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Fino a soli pochi decenni fa la scienza era convinta che il nostro cervello avrebbe smesso di svilupparsi intorno ai 9 anni. Poi con l’avanzare delle neuroscienze questa “età” è andata via via crescendo.

Oggi sappiamo che il nostro cervello continua a modificarsi per tutta la vita, e le sue capacità di apprendimento restano altissime anche in tarda età. Esiste una mentalità che facilita l’apprendimento in ogni fase della vita…

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Le osservazioni sullo sviluppo cerebrale hanno portato gli studiosi dello scorso millennio a credere che anche le capacità di apprendimento fossero limitate dallo scorrere del tempo.

Ed effettivamente non c’è paragone tra la velocità di apprendimento di un bambino con quelle di un adulto. Tuttavia la neuroplasticità (la capacità del cervello di modificarsi) ci ha dato una evidenza che era da sempre sotto gli occhi di tutti.

Noi continuiamo ad imparare per tutta la vita!

Oggi esistono prove di persone di 80 anni che studiando apprendono nuove lingue. La mai vicina di casa (ti assicuro che è la verità) ha 92 anni, guida tranquillamente e usa l’Ipad come se fosse una teenager.

Insomma abbiamo un potenziale di apprendimento senza limiti. Di certo invecchiando il nostro “processore diventa più lento” ma continua comunque a funzionare, e spesso molto bene!

Ti parlo della neuroplasticità per arrivare ad una domanda chiave: oltre all’invecchiamento cerebrale che cosa ostacola l’apprendimento via via che aumenta l’età?

Le nostre conoscenze ci liberano e ci legano!

La risposta alla domanda di prima non è facile. Perché la psicologia ha provato che anche una semplice convinzione negativa è in grado di farci apprendere sempre meno in età avanzata.

Ma non solo, può farlo anche in giovane età. Nel mio studio sono passati molti giovani ragazzi convinti di non poter imparare niente, a causa delle vecchie esperienze negative.

Oltre a queste convinzioni disfunzionali ciò che impedisce di apprendere sono le cose che già conosciamo… come ti raccontavo in questo post le influenze delle conoscenze “Top Down”.

Ancora una volta… il nostro cervello è pigro

Come abbiamo detto molte volte una delle caratteristiche del cervello è quello di “risparmiare energia”. Non lo fa perchè “è avaro” ma perché così aumenta le possibilità di farci sopravvivere.

Non è una sorpresa scoprire che il cervello (e nota bene, quando dico cervello intendo tutto il nostro sistema cognitivo-emotivo) è abitudinario. Ti basta vedere ciò che fai ogni giorno per scoprirlo da te.

Questi schemi di “pensieri-comportamenti-emozioni” diventano delle comode “strade battute” da seguire con sicurezza. Tutto ciò che è sicuro ci fa sentire protetti, e ci da quel senso di “controllo e potere” su ciò che ci circonda.

Ma cosa succede se fai sempre le stesse “strade”?

Probabilmente se ti cambiano qualcosa nel percorso fari molta fatica ad adattarti al cambiamento. Questo è uno dei motivi per cui alcuni colleghi consigliano di fare strade diverse per raggiungere i posti soliti, con lo scopo di tenere il cervello “allenato”.

Tutto questo assomiglia a quel concetto della crescita personale che chiamiamo “zona di comfort”. