Tendiamo a credere che le persone più colte e preparate siano anche quelle che hanno le risposte più sicure e certe, ma è esattamente il contrario. Più studi e approfondisci un dato tema e più ti rendi conto di quanto poco sai su quella situazione.
Si, se studi medicina sai molto di più di una persona che non ha studiato quella materia ma se la studi approfonditamente sai anche, al contrario della persona comune, che ciò che stai facendo non è quasi mai sicuro al 100%.
Questa è la dinamica che analizziamo in questa puntata… e molto altro, buon ascolto:
So di non sapere
Ci risiamo, siamo ancora qui a parlare di conoscenza e di come conosciamo il mondo che ci circonda. Eppure potremmo semplicemente richiamare la famosa massima di Socrate per spiegare tutto ma non è così semplice come appare. Analizziamo da vicino questa frase per capirci di più: “so di non sapere”.
Questa frase è stata interpretata in vari modi ma cerchiamo di guardarla dal punto di vista logico, “sapere di non sapere” non è come “non sapere di non sapere”. Lo so sembra un giochetto ma la seconda preposizione preceduta dalla negazione sta ad indicare che la prima consiste in un livello superiore di conoscenza.
Se ad esempio “sai di non sapere quale è la capitale del Brasile” significa che sei consapevole di non conoscere una data informazione. Se al contrario “non sai di non sapere quale è la capitale del Brasile” significa che pensi di saperlo ma non lo sai oppure che non ti sei mai posto la domanda perché è fuori dalla tua consapevolezza.
La formulazione socratica implica sia l’ammissione di ignoranza che di consapevolezza di tale ignoranza. Ecco per arrivare a comprendere tale trik mentale ci abbiamo messo un sacco di millenni, per quanto fosse con tutta probabilità un artificio retorico si trattava anche di una delle prime assunzioni di “ignoranza dotta”.
Quindi abbiamo una sorta di “ignoranza dotta” ed una “ignoranza tout court”, quale delle due è meno accettabile per la nostra mente? La prima! Cioè sapere di non sapere è più difficile da comprendere e accettare perché implica il riconoscimento di un limite, e per riconoscere i confini è necessario esplorarli.
Chi non erra non erra
Per molto tempo qui abbiamo usato questo altro artificio retorico puntando il dito sulla doppia interpretazione della parola “errare”: che da un lato implica “fare errori” e dall’altro significa anche “muoversi”, come nel caso del cavalier errante. Nella cultura popolare: solo chi fa le cose sbaglia, mentre se non vuoi sbagliare basta non fare niente.
Oggi useremo questa massima per spiegare il centro della puntata odierna che riprende quei concetti di errore e li mette insieme alla nostra teoria della conoscenza, quella che afferma che il nostro cervello è un simulatore che cerca di dare senso alla realtà. Non appena gli ha dato un pizzico di senso smette di cercare ed inizia a verificare.
Quando ti accorgi che la strada migliore per andare a lavoro consiste nel passare da quella via e prendere quella strada la tua mente smette di cercare nuove vie. Fino a quando? Fino a quando non trovi un limite, un problema, una strada interrotta che ti costringe a fare un giro diverso. A quel punto, solo se sei consapevole dell’ignoranza puoi migliorare.
Cioè se quando arrivi a lavoro e noti che ci hai messo molto meno tempo, a quel punto potresti pensare che le tue conoscenze non fossero adeguate. Non è facile per il nostro orgoglio ammettere che per anni abbiamo fatto la strada più lunga convinti che fosse la più corta. Per questo facciamo fatica non solo a scoprire i nostri limiti ma a riconoscerli.
Ed è per questo motivo che la scienza o meglio il metodo scientifico ha fatto una grande fatica ad imporsi, ci ha messo davvero secoli a soppiantare il modo con il quale prima davamo spiegazione al mondo. Tante persone sono state giustiziate per tale motivo, tante altre ostracizzate ed altre ancora tacciate per “materialiste” ecc.
Un aumento esponenziale dell’ignoranza
Negli ultimi secoli abbiamo avuto un aumento esponenziale di “ignoranza dotta” causata dalle varie rivoluzione intellettuali: da Copernico che ci ha spodestati dal centro dell’universo, passando per Darwin che ci ha relegati al mondo animale tirandoci giù dal trono del creato e arrivando a Freud che ci ha mostrato quanto poco sappiamo di noi stessi.
