Cosa rende davvero stressante la nostra vita? Secondo alcuni ricercatori esiste una peculiarità che rende lo stress della vita davvero negativo. Abbiamo parlato di stress molte volte e sappiamo che esso ha una valenza sia positiva che negativa, ma la faccenda di oggi ci aiuterà a riconoscere uno stress nascosto e come farvi fronte in modo efficace.

Lo Stress dell’incertezza

Secondo lo studio presentato essere “incerti” su ciò che sta per accadere è una delle fonti di stress nascosto e soprattutto peggiori, come hai sentito è in grado di ridurre drasticamente le prestazioni dei giocatori. Una cosa abbastanza banale se ci pensi, tuttavia nasconde alcune peculiarità che è bene analizzare insieme in modo da chiarire come funziona questo “benedetto stress”.

Come abbiamo visto molte volte il nostro cervello è una sorta di simulatore che tende a prevedere ciò che sta per succedere, lo fa continuamente. Più si trova in condizioni di ambiguità e più attiva questa parte predittiva, sino a farla svalvolare, soprattutto nelle condizioni in cui è davvero molto difficile prevedere il futuro.

Tuttavia, come ho già scritto in “Facci Caso” non credo che l’uomo moderno abbia più incognite rispetto ai nostri antenati, allora come abbiamo fatto a sopravvivere sino ad ora in un mondo molto meno prevedibile rispetto a quello attuale? Le risposte sono tante ma essenzialmente la differenza sta nel fatto che un tempo cercavamo di riempire tale mancanza di significato con altri significati e non solo.

Non mi riferisco solo al fatto di credere a entità metafisiche e alla religione ma mi riferisco al fatto che gli effetti dell’imprevedibilità erano tangibili. Se un tuo compagno di tribù non prevedeva correttamente un salto, finiva in un burrone, se non prevedevi adeguatamente quanto coprirti morivi di freddo ecc. C’era una sorta di trasparenza in questi atti, sapevamo di non prevedere e le azioni sconsiderate pagavano subito il conto.

Insomma c’era una sorta di feedback immediato: prevedo male, finisco male! Un punto di vista fatalista, “è stato il destino a volerlo” in questi casi risulta essere quasi provvidenziale e salutare. Perché sarebbe come ritrovarsi nel gruppo che sa “che arriverà la scossa”, cioè le nostre aspettative sulla realtà erano paradossalmente meno certe, meno ferree e di conseguenza meno stressanti! (Queste ovviamente sono tutte ipotesi).

Locus of control e Stress

Alcuni di voi ricorderanno che diversi anni fa parlammo degli studi di Kelly McGonigal qui su Psinel la quale sembrava ribaltare per sempre il paradigmi legati allo stress. La vera questione era tutta legata a queste paroline che danno il titolo a questo paragrafo: Locus of control, anche se tra i suoi testi non era poi così chiaro ma oggi cercherò di chiarirlo in modo che si capisca meglio.

La McGonigal è diventata famosa grazie ad un TED nel quale usava una nota struttura retorica nella quale si cerca di affermare: “ho sbagliato tutto fino ad oggi, tutti sbagliamo e le mie ricerche mi hanno aperto gli occhi, per anni abbiamo sbagliato”. La cara McGonigal ci racconta che per anni ha raccontato in giro che lo stress era pericoloso, la prima fonte di tutte le malattie (mentali e non) ed uno dei principali fattori di rischio per il nostro sistema cardio-vascolare.

In realtà come sapeva bene la McGonigal, già in nuce il concetto di stress parlava di 2 tipologie uno cattivo (il distress) ed uno buono (l’eustress) di stress. Lei ci parla di un mindset nato più dalle cattive informazioni sullo stress in generale che ci hanno portato a sperimentare i segnali attivatori (sudorazione, batticuore, ecc.) come segni negativi per il nostro organismo. La cara Kelly ci insegna a rivalutare quei movimenti interiori come un chiaro indicatore delle nostre capacità di adattamento.

