Hai mai seguito un corso di comunicazione efficace? Che tu l’abbia fatto o meno scommetto che nel corso di questi anni hai (anche tu come molti) notato un cambio davvero rilevante in questo ambito: siamo passati dal vedere l’essere umano come una sorta di algoritmo da hackerare ad un essere unico con cui entrare in relazione. Una differenza abissale che oggi userò come spunto per iniziare la nostra chiacchierata…
Cacciate i sofisti dalla Polis
Fu lo stesso Socrate per mano di Platone a raccontarci che il modo migliore per governare una Città (la Polis) fosse non solo quello di affidarla a persone sagge e colte ma anche a persone che cercavano la verità. Ad individui che durante il loro discutere ed argomentare fossero spinti maggiormente dall’episteme (le cose certe*) piuttosto che dalla Doxa, cioè dalle opinioni. Dunque mentre stavo editando questa puntata ho notato ancora una volta i collegamenti con l’antichità che ancora una volta ci mostrano quanto siamo ancora noi, quando siamo ancora umani.
I Sofisti erano visti dai Socratici come dei truffatori che usavano le abilità linguistiche per sostenere argomenti poco solidi, per fregare le persone ecc. In realtà le cose sono più complesse di così, Gorgia da Lentini che è ricordato come uno dei padri della retorica, usava i sofismi per difendere le persone povere da eventuali manovre da parte dei potenti nei confronti dei più deboli. E abbiamo molte altre prova di questo tipo di interventi. Questo aspetto è importante perché riguarda anche il tema che stiamo affrontando in questa puntata: conoscere le manovre di persuasione e di convincimento che la psicologia (sociale e non) ci ha donato in questi anno non è di per se sbagliato.
Ciò che è sbagliato è usare quelle armi per agire in modo non etico. Non è sbagliato cercare di argomentare bene le proprie opinioni è sbagliato farlo quando le proprie ipotesi non reggono, quando vogliamo imporre la nostra visione per controllare le altre persone ecc. Insomma per tutte quelle brutte cose che possiamo mettere sotto il cappello della manipolazione. Un termine che non amo particolarmente perché troppo spesso è come utilizziamo uno strumento e non lo strumento stesso a fare la differenza. Un genitore che utilizzi una tecnica appresa su un libro per comunicare meglio con il figlio, lo sta manipolando?
Ok è un esempio esagerato però l’aspetto etico è importante ed è secondo me personale: chiunque voglia migliorare il proprio modo di comunicare, deve assumersi la responsabilità di come utilizzerà quegli strumenti. Un po’ come chi vuole frequenta una qualsiasi arte marziale o da combattimento deve assumersi la responsabilità delle proprie azioni e reazioni in caso di scontro fisico.
Cacciare i sofisti dalla polis per me è sbagliato. Lo so che è difficile educare ogni cittadino alla buona comunicazione, mostrargli tutti i bias e i sillogismi sbagliati in cui potrebbe incorrere (gli aninemi) ma questa dovrebbe essere la nostra tendenza. Dovremmo tendere alla conoscenza e non all’ignoranza, se alcune forme linguistiche funzionano meglio di altre è bene studiarle, non è sempre manipolazione. Ti faccio un esempio personale che stavo riportando qualche giorno fa a mia moglie parlando di calligrafia, cioè l’arte del saper scrivere bene.
Quando ero circa in terza o quarta superiore ho iniziato a capire una cosa davvero banale: meglio scrivevo i miei compiti è più alto era il voto (e viceversa). Per chi non conosce la psicologia questo dato potrebbe apparire strano: scusa cosa c’entra come scrivi, ciò che conta è se hai fatto bene il compito, no? Si è vero ma a parità di contenuto, uno che si legge meglio viene anche valutato meglio perché non fa sforzare il docente. Più alto è lo sforzo e di conseguenza la sofferenza più tale stato negativo verrà in un qualche modo spalmato sul tuo voto. Si chiama fluenza cognitiva, e ovviamente non sempre va a nostro vantaggio, a volte ci svantaggia ma non nel caso dei compiti in classe e negli esami.
(*Nella visione post-moderna doxa ed episteme vengono viste come due ideologie).
Corsi di comunicazione
Come ho raccontato molte volte ho iniziato a lavorare nel campo della psicologia proprio a partire dai corsi di comunicazione efficace. Il primo l’ho tenuto tra il 2005 ed il 2006, ricordo ancora quando siamo entrati in questa azienda a fare l’analisi dei bisogni, cioè cercare di capire di cosa avessero necessità, cose avremmo dovuto insegnare. E ricordo ancora le risposte ai questionari: la maggior parte delle persone, nonostante non fossero venditori, voleva conoscere le tecniche di vendita, voleva conoscere un modo di comunicare che servisse loro per “stregare l’uditorio“.