Più aumentano le nostre conoscenze più possiamo vedere quanto siamo limitati. Tale situazione non è così disastrosa come sembra, perché in realtà quando sai di non sapere significa che sei aperto alla conoscenza. Non è una resa nei confronti del mondo ma il suo esatto opposto, è un modo per attivare il nostro “senso esplorativo”.
Immaginiamo per qualche istante due persone che fanno due affermazioni, la prima dice: “sai in questo periodo sono molto interessato alla psicologia, sto comprando vari libri e corsi e mi sono iscritto ad un gruppo super interessante”. La seconda invece dice: “in questo periodo non m’interessa quasi nulla”.
Come immagini queste due persone? Scommetto che la prima la vedi entusiasta e forse sorridente mentre la seconda spenta e intristita, vero? Perché? Perché tutti sappiamo istintivamente che l’interesse, il senso esplorativo nel mondo animale, è una caratteristica delle persone vive e attive mentre il suo opposto è solitamente un segno negativo.
Quando noti che il tuo amato animale domestico smette di esplorare ti preoccupi, non solo sai che quel comportamento è atipico ma sai che si tratta di un segnale negativo in generale. Quando smettiamo di cercare ci spegniamo, e oggi sappiamo che tale situazione avviene anche a livello neurologico.
Esplorare
Se stiamo male il nostro “istinto esplorativo” si blocca, questa situazione accade anche quando pensiamo di conoscere qualcosa. Infatti se conosci troppo bene una certa situazione non solo smetti di esplorarla ma tendi anche ad attribuirle sensazioni negative legate al sentimento della noia.
Ora tutti questi giri di parole non mi servono solo a sottolineare quanto sia importante l’ammissione di igornanza ma anche per mostrarti che ciò che chiamiamo “metodo scientifico” è stata proprio una rivoluzione del non sapere, come afferma Harari nel suo bellissimo Sapiens. E questo passaggio dovrebbe essere studiato a scuola.
Perché la fuori è pieno di gente convinta che la “scienza” sia l’esatto opposto: un manipolo di personaggi prezzolati che si divertono a chiarire i misteri della vita per sentirsi superiori a Dio, per poter dare degli stupidi a chi crede in forme spirtuali, per poter controllare il mondo e mettersi al posto della divinità.
Di certo c’è stato qualche scienziato illuminista che è caduto nello scientismo ma posso assicurarti che il metodo scientifico è assolutamente il contrario: è il continuo tentativo di esplorare, di ammettere di non aver capito, di scoprire che c’è altro da scoprire. Ed è per questo che la gente oggi è arrabbiata con i professionisti che usano tale metodo.
Perché la gente è convinta che chi usa “la scienza” debba essere super sicuro di ciò che fa e che dice, mentre in realtà è il contrario. Quando il tuo medico non sembra sicuro e ti mostra molte ipotesi pensi che non sappia fare il proprio mestiere, quando magari è solo onesto. Se ti mostrasse il suo metodo euristico diagnostico resteresti ancora peggio!
Scritto nella pietra
Se ti muovi in un ambiente nuovo ed inesplorato ogni conoscenza che acquisisci deve essere data per vera, ti serve per muoverti agilmente altrimenti resteresti costantemente fermo. La nostra mente è un computer che ricerca regolarità (pattern) nell’irregolarità della realtà, lo fa per darci “certezze momentanee” che ci consentano di esplorare.
Senza tali “certezze momentaee” saremmo paralizzati, se vuoi poter girare tranquillo in un parco devi dare per assunto che nessun cane impazzirà e cercherà di sbarnarti. Altrimenti non potresti girare per un parco qualsiasi nei nostri giorni. Eppure di tanto in tanto qualche cane impazzisce e fa danni, con tutto l’amore che ho per gli animali è un esempio un po’ forte.
Quando incontri una persona per strada, magari di sera, magari in un luogo poco affollato devi dare per scontato che non ti assalirà per poter continuare a camminare serenamente. E’ qualcosa di cui abbiamo parlato numerose volte e di cui continueremo a parlare nel nostro Quaderno degli Esercizi (Qde).
A presto
Genna