Da diversi anni girano due storie sul nostro cervello entrambe sbagliate, la prima ci dice che usiamo solo il 10% del cervello ed una seconda invece ci dice che ciò accade perché “funzioniamo a pezzi”.

La prima punta a raccontarci quanto potere personale abbiamo e sul fatto che “abbiamo molte più risorse di quanto non pensiamo” mentre la seconda, riporta le cose ad un livello più semplice ma hanno entrambe toto o quasi.

Seguimi fino alla fine perché le informazioni di questa puntata possono cambiare il tuo modo di vedere il funzionamento del cervello e non solo…buon ascolto:

I due punti di vista

In realtà come hai sentito la storia del 10% è una sorta di sparata lanciata da William James in quanto iperbole per indicare il fatto che in non abbiamo accesso sempre a tutto il nostro potenziale, questo è vero. Lo abbiamo visto in una recente puntata del podcast dedicata alla risorse interiori.

Tuttavia non è tanto la percentuale ad ingannare quanto il fatto di mettere in relazione “l’utilizzo del cervello” (in quanto organo) ed il nostro potenziale. Come hai sentito le cose non stanno così, paradossalmente più diventiamo bravi a fare una certa cosa e “meno cervello usiamo”.

Ora, se hai appena ascoltato la puntata è molto probabile che tu stia penando che si tratti di una cosa piuttosto banale ma devi sapere che ha fatto dannare gli scienziati per anni. E ancora adesso, se vai per strada e chiedi alla gente come la pensa molti ti diranno che “usiamo solo il 10% del cervello”.

Lo so perché qui su Psinel ne abbiamo parlato tanti anni fa, facendo anche l’errore del “modularismo”, cioè di chi afferma che in realtà usiamo “meno cervello” di quanto ci sembrerebbe necessario perché lo usiamo in modo specifico. E anche questo è vero: in questo momento sono più attive le aree della lettura e spero non quelle della minaccia.

Quindi sia la storia del 10% e sia la storia modulare sono entrambe vere. Il problema sorge quando la gente prende il dato del 10% come se fosse un dato scientifico e non una sorta di iperbole per affermare che abbiamo molto più potenziale. O ancora quando l’aspetto modulare sembra dirci che funzioniamo “pezzi”, quando non è proprio così.

Funzionare a pezzi

In questo momento che tu sia seduto o in piedi ci sono dei gruppi muscolari che ti consentono di restare in equilibrio. Se per caso hai mai avuto qualche problema a questi muscoli sai bene a cosa mi riferisco. Anche se non ti accorgi di fare continui micro movimenti di aggiustamento della postura è esattamente ciò che sta accadendo.

Ora ammettiamo che tu stia camminando (lo so non puoi leggere mentre cammini ma immaginiamolo) e immaginiamo di misurare le attivazioni del tuo corpo. Di certo quelle delle tue gambe, i muscoli che ti consentono di camminare saranno decisamente più attivi di tutto il resto dei muscoli del corpo.

Talmente tanto attivi che se li paragoniamo allo sforzo che stanno facendo altri muscoli, come ad esempio i tuoi addominali per tenerti dritto, questi ultimi sembrano quasi silenti. Ma in realtà sono attivi eccome se sono attivi altrimenti cadresti a terra come una pera 🙂 Ora io non sono un fisiologo per cui perdonatemi la analogia ardita.

Ma la stessa cosa accade nel cervello: anche se in questo momento sono le tue “aree della lettura” ad essere più attive questo non significa che il tuo cervelletto sia spento, o che il tuo sistema limbico non funzioni perché non ti stai emozionando, in realtà è tutto perfettamente funzionante ma a gradazione differenti, proprio come gli “addominali mentre cammini”.

Quindi quando diciamo che il cervello funziona per moduli (a pezzi) non stiamo dicendo esattamente ciò che accade, dovremmo dire: funziona attivando maggiormente alcuni distretti ed inibendone altri. Ma non li spegne completamente, anzi molti di questi devono restare attivi per consentirti una buona lettura.

Il connetoma

Nelle neuroscienze oggi si parla di “connettoma” cioè di come i distretti neuronali si mettano in concerto per fare le cose. In altre parole il nostro cervello funziona collegando parti anche molto distanti tra di loro e non a pezzi come possiamo vedere guardando delle immagini della risonanza magnetica.

Come abbiamo visto in questo episodio il nostro cervello funziona bene quando è “complesso” cioè quando tutto sembra funzionare come un’orchestra e non quando suonano i singoli strumenti. Anzi, più suona in modo “singolo” e più significa che possono esserci dei problemi funzionale al suo interno o che abbiamo cambiato “stato di coscienza” come nel sonno.

