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Quando punti il dito verso qualcuno ricordati che hai sempre 3 dita che puntano verso te stesso

Hai mai sentito questa frase? L’ho sentita tanti anni fa durante un corso… ci ho messo 15 anni a capirla davvero. Di solito viene raccontata per rafforzare il “sacro principio della responsabilità” ma va molto oltre.

Il “dito puntato” dice molto più su te stesso che sugli altri…oggi vedremo una ricerca scientifica che dimostra questa semplice intuizione, attraverso una “semplice domanda”.

Allora hai provato a fare il giochino che ti propongo all’inizio dell’audio? Quello delle fotografie? Ed hai dato il tuo “giudizio”? Allora è probabile che tu abbia reagito in 3 modi diversi…

1- “Ma onestamente non ci ho trovato nulla di me stesso in ciò che ho detto”

2- “Cavolo Genna hai proprio ragione, mi sono rispecchiato pienamente nel mio giudizio”

3- “Queste sono tutte cazzate da psicologi”

E’ davvero difficile ammettere che tendiamo a “proiettare” parti di noi stessi in ciò che osserviamo e giudichiamo. Non si tratta di un meccanismo “patologico” da cui devi stare alla larga, anzi, si tratta di un ottimo modo per conoscere te stesso.

Per metterla giù in modo molto semplice ti basta pensare a due tifosi di calcio che parlano al bar. Magari che discutono del derby delle loro due squadre del cuore. E, anche se non sono un tifoso di calcio, posso assicurarti che sembra abbiano visto due partite completamente diverse.

Perché? Ovvio, perché ognuno ha il proprio punto di vista e questo “punto di vista” è dato non solo dal “credo calcistico” ma anche da come sono fatte quelle persone.

Filtriamo la realtà attraverso le nostre lenti personali!

Se uno dei due tifosi vede la vita come una “guerra” è facile che utilizzerà delle metafore legate alla lotta, alla guerriglia ed anche i suoi giudizi saranno tali.

Questo è evidente e non c’è bisogno di parlare di “strane proiezioni”…ma c’è qualcosa di più! Oltre a proiettare la nostra “visione della vita” noi tendiamo a “proiettare” parti della nostra personalità.

Così se qualcuno che conosci continua a dirti che “gli altri sono disonesti” forse lo fa perché, sotto sotto, lui si sente disonesto oppure teme di essere giudicato come tale… o addirittura perché “ha la coda di paglia”.

La prima gallina che canta ha fatto l’uovo

Come ti raccontavo nel podcast tutto questo è da sempre presente nella cultura popolare. Anzi a dirti la verità tutta la psicologia (compresa l’arzigogolata psicoanalisi) è presente nella cultura popolare… perchè?

Perché è fatta da noi, è fatta dalla “nostre lenti” ed è inevitabile che vengano fuori pezzi di noi stessi anche in descrizioni metaforiche e folcloristiche del nostro passato.

Quindi le tue “categorie mentali” (le lenti) non solo colorano “del tuo colore” il mondo ma dicono moltissimo su chi sei e come pensi. Perchè questa attività di “categorizzazione”  non solo è nostra ma è anche “inconscia”.

Tranquillo, non intendo l’inconscio terribile di Freud ma quello cognitivo…cioè un magazzino che non conosci perché non ci porti abbastanza attenzione!

Nel 1948 alcuni psicologi molto noti decisero di fare un esperimento molto interessante. Presero il solito gruppo di soggetti e, attraverso un lungo questionario cercarono di estrapolare i loro valori personali.

Come ad esempio se erano “di destra o di sinistra”, se amavano le feste oppure no, se erano portati per una cerca cosa o meno. Insomma quei valori che tutti possediamo e che in un qualche modo rappresentano le nostre “categorie mentali”.

Come sempre i soggetti erano all’oscuro del vero obiettivo dell’esperimento. Dopo aver estrapolato questi valori o preferenze (chiamali come vuoi) presentarono una serie di parole al tachitoscopio (una macchina antiquata per registrare i tempi di reazione, oggi usiamo i computer).

