Se segui PsiNel da molto tempo sicuramente non ti sarà sfuggito il tema dell’analisi del comportamento non verbale. Una questione molto delicata a cui abbiamo dedicato decine e decine di post e di podcast, oggi cercheremo di fare ulteriore chiarezza su questo tema.

Per cui, se vuoi davvero imparare a fare una buona analisi del comportamento non verbale, ascolta tutta la puntata perché non è così semplice come può apparire. Buon ascolto:

Il non verbale

Ancora oggi, se vai a fare un corso di comunicazione troverai il formatore di turno che inizia parlandoti della differenza tra comunicazione verbale e non verbale, e ancora oggi (purtroppo) molti di essi fanno riferimento alla famosa ricerca sulle “percentuali della comunicazione”.

Ne abbiamo parlato moltissime volte, ma giusto per chi fosse arrivato in questo momento, la risposta è molto semplice: si, la nostra comunicazione va oltre l’aspetto verbale (linguistico) e viene connotata dagli aspetti meta-comunicativi.

Ora la gente pensa che tali aspetti riguardino cose complicate come la prosodia, il ritmo, le dinamiche dell’uso della voce, tutto verissimo, ma se ci pensi bene ci sono indici ben più evidenti, come ad esempio il contesto in cui avviene lo scambio comunicativo.

Cioè se una persona ride a squarcia gola ad un matrimonio non è molto strano ma se lo facesse ad un funerale. Questa sembra una esagerazione ma in realtà esiste sempre un contesto comunicativo, più o meno formale, più o meno esplicito, all’interno del quale tutte le conversazioni assumono toni simili.

Se venissi al tavolo del sabato sera tra me e i miei amici potresti pensare che tra di noi non ci sia il minimo rispetto: dato che tendiamo a prenderci spesso sonoramente per i fondelli. Ma solo se sei fuori da quel contesto, ma se ci fossi immerso ti renderesti subito conto che stiamo scherzando.

Percentuali e indici periferici

Come abbiamo visto dal giorno 1 di PsiNel, non è una questione di percentuali, tale leggenda ha condotto molte persone a credere che bastasse diventare “bravi a parlare per dire qualsiasi cosa”, ed invece le cose non stanno affatto così.

Puoi essere un doppiatore o un attore professionista ma non riuscirai ad esprimere meglio un concetto solo perché sai parlare bene, se in fondo non l’hai capito. Certo, a parità di condizioni sarà più bravo il fine dicitore del goffo professionista ma tutto sommato la competenza c’entra sempre.

Ed infatti la capacità di comunicare in modo chiaro e poco noioso (la forma di ciò che dico) è fondamentale se vogliamo fare i divulgatori ma non è la chiave per capire se chi ci sta di fronte è davvero bravo in ciò che racconta.

Spesso ti invito a non confondere il fatto che io sia mediamente bravo a parlare con il fatto che possa essere anche un bravo professionista. Cioè io spero di esserlo ma di certo non è perché sono più bravo a spiegare la psicologia che divento automaticamente un bravo psicologo.

Ora forse ti sembrerà assurdo ma la maggior parte dei libri e dei corsi che parlando di “non verbale” si concentrano su questi aspetti molto periferici. Il che non è sbagliato dal punto di vista della ricerca ma lo è da quello della comunicazione interpersonale.

20 anni di corsi e neanche un fenomeno

Questi corsi esistono da oltre 20 anni, lo so perché io ne ho frequentati tantissimi. La promessa era quella di poter diventare così abili e sensibili da riuscire a cogliere aspetti magici del comportamento non verbale. Questo in un contesto clinico o di consulenza può accadere ma non è una regola, non è facile per niente e bisogna stare molto attenti.

Ci si aspetterebbe dopo 20 di formazione, di corsi, di miglioramenti del sistema che in giro ci siano delle persone in grado di leggerci come libri aperti, ma non è così! Di certo è aumentata molto la sensibilità generale a queste tematiche, alcuni hanno studi altissimi su micro espressioni ecc. MA

Nonostante questo io non ho ancora incontrato chi, studiando per filo e per segno tali tematiche è diventato un fenomeno della comunicazione. Ripeto, non sto dicendo che siano cavolate o che non si possa migliorare apprendendo come usare il nostro non verbale.

Sto dicendo che quelle abilità vengono spesso vendute come “ti leggo nella mente” ma posso assicurarti che non è così! Ora, i più intelligenti staranno pensando: “Genna ma chi può credere che si possa davvero leggere nella mente?”.

Ovviamente non intendo una vera lettura mentale, ma intendo arrivare ad abilità che sfiorano la magia come quelle descritte nei casi clinici o negli aneddoti di Milton Erickson, giusto per parlare di una persona seria e non di mentalisti e maghetti vari.

Le storie di Erickson

Chiunque segua il mio lavoro da un po’ di tempo non solo conosce il mio amore ancestrale per il non verbale ma soprattutto conosce quello per Milton Erickson. Erickson è stato uno psichiatra e psicologo americano che ha praticamente riabilitato il tema dell’ipnosi rendendola una vera e propria psicoterapia.

La maggior parte degli approcci “veloci” e moderni alla terapia derivano dal suo lavoro. Quindi non stiamo parlando di un guru mistico, tuttavia in alcune sue cose gli assomigliava molto. Tra le sue varie peripezie sono descritti alcuni avvenimenti di ultra sensibilità alla comunicazione non verbale.

Quando ad esempio si dice che riuscisse a capire se la propria segretaria era “in quei giorni” dal modo con il quale batteva a macchina. Cosa che non mi sembra così assurda, ma la cosa che interessa noi oggi è che Erickson non ha mai detto: guardate il viso, guardate questi gesti, guardate il tono.

Ma ha detto semplicemente: “guardate, guardate e guardate”. Questa differenza mi sembra molto importante, ora qualcuno potrebbe chiedersi “si ma cosa devo guardare?” e la probabile risposta di Erickson sarebbe: “Tu stai attento, il tuo inconscio farà tutto il resto”.

Non era matto e non cercava di fregarci con la storia dell’inconscio, è che effettivamente se tu guardi e ascolti con attenzione una persona non hai bisogno di “interpretare certi segnali” come se fossero dei segni da decifrare. Se la relazione è buona ogni segnale darà un suo effetto su entrambi.

La magia del non verbale

Voglio ripetere che questo non significa che non si possa migliorare studiando e allenandosi nella osservazione delle persone. Anzi, è possibile migliorare e di molto ma non al punto tale da diventare delle specie di maghi, anzi se ci sei arrivato è molto probabile che tu ti stia ingannando.

Abbiamo diversi racconti da parte ad esempio di Jodorowsky (personaggio discusso) o del più noto Cialdini, entrambi si sono divertiti a fare i tarocchi alla gente. Un po’ per gioco un po’ per necessità entrambi sono arrivati ad una conclusione identica anche se con parole e modalità differenti.

La conclusione è stata che entrambi, di tanto in tanto, si convincevano davvero di avere dei poteri. Perché se ci pensi, ci becchi se fai delle previsioni generiche e a volte, ci becchi davvero guardando una persona con l’intento di leggerla.

Se queste previsioni ci beccano di fila diverse volte ecco che ci illudiamo di avere “sviluppato dei poteri”, il che non è del tutto fasullo ma di certo è pericoloso. Perché in realtà abbiamo solo imparato a guardare meglio e quando pensiamo di avere “i poteri” smettiamo di guardare ed iniziamo ad interpretare.

Lo so è una faccenda complessa ma non difficile e cercherò di dispiegarla al meglio nel Qde e nel nostro video di approfondimento (ora qui sotto):

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.