Quando dico alla gente che meditare consiste nel restare fermi “senza fare niente” la maggior parte fraintende e crede che si tratti di una pratica passiva.

Alcuni sono convinti che meditare significhi ascoltare audio rilassanti che conducono a fare “immaginazioni guidate”: chiudo gli occhi e quando li riapro sto meglio… wow!

La meditazione che facciamo qui su Psinel è invece un processo molto attivo che oggi analizziamo in uno dei suoi tanti “paradossi”…buon ascolto:

La non azione

Se hai ascoltato questa puntata del podcast sai che per praticare la meditazione di consapevolezza dobbiamo essere capaci di osservare il momento presente, senza giudicarlo e in modo intenzionale (IOS).

E sai probabilmente che tale osservazione non rientra nel campo “del fare” perché per poter estasiarti di un fiore, di un buon cibo o dello sguardo di una persona non hai bisogno di fare un bel niente. Quando sei li presente sei e non fai alcunché!

Questa non è solo una descrizione della coscienza ma è anche un aspetto tecnico da tenere a mente durante la meditazione perché una delle prime cose di cui ci si rende immediatamente conto praticando è il fatto che più cerchiamo di “non fare nulla” più la nostra mente diventa “arzilla”.

E’ infatti quando siamo belli rilassati che la nostra mente si concede quei lunghi e piacevoli “viaggi mentali” caratterizzati dall’attivazione della ormai stra famosa DMN (di cui su Psinel parliamo dagli albori della sua scoperta).

Per notare questo movimento nel nostro percorso introduttivo di Clarity partiamo infatti dal notare come agisce la nostra “macchina del tempo”, cioè il fatto che quando stiamo li senza fare niente la nostra mente ci porta a spasso nel passato e nel futuro.

La modalità dell’essere

Jon Kabat-Zinn descrive la modalità con cui facciamo meditazione “modalità dell’essere” perché in quel momento non stiamo facendo nulla, nel senso che non stiamo cercando di risolvere le cose, di rilassarci o di ottenere stati mentali particolari.

La meditazione di consapevolezza dovrebbe appunto, basarsi su questa e quindi sul fatto di osservare qualsiasi cosa emerga. Il problema sorge proprio con l’emergere dei contenuti i quali attivano la tua parte di problem solving che si attiva e cerca di risolvere la situazione.

Che sia un semplice: “A che ora dovrei uscire oggi per fare la spesa?” (di questi tempi ce lo chiediamo tutti) sino “chi sono io e che senso ha restare qui seduto in silenzio”. Dalle domande più concrete a quelle più astratte tutte fanno scattare qualcosa dentro di noi.

Questa cosa che scatta viene definita come “mente”, quella parte di noi che chiacchiera, rappresenta (cioè crea immagini) e progetta il futuro. Una parte fondamentale per la nostra crescita e soprattutto per la nostra sopravvivenza.

L’esercizio più complesso della meditazione è notare i movimenti di questa “mente” che tenta continuamente di risolvere i problemi che sorgono, dal più stupido al più complesso. Non puoi fermarla, quello è il suo lavoro, puoi solo notarla e gentilmente…

Tornare al presente…e la lotta interiore

Uno dei problemi più grandi per chi inizia a meditare (e non solo) sta nel fatto di non distinguere il fatto che quella parte di noi sia costantemente attiva con il fatto che sia “sbagliato che sia attiva”. Non è per nulla sbagliato e l’errore fondamentale è quello di confondersi su questo piano.

Credere che prima o poi quella parte smetterà di emergere, non smetterà ed è per questo che a volte scattano delle “lotte interiori” come se volessimo a tutti i costi uscire da questa tendenza… ecco la verità: non puoi farlo!

Ciò che puoi fare invece è riconoscerla e smetterla di combatterci contro, nel momento in cui la riconosci e l’accetti puoi tornare con tranquillità al tuo momento presente. Se al contrario la vedi come un modo “sbagliato” di praticare ecco che scatta “la lotta interiore”.

Ed è qui, in quel preciso momento che scopri anche quanto può essere piacevole meditare, è nel momento in cui “non tendi più da nessuna parte” che ti “distendi”. Ecco perché non si tratta di rilassamento, come molti pensano, non è un comandarsi di rilassarsi o immaginarlo.