In pratica il compito era questo: “tra poco ti verranno proposte una serie di parole, quando le riconosci, schiaccia questo pulsante”…. quali sono state le parole maggiormente riconosciute?

I soggetti erano moto più veloci nel riconoscere parole aderenti ai propri valori personali!

Quindi se una persona aveva come valore “l’essere ordinato” quando appariva la parola “ordine” la riconoscevano più velocemente rispetto ad altre parole non affini ai loro valori. Ti sembra ovvio?

Si in parte può apparire come ovvio, ma bisogna tenere a mente che questi soggetti non erano affatto consapevoli del compito. Cioè non sapevano di dover riconoscere più velocemente le parole affini ai propri valori.

In altre parole il loro pre-giudizio influiva sul giudizio in modo automatico! Ma la cosa che più m’interessa farti notare è che i ricercatori avrebbero quindi potuto fare anche un esperimento inverso.

Osservando quali parole riconoscevano più velocemente potevano estrapolare i loro valori

Ok, non si tratta proprio di un “giudizio sui tratti di personalità” ma è chiaro che, attraverso l’osservazione di come categorizziamo il mondo, possiamo capire moltissimo su come e cosa pensiamo di noi stessi e del mondo.

Ed è quello che hanno fatto Wood e collaboratori nell’esperimento che ha ispirato questa puntata. Si sono chiesti: “è possibile che i giudizi su altre persone rivelino qualcosa sulle persone che emettono tali giudizi?”.

E la risposta è SI! Visto che “parti da te stesso quando giudichi” è più che plausibile che tu metta (consciamente o meno) pezzi di te stesso in quella categorizzazione.

Se vuoi conoscere qualcuno…chiedigli di giudicare qualcun altro!

Ecco la semplice domanda da porre “agli altri” per conoscerli meglio. Ma come avrai sentito nel podcast il mio primo consiglio non è: “vai in giro ad estrapolare le categorie degli altri”.

Ma è stato: “conosci te stesso!”. Si perché nessuno è immune a questo fenomeno. Tutti, compresi me e te (ti immagino qui davanti a me) funzioniamo nello stesso identico modo.

Il vero pericolo è non rendersene conto e pensare di giudicare a partire da “pareri personali oggettivi”.

“Tutto ciò che ci irrita negli altri può portarci a capire meglio noi stessi”

Con questa frase Carl Gustav Jung cercava di descrivere in breve il meccanismo della proiezione…e allo stesso tempo mostrarci che “nel nostro giudizio abbiamo tanto da imparare”.

Ora non sto a menartela con tutti i complicatissimi meccanismi trovati da Jung ma l’idea è proprio la stessa di questo podcast: se qualcosa ti da fastidio nel comportamento altrui è facile che questo stia risuonando con qualche tua parte interna.

So che è difficile ammetterlo ma spesso le cose stanno così. Nota che ho detto “spesso” e non “sempre”. Perché se mi da fastidio che qualcuno ammazzi le persone non significa che “sotto sotto” anche io voglio diventare un serial killer 😉

Quindi, durante l’esercizio del podcast evita di interpretare!

Durante l’osservazione di questi “giudizi” devi stare attento ad evitare di interpretare questi tuoi “commenti interiori”. Perché rischi di fare un “meta-giudizio”, cioè un giudizio sul giudizio…limitati a riconoscere quando lo stai facendo.

Se ad esempio ti rendi conto che quel comportamento ti irrita perché “in un qualche modo ti tocca dentro” evita di cercare di fare interpretazioni strane sul tuo passato, magari basandoti sulla “psicologia popolare”.

Devi solo limitarti a riconoscere quella cosa e continuare per “la tua strada” cercando di regolare l’emotività nei confronti di quella sensazione…ancora una volta c’è di mezzo la nostra cara ed ineliminabile “responsabilità”.

