fra tutte le illusioni che caratterizzano la percezione umana la più potente è quella rivolta verso noi stessi, quella che ci porta a sovrastimare: quanto ci conosciamo e quanto possiamo controllarci.

Vedere se stessi come un oggetto pienamente conoscibile ed esplorabile ci rasserena ma è come cercare di raggiungere un arcobaleno, più ti avvicini e più scopri che si tratta di un’illusione ottica.

La puntata di oggi è una potente metafora che disvela questi meccanismi:

Il potere delle narrazioni

Da millenni il genere umano trasmette la propria cultura attraverso “narrazioni” più o meno complesse e fantasiose. E non intendo solo aspetti di folclore ma qualsiasi genere di informazione, da quelle più tecniche a quelle spirituali.

Ne parliamo da molti anni e tiriamo sempre in ballo i testi di Harari ma ci sono anche evidenze più vicine e meno “storicistiche” nel senso che sono basate su esperimenti e non osservazioni storiche. Un esempio lo abbiamo visto in questa puntata dedicata al potere delle analogie.

In pratica abbiamo visto quanto una storia ben raccontata possa condurre le persone a raggiungere con maggiore (o minore) facilità una certa soluzione ad un certo problema. Potrei passare ore a filosofeggiare sul fatto che il linguaggio sia sempre metaforico, sempre rappresentazionale… ma servirebbe a poco.

La cosa più importante che voglio tu tenga a mente è che: una storia non è semplicemente una storia ma può anche essere quella narrazione che cambia totalmente il tuo modo di vedere il mondo, proprio come capita spesso nei film, hai presente?

In alcune narrazioni c’è il famoso “plot twist” un colpo di scena che modifica completamente lo scenario che stiamo osservando. Come quando scopriamo che l’arcinemico del protagonista è in realtà suo padre o che lo stesso protagonista non esiste o è un fantasma.

Plot Twist

Quando avviene un cambio di scena del genere si modifica tutta la narrazione. Sapere che il protagonista è in realtà “il cattivo” o qualcun altro non solo ci sorprende ma ci fa interpretare tutto ciò che abbiamo visto sotto una luce completamente diversa.

Ecco questo effetto accade anche nelle nostre vite e non è difficile immaginare come, ma giusto per i più pigri facciamo un piccolo esempio: ci presentano una persona che ci sembra antipatica e scostante ma a fine serata ci accorgiamo che era solo una nostra impressione.

Oppure ti basta pensare semplicemente alle prime impressioni che le persone che oggi consideri “amici” ti avevano dato, proprio come discusso in questo episodio sulla personalità. Informazioni che violano le nostre aspettative o che aggiungono nuovi punti di vista, possono cambiare le nostre percezioni.

Così la storiella che hai appena ascoltato ha cambiato molte percezioni nel mio studio, certo da sola non basta per aiutare una persona realmente in difficoltà ma è certamente un buon inizio, soprattutto con quelle persone che cercano di controllare tutto.

Ma chi controlla non è l’unico a perdere di tanto in tanto “fiducia nella città”, può capitare a tutti soprattutto quando ci sembra che le nostre “giunte interiori” non facciano adeguatamente il proprio lavoro e ci tocca “andare di persona a verificare”.

Inconscio

Sì, potrà sembrare banale e semplicistico ma la nostra amata Città Incantata altro non è che il nostro inconscio, quella parte nascosta della nostra vita che è in realtà sotto i nostri occhi nel quotidiano. E anzi, il mio consiglio è proprio quello di notare come agisce, non di disvelarlo ma di osservarlo e onorarlo.

Lascia che spieghi meglio questo passaggio: da Freud in poi sembra che il tema dell’inconscio (che come sappiamo in molti non è nato da lui) ha sempre avuto a che fare con una sorta di comprensione di disvelamento: “ciò che era nell’Es deve entrare a far parte dell’Io” (qualcosa del genere).

