Qualche giorno fa ho fatto un piccolo sondaggio su Instagram in cui ho chiesto: “Tu ti senti sicuro?”. Lo so è una domanda davvero poco precisa e molto soggettiva, tuttavia la risposta è stata netta:
La maggior parte degli utenti ha detto “No, non mi sento sicuro”, per essere precisi avete risposto in 161, con 32 “si” e “129” no. Mi aspettavo di ricevere una riposta simile ma non così sbilanciata nei confronti del no. Vediamo insieme perché…
Cosa significa realmente “sentirsi sicuri”?
Come forse avrai intuito ascoltando la puntata la “sicurezza” è una sensazione che si basa (o dovrebbe) sulle passate esperienze. E’ una “sensazione” come avrebbero detto i miei amici piennellisti qualche decennio fa, e hanno ancora ragione ma non si può ricreare in modo artificiale… ma la si può spingere.
Infatti gli esperimenti di uno degli psicologi più importanti e recentemente scomparso Albert Bandura ci dimostrano che ripensare a successi passati in una determinata area aumentano questo senso di sicurezza che lo studioso aveva definito come “auto efficacia”.
Non è un caso che ti abbia parlato di PNL perché i noti co-creatori hanno preso proprio da questo studioso il termine “modellamento” deturpandolo in un qualche modo ma allo stesso tempo rendendolo davvero famoso.
Ma pensando anche a questo semplice modello: cioè la sicurezza personale in quanto semplice sensazione di essere sicuri, in realtà stiamo ancora una volta parlando di simulazione, cioè del fatto che stiamo facendo ipotesi positive su ciò che accadrà.
Questo influisce sulle nostre prestazioni? Assolutamente si, chi si sente sicuro perché conosce un certo ambito agirà in modo sciolto, senza troppe preoccupazioni e senza troppi fronzoli. Se da un lato questo diventa il super potere degli esperti, come sappiamo ormai da anni, apre le porte ai famosi bias.
La expertise
Il concetto di expertise non è un semplice termine “esotico” ma è stato studiato dai miei colleghi approfonditamente per cercare di capire le differenze tra come ragionano i veri esperti e come ragionano i non esperti. Come abbiamo visto più volte la differenza sta nella capacità di aver costruito delle strategie mentali, le euristiche.
Scorciatoie di pensiero che aiutano l’esperto a non dover “reinventare la ruota ogni volta”. Per usare l’esempio classico, un meccanico esperto riconoscerà il problema da semplici indizi, come il suono o la sensazione alla guida, mentre un professionista meno esperto dovrà “smontare tutta l’auto” o affidarsi a strumenti diagnostici sofisticati.
Quindi l’esperto fonda le proprie abilità su esperienze passate che, per prove ed errori o per apprendimento diretto (o indiretto) gli hanno consentito di sviluppare quella certa sensibilità utile nel proprio campo. Se ci pensi bene è esattamente la definizione di “sicurezza” che abbiamo trattato nella puntata.
L’esperto agisce con sicurezza in base alle esperienze precedenti, però più ha esperienza e meno è consapevole dei processi decisionali che sottostanno le sue abilità. Non è un caso che quando qualcuno cerca di modellare l’esperienza riceva risposte del tipo: “non so come faccio a farlo, lo faccio e basta!”.
Ovviamente questo non è vero, cioè è vero che potrebbe aver dimenticato in modo consapevole le sue passate esperienze ed il suo processo decisionale ma non è vero che lo fa “senza pensarci”, solo che il pensiero è diventato ormai un automatismo, ed è per questo che diventa prono agli errori, cioè ai bias.
Sicuri in ogni situazione
Quindi, sulla base delle precedenti affermazioni dovrebbe essere impossibile poterci sentire sicuri in ogni situazione? La risposta è si e no: si perché è impossibile aver già fatto esperienza di ogni cosa che ci capita nella vita e “no” perché siamo capaci di lanciarci in imprese straordinarie anche quando non sappiamo cosa stiamo per fare.
La nostra previsione sul mondo per quanto comprovata da precedenti esperienze è sempre “un abbozzo” una “mappa”. Un bravo esploratore del mondo si rende conto di questo e sulla base di ciò che ha appreso si lancia in avventure non perché incosciente ma perché pronto a TUTTO.
Ecco il vero segreto, non è la semplice illusione del sapere (il Dunning-Kruger per intenderci) a guidare le azioni di chi esplora l’inesplorato ma è la consapevolezza che le proprie ipotesi sono solo ipotesi, che i nostri “piani” sono solo “piani” e non previsioni matematiche di ciò che accadrà.
Questa ovviamente è la versione razionale e moderna, c’è chi si affida agli spiriti, agli dei per propiziarsi ciò che accadrà. Se poi accade il contrario? Bè sarà perché gli dei non erano d’accordo con le nostre intenzioni, allora si cambia piano di azione. Come vedi è una cosa molto simile solo molto più semplice da trasmettere e in certi casi comprendere.
Sembra assurdo ma è più facile pensare che sia il “destino” che ci ha rovinato i piani che non credere di essere stati vittime della semplice casualità del mondo. E’ il classico dibattito tra determinismo e casualismo, che non si riduce ad un semplice dibattito filosofico ma può avere effetti concreti sulle nostre azioni e sulla nostra vita.
Proseguiamo questa affascinante e complessa discussione nel nostro Qde. Fammi sapere cosa ne pensi.
A presto
Genna