L’attenzione al nostro mondo emotivo è qualcosa che in realtà attraversa i secoli tuttavia è da solo pochi anni che abbiamo iniziato ad indagare questo mondo. Ancora oggi esistono emozioni che la maggior parte della gente giudica negativamente e che cerca costantemente di tenere alla larga… ottenendo un risultato disastroso. Buon ascolto:
Fermare le onde
Cercare di non provare una qualche emozione è come cercare di fermare le onde del mare. Questa è un’analogia molto semplice di cui mi sono servito a piene mani per scrivere il mio ultimo libro: “Restare in Piedi tra le Onde“. Questa puntata non è una pubblicità a questo testo ma è un modo per far si che tutte le persone, anche chi non ha voglia di leggere, possano avere maggiore consapevolezza di come funzionano le nostre emozioni.
Ne abbiamo parlato tantissime volte ma essenzialmente le emozioni sono un meccanismo biologico, che abbiamo in comune con moltissime altre specie animali, evoluto per gestire il budget energetico del nostro organismo. Serve cibo, acqua o accoppiarsi? Ecco che il nostro corpo si organizza. Qualcosa ostacola questa ricerca? Ecco che proviamo rabbia per superare quell’ostacolo e avanti così. Non si tratta di un errore di processo a cui bisogna far fronte!
Ci sono molte teorie su come erano viste le emozioni nel passato, dagli antichi Greci che le vedevano come “divinità” da ingraziarsi, ai romani come spinte passionali, sino ad arrivare ai giorni nostri. Fino a pochi secoli fa (se non decenni) le emozioni erano viste come una sorta di: “errore da evitare”. Chi mostrava troppa tristezza, rabbia, compassione, vergogna ecc. Veniva visto come debole, volubile, poco affidabile, ecc.
In realtà questo pregiudizio sussiste tutt’ora, il 90% delle persone che si recano nello studio di uno psicologo per problemi emotivi esordisce dicendo cose del tipo: “dottore io non voglio più provare rabbia (gelosia, tristezza, ansia, ecc.). Oggi sappiamo che questa richiesta è identica a questa: “dottore il braccio mi fa molto male, non lo voglio più, potrebbe amputarmelo?”. Ora a parte casi estremi di dolore lancinante a nessuno verrebbe mai in mente di liberarsi del proprio braccio, giusto?
Eppure la richiesta di eliminare specifiche emozioni o stati emotivi è una consuetudine nello studio dello psicologo. Ovviamente stiamo parlando di casi particolari, di individui che soffrono (o hanno sofferto) molto e che scambiano “il dito per la luna”. Confondono la spia con ciò che segnala: è come se vedendo continuamente la spia del carburante, una volta giunto dal benzinaio, invece di fare rifornimento, chiedeste di eliminare la spia!
La confusione moderna
Se alla tendenza a vedere il mondo emotivo come “qualcosa che non vogliamo” ci aggiungiamo un tipo di giudizio clinico, allora la frittata è fatta: provi troppa tristezza? Bè allora è evidente che sei depresso. Provi troppa paura per il futuro? Sicuramente sei ansioso. Provi troppa rabbia? Probabilmente hai un grave disturbo di personalità. Pensi troppo a te stesso? Sei sicuramente un perfido narcisista. Potrei andare avanti ancora per qualche ora!
Le emozioni sono dapprima state viste come demoni interiori, poi come manifestazioni di un “inconscio brutto e cattivo” (ascolta questa puntata per approfondire la faccenda dell’inconscio) ed oggi sono spesso viste come il segnale del fatto che qualcosa dentro di noi non funziona come dovrebbe. Perché se provi certe emozioni, come ad esempio l’ansia, significa che sei una persona debole, forse difettata dal punto di vista genetico o forse, è il nostro mondo ad essere brutto e cattivo.
Ora, lasciamo stare che in parte alcune di queste cause sono vere: cioè la genetica realmente ha una sua rilevanza e allo stesso modo davvero il mondo che ci circonda ha un effetto. Tuttavia ho visto con i miei occhi decine (se non centinaia) di persone convinte di essere fallate, di vivere nel mondo peggiore di sempre, che con un buon aiuto sono riuscite a riprendere in mano la propria vita. Ed il primo passo è sempre stato lo stesso…
Comprendere che il vero nemico è pensare che il mondo interiore sia il nostro nemico! Credere che quelle sensazioni che proviamo siano da eliminare, bloccare, evitare in ogni modo possibile. Potrà sembrare assurdo ma sono convinto che in modo sottile, la nostra società, sia passata da un modello di pacifica ignoranza a quello di finta conoscenza. Nel quale siamo tutti convinti di sapere come funziona il nostro mondo emotivo ma in realtà non è così!
Succede anche a me, l’altro giorno ero in piscina e sentivo un bambino che continuava a piangere in modo assordante e disperato ed ho pensato in modo automatico: “Ma che problemi ha questo bambino?” per poi rendermi conto un attimo dopo che ero vittima di questo stesso stereotipo. Che come sappiamo, gli stereotipi non sono del tutto inutili, ci servono per fare valutazioni rapide sul mondo che ci circonda. La cosa terribile è quando iniziamo a credere che quel giudizio raffazzonato sia veritiero!
Il punto è che non siamo molto bravi a gestirle, forse perché non l’abbiamo mai fatto prima, forse perché la società moderna è molto complessa, non abbiamo una risposta definitiva, ma una cosa la sappiamo: i problemi legati alla regolazione emotiva esistono da sempre e non fanno parte del nostro mondo moderno. Certo alcuni potrebbero essere stati inaspriti da esso (vedi l’ansia per la prestazione) ma di per se esistono dalla notte dei tempi, dal timor panico e alla rabbia cieca descritta in molti poemi omerici.