Per anni ho insegnato tecniche che derivavano anche dall’ipnosi, tecniche di persuasione e manipolazione e molto raramente metodi di ascolto attivo e di interazione etica. Lo so sembro un mostro ad aver fatto queste cose ma lascia che te lo ripeta ancora: era la richiesta che andava per la maggiore ed essendo un esperto di ipnosi era anche quella che incontrava con più facilità le mie competenze (e quelle dei miei colleghi). Alla fine però, ogni volta che si teneva un corso del genere, le cose che i corsisti si portavano a casa con maggiore soddisfazione non erano le “tecniche segrete per ipnotizzare tutti” ma era altro.
Ciò che la gente si portava a casa (e via via sempre di più) era il tema centrale della relazione. Anche se credevano che il modo migliore di comunicare fosse quello sofista, quello votato alla persuasione e al convincimento, tutti si rendevano conto che il tema della relazione era qualcosa di più che importante. Lo abbiamo visto diverse volte ma la cosa è molto semplice: se non c’è una buona relazione tra i parlanti qualsiasi tipo di manovra comunicativa cadrà nel vuoto. Ed è per questo che esistono anche tecniche per “entrare in relazione”, come i vari ricalchi di vario genere: il rispecchiamento fisico, emotivo ecc.
Negli ultimi anni, attraverso gli studi delle interazioni più complesse: dalla negoziazione di ostaggi alla psicoterapia, dal telefono amico alla vendita porta a porta. Ciò che abbiamo capito è che la relazione non è qualcosa che attivo dentro di te e di cui mi servo ma è qualcosa che attiviamo insieme e co-creiamo insieme. Giusto per capirci, se voglio fregarti dicendoti delle bugie e voglio farlo bene, io per primo devo credere a quelle bugie! A vederla così sembra una cosa molto triste e per usare il testo di uno dei miei gruppi italiani preferiti (gli Afterhours) “Imparare a barare e sembrare più vero due miserie in un corpo solo“.
Lo so cosa stai pensando: “Quindi chi cerca di fregarmi sta fregando se stesso?“. In un qualche modo assolutamente si, chi cerca di fregarti deve prima fregare se stesso. Sai qual è la tecnica di manipolazione più potente usata dalle sette? E’ quella di prendere un adepto mediamente convinto ed invitarlo a fare proselitismo. Il fatto di impegnarsi a portare persone dentro la setta lo conduce inevitabilmente a rafforzare le proprie convinzioni in merito: convincere gli altri ci porta a convincerci ancora di più! Non è solo un meccanismo di manipolazione ma viene usato anche per altro…
L’apprendimento e la regolazione energetica
Quando parliamo di modificare gli atteggiamenti e le opinioni altrui (termine accademico per parlare di persuasione) stiamo in realtà parlando di apprendimento. Quando riusciamo ad ottenere un qualche cambio di opinione ci riusciamo proprio in virtù di un nuovo apprendimento, dell’acquisizione di un nuovo punto di vista. Ed infatti la tecnica che ti ho appena mostrato funziona molto bene quando dobbiamo imparare qualcosa di nuovo: insegnare ciò che abbiamo appena appreso è un modo molto potente per ripassare la materia e conficcarla nella nostra memoria.
Quando in psicologia parliamo di apprendimento non possiamo fare a meno di andare alle basi di queste ricerche, le quali ci condurranno inevitabilmente ad un termine che suona molto male: condizionamento! Abbiamo discusso molte volte di questo tema, guarda questa puntata che cambierà per sempre il tuo modo di pensare l’apprendimento (anche se sei un mio collega e magari pensi di conoscere a fondo questo tema, se non hai mai sentito parlare di “errore di previsione”, fa anche per te). Tutte le leggi del comportamentismo sono affascinanti ma non spiegano la complessità sistemica della comunicazione.
Qui per “sistemica” intendo che tra i due interlocutori si instaura in sistema di botta e risposta (cibernetico per i nerd) in cui alla fine non esiste più una linearità di causa ed effetto ma un sistema circolare di interazione. E’ questo sistema che emerge l’aspetto rilevante di ogni interazione che abbiamo con le altre persone, quindi non solo un sistema di co-apprendimento ed co-influenzamento, ma anche e soprattutto, un sistema di co-regolazione reciproca. Regolazione di cosa? Del nostro amato budget energetico, di come allochiamo le nostre energie dentro e fuori di noi.