Quindi anche se utilizzi più una parte di un’altra in teoria lo usi sempre tutto ma con gradi differenti di intensità. Ora passiamo agli aspetti un po’ più concreti, perché sapere come funziona una certa cosa ci aiuta ma non ci dice come dovremmo usarla al meglio, come prima cosa iniziamo quindi a vedere il cervello come una macchina complessa.

Quando qualcuno ci dice: “devi fare X e Y per stare meglio o per raggiungere Z ma stai attento a non attivare l’amigdala” sta dicendo una castroneria scientifica. Sarebbe come dire, mi raccomando cammina ma stai attento a non utilizzare gli addominali, per quanto il loro impiego sia ridotto sarà impossibile non utilizzarli per restare in equilibrio.

Se gli esperti di crescita personale (ma anche i miei colleghi) usano queste affermazioni come metafore per spiegare il nostro funzionamento allora la cosa va benissimo, se invece inneggiano ad una qualche valenza scientifica devi sapere che queste persone o hanno studiato molti anni fa senza più aggiornarsi o non hanno mai letto un libro di neuroscienze.

Nella pratica

Nella pratica la cosa è talmente banale che appare sorprendente e anche paradossale, vediamo perché: nella pratica sembra ovvio che se desideriamo migliorare una qualche abilità è necessario esercitarla. E allo stesso tempo ci sembra scontato che quando iniziamo a muovere “il braccio” per diventare più forti quel muscolo “funzioni di più”.

Se vuoi fare bicipiti in palestra dovrai sforzare proprio quei distretti muscolari, ma se sei una persona ligia ti renderai conto dopo un po’ di pratica, che quel movimento diventa sempre più facile. Questo accade per due motivi: il primo e più semplice da intuire è legato al fatto che il muscolo cresce e diventi più forte.

Il secondo invece è meno intuitivo: non solo diventi più forte ma impari, via via che ripeti quel gesto, a farlo in modo sempre più economico. Il nostro caro “cervello genovese” (che tende al risparmio) è un fenomeno nel cercare di farti conservare energia per il futuro. Per tanto se gli fai fare più volte lo stesso gesto lui imparerà a farlo con minore consumo energetico.

La stessa identica cosa vale per il nostro cervello, se per caso conosci una lingua straniera, perché magari l’hai studiata a scuola ma non la usi tutti i giorni, prendere un libro e cercare di leggerlo tutto potrà risultare un’operazione molto dispendiosa. Ma ne leggi 2 pagine al giorno posso assicurati che tra qualche mese sarai 2 volte più veloce e capirai di più.

Lo so è sempre la solita menata della pratica e della consistenza, ma cosa vuoi che ti dica mi sembra incredibile che queste nozioni non vengano insegnate a scuola. Perché questo è un prodromo oggettivo alla motivazione: dire ad uno studente che fatica perché non è allenato è diverso da dirgli che gli manca “un talento” o che è poco portato.

Il mindset

Nel mondo del miglioramento personale tutti conosciamo il termine mindset e tutti sappiamo che esistono libri e studi che ci mostrano che questo è fondamentale. Tuttavia la gente non lo sa, quando a volte parlo della Carol Dweck e faccio la classica domanda: “l’intelligenza può essere espansa o resta identica nella vita?”.

La maggior parte della gente mi risponde così: (livello base) “No non può essere aumentata o ci nasci oppure farai per sempre fatica”; (livello intermedio) “Si puoi imparare un sacco di cose, migliorare su molti fronti, ma diventare più intelligente proprio no”; (livello avanzato) “Quella che stai descrivendo non è la vera intelligenza, il QI è fisso, lo dice Jordan Peterson!”.

I due miti che abbiamo visto, quello del 10% e quello del modularismo sono in realtà entrambi limitanti. C’è chi pensa che sapere che usiamo solo una parte del nostro cervello sia invece potenziante, ci convince del fatto che possiamo fare molto di più e non è un male. Ma se ci pensi bene non è proprio così semplice, lascia che mi spieghi meglio.

Se la tua auto va al 10% tu puoi aumentare le tue prestazioni del 90% una percentuale incredibilmente alta. Tuttavia se lo usi tutto può darsi che sorga qualche problema, è come dire “vado a manetta con l’auto” ma se lo fai troppo a lungo rischi problemi al motore. Non solo, se lo uso di più significa che dovrò sentire anche che “c’è più energia in circolo” e forse più sforzo.

Non solo, questo modo di vedere il funzionamento cerebrale può portare le persone a credere che chi usa davvero il cervello prima o poi sbielli, perché “è troppo pieno di pensieri e di cose a cui pensare”, quando in realtà uno che lo usa molto bene lo attiva MENO della media della popolazione non esperta in quello specifico ambito.

In altre parole, quando il tuo cervello funziona bene funziona meno. La prossima volta che ti diranno: “mi raccomando accendi il cervello” tu potrai rispondere: “guarda non ci tengo più di tanto” 😉

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.