Trascendere le parti antiche
La nostra modernità ci ha fatto rendere conto di essere animali con Darwin, questa scoperta se da un lato ci ha avvicinato alla nostra natura (e alla natura in generale) ha anche aperto ad una sordida idea: il fatto che sia necessario trascendere le nostre parti antiche per diventare davvero umani. Non è una cosa totalmente errata ma porta a numerosi pregiudizi soprattutto sul nostro mondo emotivo, lascia che mi spieghi meglio.
Pensare che il “pensare bene significhi il pensare senza emotività” è un modo moderno di riportare i pregiudizi antichi sulle emozioni. Ciò non significa che sia completamente sbagliato: sappiamo quanto sia pericoloso prendere decisioni basandoci sull’onda dell’emotività, sappiamo quanto la disregolazione intensa di alcune emozioni possa portare a “pensare male”. Tuttavia il pericolo di cercare di tenere lontane le emozioni è per me, ancora peggiore.
Ciò che intendo è complicato ma non difficile: sappiamo ormai che il nostro modo di pensare si fonda sulle emozioni. Il nostro sistema emotivo sembra precedere evolutivamente quello cognitivo (inteso in modo stretto) e sembra che, un danno nei circuiti cerebrali preposti all’elaborazione emotiva porti enormi svantaggi a livello di cognizione. E’ noto il paziente di Antonio Damasio che non riusciva più a decidere nulla a causa di grave danno all’amigdala.
Inoltre, sappiamo che cercare attivamente di non provare emozioni è (come già detto) come cercare di fermare un’onda con le mani, arrestare un fiume con il proprio corpo, un’operazione impossibile e soprattutto sconveniente. Nel senso che porta solo ad ulteriori sprechi di energia, attraverso un sottile sistema di compensazioni, quando non vogliamo provare una certa emozione rischiamo (al contrario) di diventarne schiavi!
Non vuoi provare paura? Non vuoi che nessuno ti veda impaurito? Allora preparati a vivere paure molto intense, perché è questo che succede quando cerchiamo di cancellare le parti antiche. Invece per quanto riguarda il “trascendere” (che da il nome a questo paragrafo)? Be in realtà, attraverso pratiche di vario genere (soprattutto di tipo meditativo) è possibile trascendere, cioè imparare non tanto a superare o andare oltre ma “restare con”.
Questa è la vera trascendenza emotiva, la capacità di restare con le nostre emozioni, se fatto adeguatamente le trasforma. O meglio, fa si che la spinta energetica data dall’emozione stessa venga utilizzata (per quanto possibile) per i nostri scopi diretti. Fa si che quella rabbia ti spinga a chiedere un aumento, ma senza urlare e perdere il controllo. Fa si che quella tristezza ti faccia aprire nei confronti delle persone che ami, ecc.
Emozioni proibite… da dove arrivano?
Se mi segui da tempo di certo conoscerai tutto ciò che abbiamo visto sino a qui e voglio raccontarti come è nato questo episodio. Non nasce direttamente dal mio ultimo libro ma dalle supervisioni cliniche che ho fatto negli ultimi anni: fare supervisione nel nostro campo significa parlare insieme ai colleghi di come stanno conducendo le loro sedute (lo so era intuibile ma non per tutti). In questi anni ho avuto la fortuna di raccogliere tante storie di colleghi e, qualche volta, assistere a qualche loro seduta.
Ciò che emerge è che anche i miei colleghi giovani, in modo inconscio, cercano di evitare la presenza di alcune emozioni intense in seduta, il che non è sbagliato del tutto. Ma diventa un grave errore quando non ci accorgiamo che stiamo circumnavigando alcune tematiche perché, in fondo in fondo, e a noi che da fastidio provare specifiche emozioni nell’altro. Nel nostro campo è molto comodo, hai un supervisore che ti aiuta a notare che tendi, non so ad esempio, ad evitare la rabbia e poi ragionarci sopra insieme.
Nella vita di tutti i giorni facciamo la stessa cosa, cerchiamo di evitare alcuni tipi di emozione, solitamente quelle che fanno soffrire anche noi, le nostre “emozioni sfida“. Così come i miei colleghi (e io stesso) tendono ad evitare inconsapevolmente alcuni tipi di attivazione emotiva, la stessa cosa tendiamo a farla nella nostra vita quotidiana. Ecco perché è così importante fare mente locale su questa faccenda, non è una roba teorica: “sai tendiamo ad evitare certe emozioni perché bla bla bla”…
E’ una cosa ultra pratica. Sapere che tendiamo ad evitare, compensare, nascondere e bloccare certi stati emotivi è un modo eccezionale per conoscerci meglio. Ma è un modo che non amiamo, perché richiede coraggio, richiede la capacità di guardare dritto in faccia ciò che ci turba e questo oltre a non piacerci è fuori moda. Oggi nella crescita personale vanno di moda le cose che “ti fanno sentire al top” mica quelle che ti fanno guardare “verso il basso”.
Ma come dicevano gli antichi, ripresi più volte da Jung: se non curi le radici non potrai estendere il tronco ed i rami verso il cielo (come il cielo così in terra…ecc.). Noi siamo esseri completi, composti da risorse meravigliose e anche da conflitti, siamo entrambe queste cose al punto tale che le nostre più potenti risorse derivano dalla risoluzione dei conflitti stessi. Solo che, ripetiamolo ancora una volta: tutto ciò richiede sforzo, è sbatterci è l’ultima cosa che purtroppo ci piace fare.
A presto
Genna