Così nei suoi studi i soggetti vengono invitati a dirsi: “questa sensazione di agitazione prima di parlare in pubblico sono segni del mio corpo che si prepara ad affrontare la sfida“. Meraviglioso! In realtà già qualcuno prima di levi aveva visto la cosa in modo simile, Julian Rotten il papà del concetto di Locus of Control ci raccontava che tutto ciò che sentiamo di scegliere intenzionalmente produce uno stress buono e viceversa.

Locus of control (LoC) è un costrutto psicologico degli anni 60′ che ci mostra come tendiamo ad attribuire il controllo degli eventi che viviamo. Solitamente tendiamo ad avere un LoC interno quando le cose vanno bene (“ho passato l’esame perché mi sono preparato” dipendeva da me) e esterno quando invece ci vanno male (“Mi hanno bocciato perché la prof. era una stronza” non dipende da me). Il tipo e il grado di controllo percepito modula la qualità dello stress!

Sindrome generale di adattamento

Questo è stato il primo termine per definire lo stress, come una fuoriuscita da un certo equilibrio che richiede energia per il suo ristabilimento (omeostasi), nasce da studi sulla fisiologia umana, tutte cose che molto probabilmente già conosci. Ma sono interessanti quando pensiamo al tema del nostro episodio, l’incertezza, perché essenzialmente ci aiutano a comprendere meglio cosa significhi davvero diventare bravi nel gestirla.

Il vero adattamento non è mai prevedibile, perché se lo fosse non genererebbe uno squilibrio da dover riadattare: se guardando fuori dalla finestra vedi che sta piovendo e ti porti un ombrello, non c’è alcun adattamento che dovrai fare, anzi lo hai già fatto per prevenirlo. Se invece ti trovi fuori e di colpo scoppia un temporale sarai costretto ad una adattamento di qualche genere: camminare più velocemente, passare sotto ai portici o comprare un ombrello di emergenza.

Ecco spiegato in modo semplice perché quando riusciamo a prevedere siamo molto meno stressati, facile no? Tuttavia se ci pensiamo bene quante volte durante una giornata succede di riuscire davvero a prevedere ciò che sta per succedere? Non tantissime, certo non è che tutti i giorni ci capitino cose eccezionali (per fortuna) ma di solito le cose non sono mai esattamente com e ce le aspettiamo.

Quindi dovremmo essere sempre stressati? No, perché in realtà siamo nati per adattarci di volta in volta a ciò che ci accade intorno, ne abbiamo accennato anche di recente nella scorsa puntata del podcast. Ed è un tema di cui parliamo da tantissimo tempo e ovviamente non solo noi, infatti abbiamo prova di esercizi per allenarsi agli imprevisti dalla filosofia degli Stoici. Per i quali “aspettarsi il peggio” non era un modo per abbattersi e sentirsi pessimisti ma un modo per allenarsi all’imprevedibilità del mondo.

Ok l’atteggiamento stoico non è facilissimo né da comprendere né da attuare, tuttavia l’idea di prepararci a cose che potranno accadere fa parte della specie umana. In particolare c’è un attività che ogni essere vivente sembra compiere e che pare abbia proprio una funzione del genere: il gioco. Giocare è un modo per allenarsi alla vita, per prepararsi senza stress a lottare, fuggire, lavorare, vincere, perdere ecc. Ne abbiamo parlato in questo episodio sulla psicologia del gioco.

Mettere da parte le aspettative

Non possiamo realisticamente eliminare le aspettative ma possiamo accorgerci di averle e allenarci a metterle momentaneamente da parte, è ciò che si fa con la pratica della meditazione. Lascia che ti racconti uno degli studi più suggestivi sulla pratica meditativa: immagina di essere chiamato tra i soggetti di un esperimento molto particolare. Ti chiedono di misurare la tua sopportazione del dolore!

