Hai mai sentito parlare della tecnica del panino o del sandwich per dare feedback? Probabilmente sì ma in caso contrario si tratta di un metodo semplice e apparentemente efficace per dare feedback alle persone. E’ composto da una prima fetta di pane, un commento positivo e sincero sull’operato della persona, il contenuto del panino, cioè il feedback negativo da inviare. Ed in fine l’ultima fetta di pane: un altro commento positivo e sincero. Un bel panino… ecco ci sono diversi problemi con questo metodo, vediamoli insieme…

La colazione dei campioni

Dare e ricevere feedback è una delle sfide più importanti della nostra vita. Se ti è mai capitato di dover dare un commento negativo o di riceverlo sai che non è facile farlo in nessuno di questi due casi, ci abbiamo dedicato una puntata intera (l’effetto mamma). Non solo, la ricerca e l’esperienza ci indicano che il feedback è la chiave per ogni tipologia di apprendimento efficace. Come fai a sapere se sai bene una lingua? Devi parlarla, notare i tuoi errori e correggerli. Questo vale per ogni nuovo apprendimento sia che si parta da zero sia che si voglia migliorarlo.

Più i feedback sono diradati e difficili da scorgere e più difficile diventa l’apprendimento. La cosa funziona anche al contrario, più sono rapidi e chiari i feedback e più velocemente si apprenderà. L’esempio classico è la guida: se sbagli mentre guidi hai un feedback immediato, diretto e anche piuttosto spiacevole. Senza feedback, che siano dati da una persona, da un sistema o da se stessi in un qualche modo, non c’è vero apprendimento ma solo il convincersi di aver appreso qualcosa. Sembra strano ma questo è il pericolo più grande di tutti.

Dunque, qualsiasi cosa si voglia apprendere è necessario trovare dei feedback a cui fare riferimento. Questo è anche il problema dei lavori moderni e complessi i quali hanno feedback molto meno chiari ed è anche il problema degli obiettivi a lungo termine. Imparare a guidare ha un feedback diretto, iscriversi all’Università e studiare medicina ha feedback molto più diradati. Certo hai i voti ma non sono un reale parametro certo di quanto sarai bravo o brava a fare il medico in futuro. Questa faccenda possiamo estenderla praticamente a tutto, per questo una volta si diceva che: il feedback è la colazione dei campioni.

L’esperienza ci dice questo da sempre, tuttavia solo negli ultimi anni abbiamo realmente compreso perché è fondamentale. Non voglio fare una lezione accademica ma è bello sapere perché alcune cose sono rilevanti, almeno per me. Tutto inizia quando nel 1948 Robert Weiner, matematico e filosofo americano scrive un libro che cerca di collegare: teoria del controllo con la teoria della comunicazione applicate sia ai sistemi meccanici e sia agli esseri viventi. Creando un nuovo campo interdisciplinare che collegava un po’ tutto. E il fulcro della situazione risultava essere proprio il concetto di retroazione, cioè di feedback.

Come fa il nostro organismo a mantenere un certo range di temperatura? Lo fa attraverso gli scambi con l’ambiente e tali scambi sono vere e proprie retroazioni, proprio come funziona il nostro frigorifero. Noi ci mettiamo dentro dei cibi i quali sono ad una temperatura superiore all’ambiente del frigo, il quale mettiamo debba restare tra i 2 e i 4 gradi. Tali nuovi oggetti cedono il proprio calore aumentando quello dell’interno del frigo, se per caso si supera una certa soglia (i 4 gradi) scatta un meccanismo che attiva la serpentina con un liquido refrigerante che ripristina la temperatura.

La retroazione e i sentimenti

Il concetto di cibernetica ha cambiato il nostro modo di vedere il funzionamento della vita, che poi abbiamo applicato alle macchine e chiaramente ai computer. La seconda cibernetica inoltre ha moltissimo a che fare con la nostra amata psicologia, ma per evitare di farti venire il latte alle ginocchia non ti spiegherò questo secondo passaggio, lo trovi spiegato benissimo su Wikipedia. Torniamo dunque al tema di oggi che ad alcuni potrà essere apparso come scontato ma in realtà è centrale in ogni nostra attività umana.

La qualità delle retroazioni che riusciamo a ricevere e a dare determina in molti modi diversi le sorti della nostra esistenza. Insomma non si tratta solo del “panino” di cui parlare ma si tratta di un tema molto più vasto. Però restare ancorati al nostro sandwich è un buon modo per spiegare come funziona questo marchingegno meraviglioso che è presente in ogni cosa intorno a noi. Perché il panino ha avuto molto successo? Perché evita ad entrambe le parti di fare i conti con le emozioni spiacevoli connesse alla notizia spiacevole. Dà l’idea di un ottimo compromesso tra il dover dire qualcosa a qualcuno e come ci si sentirà.