Dunque l’analisi ti renderebbe consapevole del tuo inconscio, ma in realtà non è proprio così ti rende consapevole delle interpretazioni che tu dai (o qualcuno per te) di ciò che hai nell’inconscio. Per disvelare i tuoi processi inconsapevoli in realtà ti basta osservarti con una certa attenzione.

Perché la maggior parte delle tue attività interiori sono inconsapevoli, non solo quelle fisiche o procedurali ma praticamente tutte. Lo so, lo so, ciò che intendeva Freud era più sottile era il far emergere aspetti del nostro inconscio profondo (aggressività e sessualità) ma anche qui potremmo discuterne.

Ciò che il medico viennese ha davvero avuto il coraggio di fare è stato dire al mondo intero che il fatto che questa parte inconscia poteva essere implicata con le malattie. Dunque disseppelire l’inconscio non è un lavoro intellettuale ma un atto clinico e di cambiamento.

Conscio e inconscio

Quindi la Città sarebbe una rappresentazione dell’inconscio e il sindaco del conscio? Non esattamente, sarebbe fin troppo facile metterla così, anzi fa nascere varie problematiche che approfondiremo nel nostro Qde, qui possiamo affermare che le cose non stanno esattamente così.

Infatti conscio ed inconscio non sono dei luoghi ma sono dei processi per tanto non esiste una sorta di funzionamento “bianco/nero” ma esistono situazioni dove il processo richiede maggiore consapevolezza o minore consapevolezza, il che è una bella differenza.

Per leggere queste parole dovrai sempre fare un mix tra le due cose, anche se so che può sembrarti che la lettura sia qualcosa di assolutamente consapevole, anche perché richiede una certa dose di impegno, di energia e dunque di fatica.

Tuttavia non è vero che usi solo la parte conscia, questa è il luogo dove capisci il senso di queste macchie che si stagliano su un foglio elettronico. Ma in realtà tu stai usando più processi inconsci che consci per leggere, non mi credi?

Allora “dmmii cmoe fai a lggere qeusta farse“? Come è possibile che tu possa leggere una frase totalmente sbagliata? Perché c’è una parte di te, inconsapevole che la “aggiusta” per poterla leggere e in alcuni casi neanche te ne sei accorto, vero?

Sacro e inconscio

Io vedo i nostri processi consci come qualcosa di sacro, come qualcosa a cui dobbiamo riferirci esattamente come faremmo con una sorta di divinità, avendo fiducia nella sua presenza e coltivando il nostro rapporto con essa.

Così come un religioso si affida ad un santo, lo prega quotidianamente e magari fa qualche fioretto per ingraziarsi il suo bene, ecco che dovremmo fare lo stesso con l’inconscio, con la nostra città: dovremmo riconoscere la sua presenza, coltivare il nostro rapporto con lei (studiare, prepararci, meditare ecc.) e infine dovremmo fare qualche piccolo sacrificio.

Perché devo “sacrificarmi”? Perché il nostro inconscio non è la parte migliore di noi è solo il processo più frequente dentro di te, il sacrificio dello studio, della preparazione, della fatica emotiva di conoscere e avere a che fare con determinate situazioni (sociali e affini) ecc.

Il tuo giardino inconscio non nasce “già imparato” ma devi coltivarlo e attraverso tale attenzione che diventi più confidente, capace e fiducioso nelle tue abilità. La sua sacralità deve essere anche violata da tentativi intenzionali (cioè consapevoli) di apprendere qualcosa e di cambiare.

Inoltre tale sacralità non deve solo essere violata in tal senso ma anche sperimentata come una zona sicura. Il fatto che vi sia una reverenza verso queste nostre parti non dipende dal fatto che siano più importanti di altri ma solo dalle narrazioni che ci hanno fatto su queste cose.

Insomma è una cosa talmente complicata e affascinante che credo le dedicherò una parte del nostro Qde. Lo trovi come sempre se sei iscritto alla nostra newsletter, nella tua casella di posta.

Ecco il video approfondimento:

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.