Trasformare una “legge spirituale” in una sorta di vademecum psicologico non è facile, anche se sotto sotto, cosa che proverò ad argomentare oggi, sono sempre stato convinto che ogni religione e teoria spiritale possegga: una profonda saggezza che va oltre i suoi dogmi di fondo.

Che tu sia credente o meno (io non lo sono) attingere alla saggezza antica è una buona idea, ricordando sempre che si tratta di qualcosa “fuori contesto”. Nel caso della legge di oggi non si parla di molto tempo fa ma le sue radici sono millenarie…

La mente paradossale

Anni fa vidi un video di Remo Bodei (noto filosofo italiano) mentre spiegava come San Agostino fosse riuscito a superare la propria insonnia. Il filosofo racconta che Agostino non riusciva ad addormentarsi, cercava con tutte le sue forze di farlo ma più tentava e meno ci riusciva.

Così ad un certo punto pensò qualcosa del genere: se non sono io a decidere quando posso addormentarmi allora sarà una forza esterna. Ed indovina quale forza andò a pescare? Esatto, quella di Dio coniando la famosa frase: “sia fatta la tua volontà”.

Da questo racconto sembra che la famosa frase non indichi una qualche sottomissione ad un essere superiore ma una sorta di richiesta di aiuto a qualcosa di diverso dalla “volontà”, cioè dal proprio “io cosciente”. Non a caso Bodei, in quel video, cita proprio il Mental Research Institute di Palo Alto come tentativo per spiegare ciò che aveva fatto Agostino.

Agli occhi di una persona comune la frase resta un mistero ma a quelli di uno psicologo non troppo. Perché per i miei colleghi è evidente da secoli che esista una forza dentro ognuno di noi che non è riconducibile alla consapevolezza, al punto tale che parliamo di inconscio.

Come abbiamo visto in questo episodio, inconscio significa un sacco di cose ma essenzialmente vuol dire: qualcosa di cui non sei consapevole. Che non significa che non ti appartiene o che è necessariamente metafisico, in questo momento sei consapevole di pochissime cose che accadono nel tuo corpo, eppure accadono e ti tengono in vita!

Ancora Palo Alto

Una delle scoperte più importanti di quei geni di Paolo Alto è la famosa “tentata soluzione disfunzionale”. In altre parole, quando una persona ha un problema di tipo psicologico (quindi comportamentale, cognitivo ed emotivo) tende a costruire delle soluzioni che invece di aiutarla la affossano ulteriormente.

In questo episodio abbiamo parlato delle varie teorie matematiche che ci sono sotto, è una roba molto seria. Ma tutti abbiamo esperienza diretta di tali soluzioni non funzionali. Un esempio? Prendersi a schiaffi di notte quando arriva una zanzara a svegliarci. Ti è mai capitato? A me un sacco di volte.

Se ti prendi a schiaffi, per prima cosa non prenderai mai la zanzara e come seconda cosa, ti sveglierai ancora di più. Tali osservazioni sono talmente efficaci che se guardi un qualsiasi tuo problema potrai trovarci sotto un qualche comportamento che ti sembra buono ma che in realtà mantiene il problema.

Esempio: inizi a temere una certa situazione, magari perché ti sei spaventato, ed eviti di fare quell’azione stessa. Se fosse guidare, smetti di guidare oppure fai guidare i tuoi amici. E questa soluzione ti allontana dal tuo timore ma allo stesso tempo lo tiene vivo. Perché è proprio guidando che potresti superare il problema.

E qui vediamo subito in atto una delle forze che ci portano ad attuare tali soluzioni, una delle più frequenti ed importanti: l’evitamento! Il tentativo di evitare un dolore necessario ci porta a stare momentaneamente meglio ma nel lungo andare ci rende sempre più deboli!

L’ormesi

E’ stato Paracelso (cioè Theophrastus Bombastus von Hohenheim) uno dei primi a parlare di “ormesi” come risposta benefica di adattamento ai “veleni”. Qualcosa che sappiamo tutti: il dolore che provi quando vai in palestra è necessario per far crescere i muscoli; la confusione quando studi serve per prepararti alla chiarezza ecc.

E’ un concetto reso noto da Taleb nel suo costrutto di “antifragilità”, dove un corpo, quando riceve una botta invece di rovinarsi, ammaccarsi, diventa più forte! E’ una caratteristica tipica degli esseri viventi ma che nella nostra società, sempre più spinta alla ricerca del “piacere” si è lentamente allontanata.

Tutti vogliamo fuggire il dolore e ricercare il piacere, perchè? Perché in natura ciò che procura dolore è nocivo mentre ciò che produce piacere è benefico… sempre? No e l’ormesi è un concetto che tiro in ballo proprio per dimostrare questa falsa scelta… perché se fosse davvero così allora basterebbe drogarci e non uscire più di casa per vivere serenamente.

Ciò che viene sottolineato sia dall’ormesi e anche dalla “legge di inversione” è un’altra costante degli esseri viventi: l’omeostasi. Cioè la tendenza dei viventi a mantenere un certo equilibrio chimico fisico davvero molto sottile. Fino a quando i viventi restano dentro una certa “omeostasi” prosperano e crescono, al di sotto deperiscono e periscono.

Il concetto di ormesi però ci aiuta a capire il vantaggio di qualcosa che non è intuitivamente buono, cioè la sofferenza, lo sforzo. Se la risposta ormetica però ci porta fuori equilibrio ecco che può diventare negativa, e la cosa incredibile è che non ci rendiamo conto quando diventa tale fino a quando le cose non sono pericolose per noi.

Dalla biologia alla filosofia

Ora queste cose i filosofi le hanno sempre sospettate, ed infatti nelle filosofie orientali si parla spesso di “non lotta”, di lascarsi andare alla “via”, di non “interferenza con l’ordine delle cose” ecc. Che sono poi alcuni dei concetti che hanno guidato Alan W. Watts nella stesura del libro “la saggezza del dubbio” in cui, nelle prime pagine ci parla di questa legge mutuata da Huxley.

Le filosofie orientali con la loro cedevolezza, quasi contraria alla filosofia occidentale dello sforzo, dello stoicismo e della ragione, ci mostrano come è quanto sia importante affidarsi ad una qualche intelligenza superiore. Che, per fortuna, in molti contesti è rappresentata da noi stessi.

In generale mentre in occidente lo spirito e la divinità sono sempre fuori dalla persona in oriente accade il contrario. La persona è una manifestazione diretta della divinità, è una divinità. La mente del Buddha con tutte le sue qualità alberga in ogni essere umano ed hanno anche sviluppato delle pratiche per raggiungerla.

Sì certo esistono pensieri simili anche in occidente, tuttavia la nostra società moderna, fondata sul concetto di razionalità e di volontà si è quasi dimenticata che 2 secoli fa Freud ha decretato che “Non siamo padroni in casa nostra”. Ecco forse in modo un bel po’ pessimistico.

Per fortuna esistono altri modi di vedere questo potere al quale lasciarci andare, come il concetto di inconscio coniato da Milton Erickson e in parte anche da Jung, dal suo allievo Assaggioli ecc. Una visione che ci consenta davvero di affermare “sia fatta la tua volontà”.

Somiglianze e differenze

Questi paradossi assomigliano molto a quando una persona viene percepita in modi differenti. Ora il vero campo di azione dove la legge di inversione regna sovrana è nell’affermazione di noi stessi. Vedi, ogni volta che parli ed agisci e soprattutto comunichi, non veicoli solo il messaggio ma anche come “vuoi essere visto nella relazione”.

Anche questi principi sono stati scoperti a Palo Alto, ma proseguiamo. Quando nell’episodio ti chiedo di fare mente locale della “direzione in cui spingi forte” in realtà mi riferisco proprio a questo, sarebbe stato meglio dire: “nota cosa vuoi comunicare con maggiore forza ai tuoi interlocutori, cosa vuoi che pensino di te”.

Tutti abbiamo esperienza di questo fenomeno: un tuo collega che cerca di veicolare un’immagine di professionalità e serietà ma che, esagerando, rischia di essere troppo rigido. Un amico che volendo apparire sempre simpatico risulta invece superficiale ecc.

Ecco, non stiamo parlando del fatto che la professionalità possa apparire ad alcuni come rigidità, ma del fatto che se spingi troppo in una direzione rischi di veicolare il messaggio: “aiuto percepitemi come professionale” e questo ci fa apparire proprio al contrario.

Non abbiamo bisogno di capire la matematica booleana o i livelli logici di Russell (sembrerà strano ma queste cose c’entrano) per afferrare questo concetto. Se uno cerca apparire forte non significa che sia debole ma che rischia di veicolare tale comunicazione e, contemporaneamente risultare realmente debole.

Sì, sotto questa “legge” ci sono un sacco di intrighi psicologici e filosofici, ma il senso è molto semplice… se sai di essere: forte, simpatico, intelligente ecc. Non hai bisogno di forzarti in quella direzione, forse però hai ricoperto per anni un certo ruolo e senza rendertene conto hai iniziato a “spingere”… non è tardi, puoi imparare a riconoscere e lasciar andare.

Continuiamo questa discussione nel nostro QDE

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.