“Sai già tutto ciò che ti serve” diceva spesso uno dei più grandi maestri, Milton Erickson e non era l’unico a credere che le persone possedessero già ogni tipo di risposta. L’intento di Erickson non era quello di affermare l’esistenza di una qualche entità magica e trascendentale dentro di noi ma la semplice constatazione che spesso sappiamo molto di più di quanto pensiamo di sapere… ed è una cosa empiricamente dimostrabile. Questa è la base della saggezza intrinseca:
Hai già tutto dentro di te?
Nel dialogo Menone di Platone, egli racconta un aneddoto per ciò che riguardava il tema dell’anamnesi, cioè la capacità di ricordare eventi del passato. Proprio come la usiamo oggi per indicare il passato di un paziente, quel termine indicava invece che le persone possedevano una conoscenza antica. Nel dialogo Menone chiede a Socrate se la virtù potesse essere insegnata e lui risponde che in realtà la conoscenza non viene instillata nelle persone ma risvegliata, cioè le persone possiedono già la virtù. Per dimostrarlo Socrate prende ad esempio uno schiavo e gli pone specifiche domande.
Nel rispondere a queste domande lo schiavo fa emergere una conoscenza implicita del teorema di Pitagora, dimostrando che quei concetti erano già nella testa dello schiavo e non nelle formule dell’antico matematico. Questa storia si intreccia con un sacco di miti e leggende, come quello di Er, che viene raccontato da Platone come ultimo dialogo nella sua Repubblica. In pratica si tratta di un guerriero, Er, che muore in battaglia ma viene riportato in vita affinché racconti il suo viaggio, un po’ come il nostro Dante. Nel suo racconto Er afferma di aver visto come le anime scelgano il proprio corpo in cui nascere.
Quindi se l’anima ha molte vite passate ecco da dove arriverebbe quella conoscenza dello schiavo. Questa però è solo un modo di interpretare e mettere insieme i puntini, perché sembra che Socrate e Platone avessero intuito l’idea che dentro di noi c’è un tipo di saggezza. Un tipo di intelligenza che è possibile disvelare attraverso la maieutica, cioè attraverso domande mirate che puntino a far emergere specifici ricordi. Oggi sappiamo che questo è possibile soprattutto da parte di chi non solo sa porre buone domande ma sa anche imboccare le risposte nel modo giusto, come fanno i bravi maestri e professori (a quanto pare sempre più rari).
Noi siamo realmente detentori di molte conoscenze inconsce, che derivano dalla nostra specie e dal nostro passato ma soprattutto siamo detentori di apprendimenti impliciti. Cioè cose che abbiamo appreso, che sappiamo fare ma che in un qualche modo non sappiamo bene come siamo capaci a farle. E se ci pensiamo tutti gli apprendimenti fisici hanno questo aspetto: camminare, parlare, guidare l’auto ecc. Non a caso, per risvegliare le risorse inconsce dei pazienti, lo psichiatra Milton Erickson usava proprio metafore che appartenevano alla acquisizione di competenze implicite: andare in bici, imparare l’alfabeto, distinguere i numeri dalle lettere, ecc.
Questi concetti mi affascinano da sempre e non a caso ho scelto di specializzarmi nella pratica Ericksoniana, tuttavia quando li vediamo in modo superficiali sembrano quasi dirci che siamo “maggggici”. E questo non è accettabile se una persona vuole indagare seriamente un fenomeno, perché se si tratta di “magia” c’è ben poco da indagare. Il filo conduttore tra Erickson e Socrate è probabilmente una sorta di fiducia nelle capacità degli esseri umani al di là della loro estrazione sociale. Erickson nacque in una famiglia povera di contadini, anche se era un uomo totalmente diverso da Socrate, c’era questo aspetto di umilità alla base.
Abilità e conoscenze
In questo episodio vorrei far rivalutare l’umanità di chi ci sta accanto, di chiunque al di là di qualsiasi estrazione sociale e di qualsiasi preparazione accademica. Questo NON significa che sia sbagliato studiare, quindi prima di proseguire con l’esaltazione di questa nostra saggezza intrinseca è bene ricordare alcuni dati: le persone che hanno un più alto tasso di scolarizzazione hanno un decadimento cognitivo significativamente inferiore. Questo significa che studiare non serve solo per conoscere il mondo che ci circonda ma serve per dare forma alla nostra mente e al nostro cervello, il quale ci ripaga in tarda età dimostrandoci che se lo abbiamo utilizzato a dovere lui tende a perdere quelle abilità più tardi.
