere agitato perché deve pagare una cifra enorme di IVA (tipo milioni di euro).

Una giusta preoccupazione dirai, certo ma è identica a chi non riesce a pagare la bolletta, dipende solo dal punto di vista. Potremmo dire che il primo è un “happy problem” perché se devi pagare così tanta IVA significa che hai incassato una valanga di soldi. Tuttavia il grado di preoccupazione può essere identico, anche se le cifre possono essere profondamente diverse. Potrà sembrarti assurdo ma anche i traumi psicologici funzionano più o meno allo stesso modo, proprio come ho appena descritto.

Penso di poter sentirmi meglio e tornare a vivere solo dopo aver lavorato su alcuni eventi negativi della mia vita e poi mi accorgo che in realtà, se continuo a scavare continuo anche a trovarli. E questo non accade solo a chi ha vissuto traumi molto pesanti e per tanto tempo, in realtà tutti abbiamo la nostra dose di esperienze negative, ma per quell’effetto cumulativo (A,B e C) che ti dicevo prima, potremmo sentirci come “mai pronti per affrontare la vita”. Quando la soluzione sarebbe, vivere la vita nonostante quei traumi.

Il blocco

Ovviamente non sto parlando di traumi che bloccano le persone, si perché la maggior parte degli eventi negativi hanno effetto su di noi ma raramente ci bloccano. E’ chiaro che quando ci bloccano e rovinano in modo significativo la nostra vita sia necessario lavorarci attivamente sopra con l’aiuto di un professionista. In tutti quei casi è bene lavorare attivamente sui propri problemi, tuttavia non è detto che la risoluzione di quel blocco ci liberi immediatamente, la mente ha i propri tempi di adattamento.

La nostra mente è progettata per assorbire i traumi e adattarsi ad essi, la maggior parte delle nostre esperienze negative ci fanno crescere. Ma come in tutte le cose esiste un’equilibrio (una omeostasi), possiamo bere acqua per dissetarci e idratarci ma se ne beviamo troppa rischiamo di squilibrare il nostro sistema interno. Questo vale per tutto, della serie “il troppo stroppia”, ecco vale anche per i traumi ed infatti quando essi sono realmente pericolosi hanno specifiche caratteristiche.

La prima è che ci fa talmente male pensarci che facciamo di tutto per evitarli. La seconda è che essi, come già accennato, non sono così semplici da modificare (come nel caso di tutti gli altri ricordi) e poi hanno specifiche fenomenologie: flashback (cioè immagini intrusive e fastidiose dell’evento che si ripresentano senza apparenti motivazioni logiche), un malessere sotterraneo ogni volta che ci avviciniamo a qualcosa che possa ricordarci l’evento ecc.

In tutti questi casi è bene parlare con un professionista ma attenzione, se per caso di tanto in tanto ti torna in mente l’esame delle scuole superiori, quel lutto particolare e la cosa ti da un po’ fastidio è del tutto normale. Ci sono eventi che in un qualche modo ci segnano, ed infatti è noto che tra gli incubi più ricorrenti ci siano situazioni come queste: esami, persone che non ci sono più, grandi eventi ecc. Il trauma serve come una sorta di promemoria troppo impresso che urla: “Stai attento/a!“.

Solo che continua a farlo con la stessa forza come se fossimo ancora in quella situazione. Tutti i nostri ricordi hanno funzioni evolutive, cioè ci servono per apprendere ed evitare gli errori del passato o ricordare dove abbiamo messo le nostre risorse per l’inverno. Solo che non ne veniamo ossessionati, il trauma è una sorta di super promemoria impallato, come una spia della benzina che non riesce più a capire se siamo realmente in riserva e continua a lampeggiare.

Come il salvataggio nel videogame

Gli eventi traumatici diventano come il salvataggio nel videogame, quelli in cui ogni volta che si muore si ritorna a quel punto. Ecco il trauma è simile, ogni volta che lo stress diventa troppo alto, ogni volta che ci ritrova in una situazione simile è come se si ripartisse dall’ultimo salvataggio. Ciò non significa che si riviva pienamente il trauma ma che si riattivino comportamenti simili di evitamento, sensazioni emotive e fisiche simili ecc. Molte volte non ci accorgiamo neanche che è avvenuto tale “salvataggio”.

Per questo terapie come l’EMDR hanno avuto tanto successo perché effettivamente aiutano a sbloccare quei momenti. Sono una sorta di super digestivo per eventi che non siamo riusciti a metabolizzare. Ma dobbiamo stare attenti perché gli eventi traumatici, quelli che richiedono aiuto non sono così frequenti, perché abbiamo un sistema di ripristino e di forza interiore molto sviluppato. Pensa solo a cosa hanno dovuto subire i nostri antenati di 2 secoli fa quotidianamente rispetto a noi.

Carestie, pandemia (ben peggiori della nostra), morti precoci dei figli e dei parenti, dolori cronici perenni (pensa solo soffrire di mal di denti o di mal di testa nel 700). Insomma siamo davvero molto più forti di quanto pensiamo e dentro di noi ci sono sistemi meravigliosi di auto-elaborazione degli eventi negativi. Purtroppo però molte persone sono convinte che per vivere bene sia necessario andare a pulire tutto ma proprio tutto… e purtroppo chi cerca trova e cotinua a trovare, fino ad inventare.

E’ noto che dopo la prima divulgazione europea delle teorie freudiane su eventuali abusi avvenuti in età precoce, vi sia stata una esplosione di sospetti: sono stato violato da bambino? Purtroppo queste domande, che sono sacrosante se abbiamo reali dubbi, possono coinvincere le persone in cose che non sono mai accadute. Ne abbiamo le prove sperimentali con gli studi di Elizabeth Loftus, che ha convinto molti bambini che si erano persi nei supermercati… solo per fare un esempio tra molti.

Insomma questa faccenda è molto più complicata di come l’ho raccontata ma il mio scopo non era quello di dire: i traumi non esistono! Ma era quello di dire: state attenti perché se pensate di dovervi ripulire di ogni volta “situazione negativa” questa stessa tendenza potrebbe diventare un problema ancora più grave dell’evento negativo da elaborare.

Mi fermo qui e aspetto le vostre opinioni.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.