Tenacia e forza di volontà sono sotto l’occhio vigile di Psicologi e scienziati da diversi anni, ma solo negli ultimi decenni si sono fatti concreti passi in avanti in tal senso. Una delle prime cose che abbiamo capito è l’intimo legame tra la nostra capacità di gestire le nostre energie fisiche e quelle mentali, come abbiamo discusso ampiamente nell’episodio 502… ma quello era solo l’inizio!

Il cervello non serve per pensare

La prima cosa affascinante da chiedersi è: “a cosa serve il nostro cervello?” la maggior parte della gente risponderebbe: “serve per pensare” ma le cose sono più complesse di così. Per millenni sono vissuti animali in grado di muoversi agilmente per il mondo senza un cervello, senza la possibilità di fare quello che oggi chiamiamo “pensare”. Ora, non voglio sostare troppo sul tema ma pensare e usare il cervello non sono attività direttamente sovrapponibili.

Quindi perché ad un certo punto della storia evolutiva è apparso il sistema nervoso? Secondo moltissimi studiosi per creare una centrale in grado di smistare efficacemente le risorse energetiche, un tema che tecnicamente si chiama Allostasi. Cioè la capacità di allocare (da questo Allo-stasi) le risorse energetiche in un organismo. Qualcosa di speculare al concetto di omeostasi per la quale si cerca un costante equilibrio che avviene appunto, con continue allocazioni energetiche (allostatiche).

Perché è così importante questo punto? Per molti motivi, il principale è per comprendere che tutto il nostro organismo tende ad un continuo risparmio energetico. Quello secondario ma non per importanza è il fatto che tale allocazione di energie non dipende solo da aspetti fisici ma anche da come vediamo il mondo. Lo so sembra un paradosso, ti ho appena detto che il cervello non serve per pensare e sembra che un pensiero possa influenzare il suo comportamento.

Ma fatto sta che per anni abbiamo visto la distribuzione energetica nel corpo come una sottile azione di vasi comunicanti: se sei troppo stanco fisicamente lo sarai anche mentalmente e viceversa. Come abbiamo visto nella puntata 502 questi “vasi” non comunicano in modo paritario ma si sbilanciano in base alle evenienze che emergono dall’interazione con l’ambiente. Dunque tenacia e forza di volontà dipenderebbero dalla capacità di allocare le nostre energie.

Ovviamente è certo che il cervello serva per pensare ma non solo per quello, serve soprattutto per il gravoso compito dell’allostasi. Non ci credi? Se stai camminando in una strada buia di notte, in un luogo poco sicuro e di colpo vedi degli strani figuri che ti seguono, non te ne frega niente di avere una idea chiara di chi siano. La maggior parte di noi accelererebbe il passo se non addirittura si metterebbe a correre senza dover approfondire gli aspetti “intellettuali” della situazione.

Forza di volontà finita o infinita?

Quanto appena riportato ci porta alla prima vera diatriba per spiegare la forza di volontà, per anni abbiamo pensato che essa fosse una risorsa limitata, ed in parte è proprio così. Il che implica che meno siamo prestanti a livello energetico (o più energia dobbiamo sprecare) e più è facile che le decisioni prese in quel frangente possano essere sbagliate. L’esempio che faccio sempre è quello degli acquisti su Amazon, non so se lo sai ma di notte compriamo un sacco di cavolate, perché abbiamo poca energia in saccoccia per ragionare lucidamente.

Gli studi più appassionanti su questo tema sono stati condotti da Roy Baumeister il quale ha svolto numerosi studi e coniato un termine molto particolare: deplezione dell’ego. Per indicare quanto la nostra volontà tenda a consumare le proprie energie, senza rendersene conto. Ecco un punto centrale della faccenda: che la stanchezza ci renda peggiori decisori sembra scontato ma del fatto di non rendercene conto e del fatto che vi sia una influenza significativa sulle nostre decisioni, questo non è così scontato come sembra.

In altre parole anche se prendiamo piccole decisioni, come quella di leggere questo post, essa ci toglierà un pizzico di energia (resta qui perché tra poco la guadagnerai) in realtà ogni azione che compiamo ha questo effetto di “deplezione dell’ego“. Tuttavia una ricerca ad opera di Carol Dweck (quella del mindset ) ha provato che le nostre convinzioni su questa tematica hanno un effetto potente. La Dweck ha ripetuto alcuni studi di Baumister solo che ad alcuni ha raccontato la storia della deplezione e ad altri no.