Questo ovviamente è solo un argomento a favore ma spero sia convincente, soprattutto oggi alla luce della intelligenza artificiale ci sembra sempre meno utile apprendere, NON è così! Ora detto questo, di cui ci siamo occupati un sacco di volte torniamo a parlare del potere intrinseco e direi quasi democratico che ci caratterizza. Noi, senza saperlo, acquisiamo nel corso della nostra vita una valanga di abilità, magari non completamente ma gettiamo le basi per una loro acquisizione profonda. L’attività che consente tutto ciò è spesso quella del gioco, come abbiamo visto in questo episodio.
Un bambino che gioca scambiandosi le figurine non sta solo imparando il valore di quegli oggetti, ma sta scoprendo il campo della negoziazione, della persuasione, dell’inganno e della lealtà. Insomma non sta solo giocando sta facendo simulazione di cose più che rilevanti per il suo sviluppo futuro. Trasferire abilità e conoscenze da un dominio all’altro sembra essere una delle nostre più grandi abilità: impariamo a gestire un gruppo giocando a calcio o con viedogame online, scopriamo la nostra passione per la fisica cercando di comprendere gli effetti che diamo alla pallina da tennis, ecc.
Questo trasferimento (o transfer) è talmente evidente da risultare invisibile: se suoni uno strumento a corde come la chitarra piuttosto bene ed un giorno incontri un basso, di certo saprai strimpellarlo e viceversa. Se sai suonare un violino e gestire l’archetto probabilmente saprai tirare fuori note interessanti da un violoncello, anche se non lo hai mai suonato prima. Se sai guidare un’auto, indovina… Questa cosa avviene di continuo e per ogni abilità umana, se sai fare bene una cosa in un certo contesto sai anche generalizzarla (in parte) in un’altra situazione.
Se come me, hai avuto la fortuna di avere computer fin da bambino, è possibile che anche le diavolerie attuali siano semplici da utilizzare per te, anche se hai 50 anni (io ne ho 46). Non hai quel tipico timore di chi ha circa la nostra età o un po’ di più e teme che pigiando il tasto sbagliato il mondo cesserà di esistere. Sono piccole cose di cui raramente ci si rende conto, certo con un pizzico di “anamnesi” è possibile tirarle fuori anche con semplicità. Il fatto di scrivere queste parole mi sta facendo venire una miriade di esempi personali e spero stia accadendo silenziosamente anche dentro di te!
Modellare tutti
Una enorme fetta di crescita personale si fonda sull’idea di trovare una persona di successo ed imitarla, apprendere da lei. Questa faccenda si intreccia con il tema della PNL, la quale riprendendo la teoria dell’apprendimento sociale di Albert Bandura, chiama il processo di apprendimento di abilità (implicite ed esplicite) modeling o modellamento. Tutti gli autori di crescita personale classica hanno usato questo tema: trova qualcuno che sappia fare ciò che vuoi fare tu e impara da lui. Un concetto sacro santo che conosciamo da millenni, basti solo pensare all’andare “a bottega” degli artisti del rinascimento.
Però nel campo della crescita personale classica si cerca il modello eccellente, mica uno qualsiasi! Si cerca il Mozart della situazione non uno qualsiasi ed è proprio questo un errore clamoroso. Come abbiamo già visto in questo episodio il modo migliore di apprendere una certa abilità non è da una persona mostruosamente più brava di te ma da una più brava di te e non di troppo. Certo avere modelli altissimi va benissimo, è motivante e ci fa capire dove possiamo arrivare, ci permette di sognare in grande il che va sempre bene se fatto senza esagerare. Ma per apprendere servono modelli diversi, a volte anche peggiori di te e ci sono basi neuroscientifiche che lo dimostrano.
Il tema dei neuroni specchio e della simulazione incarnata (Rizzolatti e Gallese) ci dimostrano un fenomeno che in realtà è possibile intuire senza indagare il cervello (come hanno fatto in lungo e in largo). Io sono la chitarra e se voglio imparare un brano complesso ho bisogno di trovare un esempio (un modello) che suoni circa al mio livello per riuscire a capire cosa stia facendo. Perché se è troppo più bravo di me faccio fatica ad intuire cosa stia facendo. Non sto parlando di andare da un maestro, è chiaro lì che dipende dalla sua capacità di insegnamento e dalle sue competenze, parlo di imparare osservando (il vero modeling).