Facciamo questo dalla nascita e forse anche prima, ci regoliamo sulla base delle relazioni che ci circondano. Sembra una cosa strana da dire (ne abbiamo parlato in questo episodio e in molti altri ) ma se ci pensi bene è del tutto normale: se entri in un bar e ti siedi con qualcuno a prendere un caffè, sarai influenzato dal comportamento della persona con cui ti trovi e non solo. Se accanto a voi si siede una persona che di colpo scoppia a piangere, anche voi ne sarete influenzati. Se arriva una coppi allegra, stessa cosa, se ne arriva una litigiosa, idem.
Noi siamo animali sociali ed abbiamo delle antenne predisposte per monitorare lo stato delle persone intorno a noi. Perché il pericolo più grande per la nostra incolumità (dalla notte dei tempi) sono proprio gli altri esseri umani. Attenzione, non sto dicendo che siamo biologicamente cattivi, sto solo dicendo che il nostro sistema di allarme è specializzato nell’individuazione di esseri animati e in particolare di altri esseri umani. Sia per chiedere aiuto e socializzare ma anche per evitare di essere aggrediti da qualcuno della nostra stessa specie.
Dall’Inconscio alla consapevolezza
Un tempo tutti i corsi di comunicazione persuasiva usavano un sotto testo: ti insegniamo a comunicare con l’inconscio delle persone. Tutto derivava dal mio primo grande amore: l’ipnosi! E come ogni primo grande amore, non si scorda mai, sono da sempre stato molto attento a tutto ciò che veniva fuori in questo ambito (non hai idea di quanti soldi ho speso per formarmi nelle cose anche più strane legate al tema dell’ipnosi). Certamente questi corsi esistono ancora e a livello clinico hanno anche senso ma state attenti in chi vuole insegnarvi a comunicare bene con l’ipnosi e soprattutto con l’inconscio.
Se vuoi conoscere meglio il tema della comunicazione con l’inconscio ascolta questo episodio e per comprendere cosa io stia intendendo per inconscio, ascolta invece questo episodio. Lo so, sono tante cose da sapere ma almeno così chi desidera capire fino in fondo avrà pane per i propri denti. Questo tema ha avuto uno slittamento attraverso concetti di neuroscienze portati avanti da personaggi come Daniel Siegel e Vittorio Gallese, sul tema della intersoggettività vista attraverso gli occhi della neurobiologia. L’inconscio è la nostra biologia? Questa è una domandona… ma in parte assolutamente sì! (se sei sorpreso devi ascoltare gli episodi menzionati sopra).
Prima di ciò c’era stato Rogers, con la sua comunicazione empatica e la sua attenzione per i bisogni. Attenzione tipica di quel solco di psicologia che viene definito “del potenziale umano” tra gli esponenti oltre a Rogers, c’era Maslow (appunto quello dei bisogni) e nello stesso periodo altri autori parlavano di una comunicazione più autentica. Il punto di vista di Palo Alto con la sua pragmatica della comunicazione umana ha poi spostato tutto verso un lato maggiormente logico ed algoritmico, con i loro assiomi della comunicazione e con le loro splendide teorie sul cambiamento (si veda il il libro “Change”).
Il tema non è più quello della comunicazione ma quello della interazione e della relazione. Le apparentemente fredde analisi del M.R.I. di Palo Alto non servono per togliere umanità al processo relazionale ma solo a descriverlo in modo formale. Da lì si sono generati molti approcci alla comunicazione che invece vedevano l’essere umano come un algoritmo da programmare, la cosa da riprogrammare era l’inconscio. A proposito, alcune persone adorano questi termini, prova a cercare termini come: “riprogrammazione dell’inconscio” o “riprogramma il tuo inconscio o la tua mente”… resterai a bocca aperta da questo successo hanno sul web!
Perché hanno successo? Perché accarezzano l’idea di fare le cose senza alcuno sforzo, ti programmo la mente e ti insegno anche come farlo con gli altri. Saltando il faticoso processo di interazione, di relazione, al quale tutti siamo chiamati. Vedere la relazione come un algoritmo ci impedisce di attivare quelle qualità umane, di reale ascolto e comprensione che sono richieste in ogni vera interazione. Il che non significa che sia sbagliato studiare queste cose… ne parleremo più approfonditamente nelle prossime puntate e nel video Extra di questo episodio.
A presto
Genna
Ps. In questo momento sono proprio a Roma (all’istituto ICNOS) ad insegnare ai miei cari colleghi come usare al meglio la comunicazione.