Come risultato è emerso che se una persona è convinta di avere energie a disposizione per sempre, cioè non le è stata raccontata la storia dell’ego, ecco che consuma meno energia. Tuttavia c’è da sottolineare che il fenomeno della deplezione è vero ma bisogna stare attenti a come lo si comunica, questo è un tema molto presente in psicologia e prima o poi ci faremo delle attente riflessioni.

Se hai ascoltato questo episodio hai sentito anche che è stato preso da un episodio recente del Huberman Lab Podcast, il quale però si ferma qui a mostrarci questa strana situazione, per me esiste una risposta ed è bene indagarla (per quanto possibile). Il modo più semplice di spiegarla è attraverso la profezia che si auto-avvera: se pensi che le tue energie siano limitate tenderai ad interpretare ogni singola sensazione di spossatezza come il segnale del fatto che la tua forza di volontà si sta esaurendo e ti fermerai prima del tempo.

La via di mezzo: usare le informazioni per tenacia e forza di volontà

Viceversa se pensi che le tue energie siano infinite oppure semplicemente non sei consapevole del fenomeno, probabilmente monitorerai meno le tue risorse e questo ti consentirà di usare le tue energie con maggiore flessibilità. Questo non significa che le tue energie siano realmente infinite ma dimostra l’effetto che una convinzione limitante può avere anche se raccontata in un contesto sperimentale. Ok, questo non spiega tutto ma ci aiuta a capire che la scelta migliore è una sorta di via di mezzo saggia… come sempre.

Ciò che ha fatto la Dweck è stata dire: stai attento al tuo serbatoio di risorse, costringendo i partecipanti ad attuare un eccessivo auto monitoraggio. E’ come se ti chiedessi di guardare sempre la spia della benzina, questo comportamento paradossalmente ti impedirebbe di essere concentrato al massimo sulla guida consumando più energia. Una buona via di mezzo è convincersi che le proprie risorse di forza di volontà sono sufficienti a fare ciò che vogliamo fare e allo stesso tempo avere un occhio di riguardo per la nostra energia MA non in quel momento.

Proprio come uno sportivo professionista che durante l’allenamento sta molto attento a quanta energia spende ma poi in gara da tutto, perché si è preparato prima, lo stesso possiamo fare noi ed oggi è anche di gran moda. Non so se te ne sei accorto ma da alcuni anni la crescita personale si è spostata dal regno del mentale a quello del corpo, mentre un tempo sui manuali di questo genere si parlava di convinzioni, motivazione e valori oggi si parla di alimentazione, esercizio fisico e qualità del sonno.

In altre parole abbiamo intuito questo legame molto forte tra come ci prepariamo alla vita e come la affrontiamo, il che non può essere fatto solo a livello psicologico. Questo è stato più o meno il tema della puntata dedicata alle differenze tra energie mentali e fisiche (ancora la 502). Dunque se da un lato dobbiamo assolutamente prestare attenzione alle nostre energie dall’altro dobbiamo evitare di cadere nella trappola della profezia che si auto-avvera, cioè farci limitare da questa consapevolezza.

Come fare ad attuare tale distinzione senza travalicare il limite? Dove per limite si intende da una parte il fatto che la convinzione da sola non basti e che dall’altro l’energia da sola non basti? In psicologia esiste un fenomeno identico legato al tema del “come se”, cioè dell’agire “come se” qualcosa fosse vero. Ecco in psicoterapia questa parte viene usata solo verso la fine del trattamento, perché prima ci si deve assicurare che il paziente abbia acquisito abilità specifiche o sia riuscito a recuperare abbastanza forza per attuarlo. Facciamo qualche esempio…

Convinzioni e azioni

Se arriva un paziente nel mio studio con gli attacchi di panico raramente potrò consigliargli una cosa del genere: “lei esca di casa come se non avesse mai avuto i suoi attacchi di panico”. Tutti ci rendiamo conto che questa richiesta, posta in quel momento (e anche in questo modo), sia assurda. Far finta di non avere quel problema è esattamente come il convincersi di una cosa, l’unico modo per far si che questo accada in modo ecologico è che la persona sia realmente vicina alla risoluzione del problema e abbia bisogno “di una spintarella”.