Ma qual è lo scopo della retroazione? Informare il sistema, il che per gli esseri viventi implica apprendimento. Per quanto ad oggi le simulazioni siano sempre più precise e spesso ci consentano enormi apprendimenti tuttavia se dovessi imparare a guidare in un simulatore non sarebbe proprio la stessa cosa. Perché? Perché una cosa è imparare che se sbagli pedale vai a sbattere con tutti i danni conseguenti ed un’altra è sapere che comunque anche se “sbatti” è un simulazione. La portata di quella retroazione avrà effetti diversi perché quel “dolore connesso all’errore” non serve solo per torturarci emotivamente ma serve per imparare meglio.

Ergo se tolgo artificiosamente l’aspetto doloroso alla retroazione ciò che ottengo non è una informazione migliore ma un dato edulcorato. Cosa non sempre negativa, perché se ti faccio arrabbiare con ciò che ti dico di certo non miglioro le cose. Anche una emozione di rifiuto, la così detta “reattanza psicologica” può portarci a non imparare niente. Quindi di per se cercare di salvare i sentimenti e di conseguenza la relazione non è stupido, per questo il nostro panino ha fatto così tanta strada, ma come sottolinea Adam Grant, ci sono un sacco di problemi in questa formula, il primo è che rende il feedback meno incisivo.

E’ un po’ come se il cibo inserito nel frigo fingesse di non essere troppo caldo per evitare di traumatizzare il frigo stesso. Certo un cuscinetto che impedisca al frigo di scaldarsi troppo e troppo in fretta sarebbe utile, ma se il dato fosse troppo lento o troppo distante dalla realtà rischierebbe di rompersi. Così come una risposta troppo lenta in auto può generare un incidente. Ok non ci piace soffrire, non ci piace provare emozioni negative, non ci piace accorgerci di aver sbagliato, ma perché?

La costruzione della società

Le nostre società si sono costituite grazie alla incomparabile capacità che abbiamo noi Sapiens nei confronti di tutte le altre specie; no non è l’intelligenza e neanche il pollice opponibile. Ma è la capacità di cooperare in grandi gruppi! Come ci racconta Harari nei suoi libri ci siamo riusciti condividendo delle storie, delle narrazioni sotto le quali muoverci tutti insieme: valori, bandiere, ideali ecc. Le storie però non bastano, come sappiamo dietro le storie abbiamo condotto guerre, crociate, bruciato persone sul rogo ecc. Una società moderna richiede un altro passaggio fondamentale: la sensazione di sicurezza.

Più un popolo si sente al sicuro e più è in grado di crescere, esattamente come un singolo organismo. Se sei in pericolo non ti fermi a mangiare bene, non pensi ad allenarti e a prenderti cura di te, pensi solo a salvarti la vita. Quando siamo presi dai meccanismi di minaccia non cresciamo, solo quando ci sentiamo sufficientemente al sicuro possiamo dedicarci a crescere. Questa faccenda vale per noi umani e per tutti gli altri esseri viventi sul pianeta, per crescere c’è bisogno di sicurezza. Per questo oltre a sofisticati sistemi di difesa l’evoluzione ha forgiato altrettanto complessi sistemi di interazione.

L’attaccamento, l’accudimento, il prenderci cura degli altri è insito nella nostra specie. A quanto pare ne abbiamo prova sin dalla più remota antichità, quando abbiamo scoperto che alcuni australopitechi (genere estinto di primate della famiglia degli ominidi, un nostro antenato antichissimo) hanno portato con se una vecchia donna con le anche fratturate per anni. Erano nomadi, per la loro sopravvivenza sarebbe stato bene lasciar andare quella vecchia donna e invece se la sono portata dietro per chilometri e per anni, accudendola e curandola.

Come possiamo immaginare queste cure non sono gratuite, cioè nel senso che se i nostri antenati avessero trovato un’altra donna sconosciuta lungo il percorso nelle stesse condizioni dubito se la sarebbero portata dietro. Ora non voglio entrare nel tema dell’empatia perché come sappiamo è scivoloso (ascolta la live dedicata al libro “Contro l’empatia“) ma tali tendenze contrastanti hanno fatto si che il mantenimento del legame sociale non fosse solo un buon modo per evitare litigi. Se qualche secolo fa venivi visto male dalla maggior parte del tuo gruppo semplicemente rischiavi la vita.