Ti mettono una piastra in mano e ti dicono che ad un certo punto questa inizierà a scaldarsi gradualmente, sino a raggiungere una temperatura tale da risultare parecchio dolorosa. Ti assicurano che la pelle non subirà danni ma che la sensazione sarà parecchio intensa. Sarai collegato ad una macchina in grado di rilevare il grado di stress (attivazione) del tuo corpo, proprio come nell’esperimento citato nella puntata.

Però a partecipare a questo studio non sono solo persone comuni, ma ci sono anche alcuni esperti meditatori, in particolari alcuni monaci con migliaia di ore di meditazione alle spalle. I ricercatori volevano vedere se vi fosse una qualche differenza nella percezione del dolore e nella risposta allo stress subito. La differenza c’era ed è stata incredibilmente interessante.

Mentre i non praticanti erano praticamente in stato di attivazione (provavano stress) sin dall’inizio dell’esperimento con un picco intorno alla reale stimolazione, per i meditanti esperti non è andata così. I. pratica i monaci erano belli tranquilli e si attivavano solo ed esclusivamente nel momento in cui la piastra raggiungeva una reale temperatura dolorosa. Quindi sentivano anche loro male, ma non lo anticipavano e non restava con loro a lungo!

Secondo questa prospettiva ciò che stressa maggiormente non sarebbe solo l’imprevedibilità degli eventi ma il tentativo stesso di prevederli. Quando non riusciamo a prevedere la nostra mente parte per mille rivoli diversi di pensiero, nel tentativo di anticipare, ma più cerca di anticipare ciò che di negativo potrebbe accadere e più perde la capacità di restare nel presente. Chi medita cerca di mettere in “secondo piano” la preoccupazione per cercare di osservare ciò che capita momento per momento.

Illusione della conoscenza

Su questo sito parliamo da anni delle “varie illusioni della conoscenza” a cui siamo sottoposti, i motivi ormai dovrebbero essere chiari: dato che non possiamo fare a meno di dare un senso a ciò che ci circonda, una volta che glielo abbiamo dato, poi diventa difficile uscire da quella interpretazione del mondo. Siamo progettati per illuderci di aver compreso, se non fosse così non ci avventureremmo in nulla di nuovo e sconosciuto!

Le idee raffazzonate sul mondo, di cui ci siamo occupati nella puntata sui “gesti scaramantici“, ci aiutano a muoverci in un territorio che non conosciamo bene. Ed è molto probabile che questa tendenza a credere di aver “capito e compreso” serva proprio a ridurre quella ricerca di senso che ci fa percepire con forza lo stress. In altre parole pensiamo di poter prevedere l’imprevedibile e questo ci porta a provare più stress del normale!

Oggi più che mai, mentre un tempo c’era una sorta di “spazio al mistero“, le conoscenze attuali ci illudono di poter prevedere con maggiore accuratezza, di conoscere di più, di avere ogni tipo di informazione importante a portata di mano. Tutto ciò, invece di farci sentire più sereni e tranquilli può portarci ad illuderci di sapere quando sappiamo di non sapere.

Infatti l’accesso alle informazioni da un lato ci fa sentire sereni dall’altro lato ci fa rendere conto che non sappiamo quanto pensiamo di sapere, insomma un bel paradosso che si trasforma in eccesso di stress. Senza contare il fatto che viviamo in un mondo che non è propriamente “a misura d’uomo“, ma io sono ottimista e credo che siano proprio queste conversazioni e questi studi a portarci verso un miglioramento.

La tecnologia come l’intelligenza artificiale potrebbero “distruggerci” come ricostruirci, nel senso di tornare a dare ancora più valore alla umanità. Se gli aspetti tecnici della nostra vita saranno risolti da intelligenze superiori a noi non resterà che coltivare la nostra unicità, che in tal senso è rappresentata da tutti i valori umani. Insomma a questo punto dovrei parlare di diritti umani, tecnologia e illusione della conoscenza, ma mi servirebbe un altro post…

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.