Più sei competente in un certo ambito e più riesci a leggere cosa sta succedendo quando vedi qualcuno agire in quell’ambito. Se tra te e quella persona le competenze sono troppo distanti, se lui è troppo più bravo di te, di certo capirai qualcosa (se è il tuo ambito) ma non tutto, perché semplicemente non hai ancora raggiunto quel livello. Il che si traduce nel fatto che quando i tuoi neuroni specchio guardano quelle azioni non le riconoscono e rispondono in modo meno preciso, e tu impari in modo meno preciso. Tutto ciò è stato provato da esperimenti fatti nella risonanza magnetica, con musicisti e non musicisti.
Quando un musicista ascolta un brano non si attivano solo le aree deputate all’ascolto e quelle emotive (e altre) ma si attivano anche e soprattutto quelle stesse aree motorie di chi sta effettivamente suonando. C’è un riconoscimento biologico la quale finitura dipende in tutto e per tutto dal nostro grado di abilità acquisita. Tutto ciò implica che meno conosci qualcosa e meno riconosci quella cosa nelle altre persone, se questo si mescola con tutti i nostri pregiudizi è facile immaginare che si possa imparare solo da alcuni tipi di persone… ma in realtà impariamo da tutti.
Impariamo da tutti
Noi impariamo da tutti e da tutto! Adesso non correre a selezionare i tuoi 5 amici che ti circondano e circondarti solo di classici, perché, per quanto faccia bene stare con persone che amiamo e stimiamo e circondarci di stimoli positivi, siamo anche immersi in tutt’altro. Spostare intenzionalmente la nostra attenzione verso ciò che potremmo apprendere, anche quando ci sembra che non ci sia nulla da imparare o quando ci sembra che sia “stupido farlo” (come quando siamo di fronte a qualcuno che reputiamo meno capace di noi in un ambito), anche in quel caso possiamo imparare qualcosa di rilevante o risvegliarlo, tornando a Socrate.
Quella scintilla di saggezza intrinseca possiamo trovarla in chiunque, ora non sono qui a farti la predica sul fatto che dovresti rispettare la gente, mi sembra una cosa scontata. Tuttavia sono qui a dirti che iniziare ad incarnare l’idea di cui stiamo parlando possa aiutarci a comprendere meglio noi stessi e gli altri, cioè tenere a mente che le persone potrebbero sempre avere qualcosa da insegnarci. Soprattutto quelle che ci sembrano meno adatte per farlo! Esattamente come anche la persona più saggia potrebbe darci consigli sbagliati su come fare il ragù, un cuoco potrebbe insegnarci le regole della pazienza ecc.
Dato che ognuno di noi fa una valanga di esperienze dalle quali trae insegnamenti di vario tipo, in realtà è assolutamente corretto affermare che chiunque possa insegnarci qualcosa. Così come è corretto anche affermare che anche il più geniale dei tuoi conoscenti potrebbe darti informazioni sbagliate e/o fuorvianti sul mondo ecc. Noi siamo esseri complessi e sfaccettati, un essere umano contiene tante di quelle esperienze che sarebbe assurdo fare un bilancio e dire: è più saggio dell’altro. Certo se vuoi imparare una cosa specifica le cose cambiano, perché è chiaro che se voglio imparare la chitarra è bene trovare un maestro in quell’ambito e non un cuoco.
Questa conoscenza generale della vita può essere una manna dal cielo ma anche una sorta di maledizione. Infatti è proprio su questo tipo di saggezza della strada che molte persone si convincono di avere risposte migliori dei professionisti, in particolare dei miei colleghi. Tuttavia è innegabile che in parte esista e se riusciamo a mettere da parte l’orgoglio possiamo scorgerla praticamente in ogni essere umano con un pizzico di esperienza di vita. Così può capitare di trovare piccole pepite d’oro di saggezza qui e la durante la propria quotidianità, le quali solitamente vengono elargite da chi non pensa neanche di star dando una lezione a qualcuno.