Come abbiamo visto molte volte e in molte salse la paura di essere estromessi, l’ostracismo, è ancora con noi al punto tale che il nostro corpo reagisce in modo fisico (abbassando la temperatura ogni volta che viene escluso e soffrendo fisicamente). Perché è nella nostra natura cooperare in modo sano, se non ci riesci ecco che scatta la punizione del gruppo (il feedback tornando a noi) e ciò ci ha fatto sviluppare una cosa che a molti sembra una “paraculaggine del tempo moderno” ma alla luce di quanto affermato sembra molto meno assurdo di quanto ci piaccia pensare: la desiderabilità sociale.

La desiderabilità sociale

Anche di questo tema ci siamo occupati diverse volte ma quando ne parlo con chi non lo conosce ottengo sempre delle reazioni contrastanti, del tipo: “Ah a me non me ne frega niente del parere degli altri, io sono uno vero, mica sono un ipocrita”. Ma la verità è che a tutti importa del giudizio altrui, magari non “di tutti gli altri” ma sicuramente del giudizio di qualcuno. Quando qualcuno afferma che questa cosa è legata ai social o ad internet mi viene quasi da ridere dato che io l’ho studiato più di venti anni fa come fenomeno endemico della mente umana.

Quando studi come si formano i questionari e i test in psicologia trovi il tema della desiderabilità sociale, tematica molto più antica dei social. I pionieri della psicologia si erano resi conto che la gente tendeva a rispondere ai test in modo da massimizzare la propria immagine personale, questo era un grosso problema. Per questo si sono inventati delle scale (insiemi di domande specifiche) per evitare che il peso di tale tendenza inficiasse eccessivamente i dati raccolti. Ciò potrebbe dimostrare che tale tendenza sia propria della nostra specie e non una caratteristica dei nostri tempi moderni.

Cosa c’entra tutto ciò con il feedback? Tantissimo perché purtroppo come sappiamo “ambasciator porta pena eccome”. Cioè se sono foriero di cose negative rischio di essere visto troppo male e ostracizzato e questo accade, probabilmente, da sempre. Ed ecco perché non ci piace o ci viene molto difficile dare opinioni e commenti negativi alle persone intorno a noi. Si, perché se si tratta di sconosciuti è tutt’altra cosa: non ci frega molto dell’opinione di chi è fuori dal nostro gruppo o per lo meno ci frega molto molto meno. Più la relazione è stretta e più facciamo fatica a fare questa cosa.

Ora è chiaro che una tendenza simile possa essere esacerbata da una grande visibilità. Cioè i social e internet in generale di certo non hanno attenuato questo fenomeno ma lo hanno amplificato. La creazione di quelle che oggi vengono definite relazioni para-sociali sembra abbiano un effetto molto simile, tale tendenza potrebbe portare le persone che pubblicano a pensare che quella cerchia di follower valgano come una cerchia di inclusività, un clan, un gruppo di pari che non possono essere delusi (pena l’ostracismo). Dunque di certo i social sono complici di tale effetto ma non ne sono l’origine come piace pensare a molte persone.

Questi fenomeni, per quanto mi riguarda andrebbero studiati nelle scuole dell’obbligo. Ehi guarda che esistono tendenze che possono portarti a fare cavolate. Se fino ad oggi hai pensato che il tema del feedback fosse semplicemente: impara a dire le cose in modo facile alle persone intorno a te, spero che questa tua opinione sia cambiata. La retroazione non solo spiega l’omeostasi dei sistemi viventi (il che già dovrebbe bastarci) ma è in grado di mostrarci alcune tra le tendenze più antiche del nostro comportamento.

Vuoi sapere come creare un feedback potente senza panini? Allora devi ascoltare l’episodio, sembrerà strano ad alcuni ma so che molte persone leggono questo post senza ascoltare la puntata o guardare i video di approfondimento. Ed è un po’ come iniziare una serie Tv a metà, di certo possiamo divertirci a ricostruire tutto ciò che è capitato prima ma non sempre è facile. Non solo, quando ricostruiamo inventiamo, inseriamo dentro le nostre opinioni e giudizi, insomma è sempre bene quando qualcosa ci piace approfondirla da tutti i punti di vista… questa è la chiave per una visione profonda e flessibile del nostro mondo.

Fammi sapere cosa ne pensi. Ho alte aspettative nei tuoi confronti e so che non mi deluderai, lascia il tuo miglior commento 😉

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.