Assumiti la responsabilità delle tue emozioni

Ormai questa frase dovrebbe “uscirti dalle orecchie”. Il principio è sempre lo stesso: se qualcuno fa scattare qualcosa dentro di te, magari proprio perché tocca un tuo tasto caldo, sei tu il responsabile di ciò che provi e non lui.

Il classico proverbio arabo: “se mi offendi la prima volta è colpa tua, se mi offendi una seconda volta invece, è colpa mia”. Nel senso che non sono stato capace di rendermi conto di avere “reagito automaticamente” alla tua offesa.

Lo so…lo so…è difficilissimo! Ma questa è la via regia verso una profonda evoluzione personale!

Ora non voglio dilungarmi sulla responsabilità visto che c’è un podcast apposta che puoi trovare qui. L’aspetto che mi preme in tutto ciò è fare in modo che sia chiara questo passaggio:

Se vuoi migliorare te stesso devi iniziare ad assumerti la responsabilità delle cose che ti accadono. Evitando però di fare interpretazioni arzigogolate delle tue reazioni, semplicemente prendendo per buona questa teoria.

Cioè che all’interno di un gruppo o di una coppia, quando qualcosa ci ferisce emotivamente, siamo noi a provare quelle emozioni, anche se ci sono state generate da altri. Noi siamo sempre “implicati in quel processo”.

Saperlo senza colpevolizzarsi ma assumendone la responsabilità, la capacità di rispondere con abilità agli eventi, è la strada verso una sana crescita personale. Perché invece la tendenza naturale è:

Puntare il dito all’esterno quando le cose vanno male e verso di noi quando invece vanno bene!

Questo meccanismo di attribuzione di “cause” (o colpe) all’esterno, quando le cose vanno male e verso noi stessi quando invece vanno bene non è del tutto sbagliato. Seligman l’ha inserito come una delle cause dell’ottimismo.

Ma in realtà anche lui non dice esattamente “punta il dito fuori quando le cose vanno male” ma dice, “attribuire solo a se stessi tutta la colpa è uno dei modi migliori per deprimersi”.

Nel momento in cui ti rendi conto che tutti siamo responsabili. E’ chiaro che anche la persona davanti a te è responsabile per ciò che fa e dice. Il “pacco” è che se glielo dici si incazza coma una biscia. Dai a questo punto del podcast qualche parolaccia “ci sta”.

Quindi la domanda per conoscere gli altri è in realtà per conoscere me stesso?!

Assolutamente si! Anzi si potrebbe dire che meglio conosci te stesso e più puoi conoscere davvero gli altri. Questo è qualcosa che pochi ci raccontano, ci sono migliaia di corsi per capire gli altri ma pochi per capire se stessi.

Sembra assurdo ma è proprio così. Anche perché, come ti ripeto spesso, è molto più accattivante un corso che dica: “scopri i 5 segreti per conoscere chi ti sta accanto in 30 secondi” rispetto ad un corso che dica: “impara a conoscere te stesso prima di conoscere gli altri”.

Per questo psinel si è spostata più sul “conosci te stesso”!

Ciò che più mi interessa, quando qualcuno frequenta il mio studio, un mio corso o acquista qualcosa prodotto da me online… non è che ne sia ipnotizzato e “creda” a ciò che dico senza pensarci.

Ma è che dopo un po’ di tempo mi scriva: “Wow i tuoi consigli mi stanno cambiando la vita”…e posso assicurarti che ricevo email del genere tutte le settimane. Magari da chi non ha mai “acquistato nulla” ma ha seguito i miei “semplici consigli”.

Usa saggiamente questi consigli!

Concludendo non posso che sottolineare l’importanza di conoscere noi stessi attraverso gli altri e viceversa. Gli antichi già lo sapevano, i vari “specchi Esseni” o teorie simili dicevano qualcosa del genere.

Oggi abbiamo tutte le prove empiriche di questo, non ci resta che “conoscere meglio noi stessi” anche giocando a “conoscere gli altri”.

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A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.