I più saggi sono quelli che non fanno i saggi. Tempo fa ti ho raccontato che parlando con un tassista romano ho avuto la fortuna di conoscere un modo davvero interessante di vedere l’ansia, una cosa che già sapevo ma non in questo modo rapido, diretto e direi anche molto efficace. Sono in taxi e c’è un traffico pazzesco, sono a Roma (il che potrebbe non sorprendere se conosci il posto), e sto chiacchierando con il tassista (una mia passione personale). Di solito attacco bottone sempre nello stesso modo: “Certo che non deve essere semplice mantenere la calma ogni giorno con un traffico del genere. Io impazzirei dopo pochi minuti. Davvero complimenti, voi tassisti avete questa abilità e mi chiedo se l’avete acquisita o ci siete nati”.
La saggezza del tassista
Il tassista ascolta con attenzione e mi risponde (immagina un forte accento romano): “Dottò, io non ho nessuna fretta. Solo chi ha fretta si stressa. Ecco vede, c’è traffico, andiamo piano ma chi si deve preoccupare io o lei? Lei che potrebbe essere in ritardo, io seguo il traffico”. Insomma con 2 frasi mi rivela qualcosa che so da tempo, cioè che solo ciò che ci sta a cuore può procurarci stress e ansia, ed è una cosa che dovremmo tenere a mente. Non sai quante volte mi sono reso conto, grazie soprattutto alle pratiche di meditazione, di essere tutto preso per qualcosa e di colpo dire… “ma cosa corro a fare… piano, con calma”. ecc.
In realtà ho posto questa stessa domanda decine di volte ma questa è stata la risposta più profonda in assoluto. La mia idea di una saggezza intrinseca dipende da altre esperienze, in particolare quelle legate alle persone con le quali ho fatto psicoterapia, i miei pazienti. Ho davvero avuto la fortuna di seguire una quantità assurda di persone e di ogni estrazione sociale: ho iniziato la mia carriera come psicologo in un piccolo ambulatorio, situato in piccolo paese di provincia (300 persone), in cui la professione maggiormente praticata era l’agricoltore. Insomma ho avuto la fortuna di lavorare con un range vastissimo di persone e di professioni.
Ho avuto letteralmente dal netturbino (più di uno), passando per l’agricoltore, arrivando al campione olimpico o al manager di super multinazionali, fino ad imprenditori straordinari. Insomma li ho visto praticamente tutti e devi sapere che le perle di saggezza più profonde non hanno seguito lo schema che la gente può immaginare. Non arrivavano dai manager o dai campioni (certo anche loro mi hanno insegnato tantissimo) ma arrivavano dalle persone di cui meno ci si aspetterebbe qualcosa del genere. Agricoltori, operai, lavoratori umili che però mi hanno regalato perle di saggezza per anni.
Come puoi immaginare la figura dello psicoterapeuta è molto particolare, deve ascoltare con attenzione le persone che richiedono il suo aiuto, anche se si mettono a parlare della mietitrebbia o di come impostare i turni dei camion della spazzatura di notte. Insomma si sente davvero di tutto e in un modo un po’ particolare, quel modo che va alla ricerca delle risorse del paziente, di quelle abilità che sottovaluta o che addirittura ignora. Non lo facciamo perché siamo “bravi e pucciosi” lo facciamo perché fa parte del nostro modo di aiutare le persone a recuperare fiducia in se stesse e ad uscire dai problemi che ci portano.
Non so se riesco a spiegarmi ma non è il semplice dare fiducia agli sconosciuti e alla gente. E’ invece cercare di comprendere cosa potrebbe insegnarci una persona qualsiasi, soprattutto quando pensiamo che non potrebbe insegnarci proprio nulla. Ed invece, se guardiamo con attenzione, scopriamo di poter apprendere anche cose opposte: immagina un tuo amico che ti racconta di come il fatto di aver iniziato ad usare una certa droga gli abbia rovinato la vita. Sono certo che se tu fossi in procinto di fare qualcosa del genere forse ci penseresti su, ho preso un esempio tipico ma potrei farne altri 1000. Impariamo anche dagli errori degli altri soprattutto se tali errori sono riconosciuti da queste persone…
Per concludere: semplicemente prova a chiederti cosa potresti apprendere dalle persone che incontri. Non con uno sguardo utilitarista (su dimmi qualcosa di interessante altrimenti vado via) ma con un approccio di ascolto attento e attivo. Cioè con l’intenzione di voler trovare una pepita in mezzo a molta melma… perché come ha detto De André: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascon i fior”.
Genna