Tornando alla tenacia e alla forza di volontà, da un lato abbiamo i dati che ci dicono che siamo più forti i quanto solitamente pensiamo. Perché? Per molti motivi ma quello di base è ancora il risparmio energetico. Da un altro lato sappiamo che agire semplicemente convincendoci di avere energia quando non l’abbiamo può condurre anche a gravi errori. Quindi come fare? Alcuni consigli sono stati dati nella puntata, altri saranno presenti nel video extra ma…

Essenzialmente bisogna fare un po’ di cosine, la più ovvia è occuparsi della propria energia personale. Dunque mangiare bene, dormire bene e fare esercizio fisico, inutile ripeterlo ma utile farlo in generale. Dall’altro lato c’è la predisposizione a sfidare i propri limiti, unico modo per scoprire e toccare con mano che abbiamo realmente più tenacia di quanto percepiamo. Questo non è solo il modo per capire fino a che punto possiamo spingerci e quindi aggiornare le nostre convinzioni ma…

E’ anche il modo per attivare la corteccia cingolata anteriore mediale, cioè quella zona del cervello che si attiva durante gli sforzi ed è responsabile sia della tenacia che della forza di volontà. Le quali sembrano la stessa cosa, ma come già detto in puntata, si tratta di due operazioni leggermente diverse e complementari. Forza di volontà significa andare avanti, coltivare motivazione mentre tenacia ha a che fare con il non mollare, due azioni speculari che si sostengono a vicenda.

Per allenare quel muscolo quindi dobbiamo sia essere capaci di andare avanti e sia essere in grado di non cadere nelle tentazioni. Non basta convincerci di essere più forti dobbiamo toccare con mano quella forza prima di spingere il pedale sull’auto-convinzione, cioè sull’agire “come se” avessimo più energia. Questo passaggio è sottile ma fondamentale, ad oggi abbiamo solo prove empiriche di ciò che sto dicendo ma l’applicazione clinica mi incoraggia in questa direzione: più abilità abbiamo e più possiamo convincerci, meno abilità abbiamo (o esperienza) e più dobbiamo svilupparla prima di convincerci.

Ci credo o mi convinco?

Il fatto che le convinzioni abbiano un effetto concreto sul nostro corpo è abbastanza assodato, nello studio citato la Dweck è riuscita a modificare la quantità di glucosio consumata dal cervello modificando le convinzioni. Tuttavia, così come per gli studi sullo stress, convincersi può avere un effetto momentaneo ma se non è sorretto da azioni che ci aiutino a cementare la convinzione resterà una sorta di “credenza fallacie”. Perché poche prove contrarie la smonteranno.

Se sai di essere bravo a fare una certa cosa, anche se avrai intoppi e fallimenti, ciò potrà influenzare le tue prestazioni ma non troppo. Perché se le hai esercitate, messe alla prova più e più volte, quei fallimenti incideranno poco, al contrario se non ti sei “solo convinto” ecco che il più piccolo fallimento potrebbe farti non solo tornare indietro ma convincerti del contrario. “Ecco vedi, sono solo un bluff, non è vero che so fare quella tal cosa o che abbia più energia di quanto io creda”.

Per questo motivo le convinzioni, per quanto fondate (come quella che il mindset modifichi il nostro accesso alle energie personali) devono sempre essere messe sul banco di prova della realtà. Altrimenti la cosa peggiore che potrebbe accadere è che tali credenze si cementifichino male, cioè noi pensiamo che siano solide, perché non le abbiamo mai testate, ma al primo alito di vento vacillano. E’ ciò può portare, nel migliore dei casi a fallire e rendersi conto che la convinzione non era assodata.

Nel peggiore dei casi può portare a cercare di difendere quella credenza attraverso iper compensazioni, evitamenti e sotterfugi che facciamo prima su noi stessi e poi sugli altri. Quindi se per caso hai apprezzato la puntata ed hai anche approfondito con il podcast di Huberman, ecco il pezzo psicologico che manca al nostro scienziato americano preferito: come si gestiscono le convinzioni.

Fammi sapere se questo tema ti piace perché, come al solito, abbiamo solo sfiorato la superficie.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.