E’ invece uno smetterla di cercare di rincorrere i problemi quotidiani, notarli e tornare nel presente. Ed è una cosa molto molto difficile perché la gente si sente bene quando riesce a comprendere e risolvere, mentre qui ti viene chiesto solo di “riconoscere”.

E attenzione: riconoscere non significa né capire né risolvere ma significa solo sapere che c’è qualcosa e che questo qualcosa va trattato in un modo specifico, che qui su Psinel chiamiamo IOS.

Cosa succede a quei contenuti?

Alcuni credono che quei contenuti che emergono durante la pratica siano particolarmente significativi perché emergono dalle nostre parti inconsce. Dalla parte “oscura” della nostra mente, ma se mediti da tanto sai bene che le cose non stanno così.

Si è possibile che emergano cose antiche e inconsapevoli ma per la maggior parte del tempo ciò che osservi sono faccende abbastanza comuni e quotidiane, quelle che già naturalmente ti danno da pensare nella tua vita di tutti i giorni.

E se emerge qualcosa di inconscio ed intenso? Nessun problema, il fatto di osservarlo e trattarlo con gentilezza è già sufficiente in quello stato per lavorarci sopra. Noi tendiamo a confondere la coscienza con l’inconscio, siamo quasi convinti che la prima sia più importante della seconda.

Ma come hanno dimostrato i miei colleghi le cose stanno esattamente al contrario, la maggior parte delle cose che pensi, che risolvi e che arrivano alla tua mente giungono da una parte che potremmo definire “inconscio”. Dico “potremmo” perché come sai esistono diversi modelli di inconscio.

Quando una cosa emerge nella tua coscienza e tu riesci ad osservarla, ripeto, hai già fatto un super lavoro. Se poi riesci a non reagirvi, ad accoglierla, a convivere con lei durante la pratica, stai facendo un ulteriore passetto in avanti.

Esposizione e controevitamento

Due dei processi psicoterapici che funziono maggiormente sono la esposizione agli eventi che non vogliamo accettare. Lo sappiamo ormai da secoli che le cose che evitiamo tendono a farci del male ma oggi sappiamo anche che fare il contrario è terapeutico.

In realtà lo sappiamo da sempre, già anticamente si sapeva che quando una persona cadeva da cavallo per riuscire a non perdere fiducia doveva risalirci il più velocemente possibile. Abbiamo dedicato a questo concetto un episodio intero.

Una moderna crescita personale invece ci invita a “pensare alle cose positive” perché è da li che traiamo forza, devi sapere che questo concetto è giusto se nel cercare di farlo non evitiamo le cose negative come abbiamo visto nella puntata relativa alle risorse.

Chi inizia a meditare senza una buona preparazione, senza conoscere questi dettagli rischia di pensare che “il mettere da parte i contenuti mentali” per orientarsi al presente sia “evitarli”. Ma come abbiamo visto nel nostro “gioco delle sensazioni” le cose non stanno così. Perché?

Perché in realtà è proprio attraverso un’incessante osservazione che riusciamo a fare la cosa più importante nel campo della meditazione e in realtà nel campo della crescita personale: conoscere noi stessi!

Conosci te stesso

A furia di osservare il movimento dei tuoi pensieri senza interferire, cioè senza cercare di risolvere ciò che ti viene in mente o di goderti quelle sensazioni che ti provoca, diventi via via sempre più consapevole di come ti passano per la testa quei contenuti.

E a furia di osservarli, una volta terminata la meditazione, in momenti anche molto distanti dalla pratica, diventerai molto più risolutivo verso quegli aspetti. Perché è come se la pratica ti insegnasse la differenza tra i pensieri “inutili” e quelli “utili”.

Ma attenzione, questo è un effetto della pratica prolungata, per cui se stai meditando da 2 mesi evita di aspettarti un effetto del genere, dovrai prima sviluppare la capacità di guardarti dentro “senza diventare cieco” e poi via via potrai fare questa distinzione nella tua vita quotidiana.

E’ una distinzione che emerge e non qualcosa che vai a cercare, la cosa che ho personalmente notato è che grazie alla pratica “i nodi vengono al pettine” ed in quel preciso momento che stai facendo un profondo lavoro su te stesso anche se non ti sembra di fare nulla.

Insomma si tratta di una vera e propria palestra o un “laboratorio” che puoi utilizzare per lavorare su te stesso. Continueremo questo discorso nel Qde di oggi.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.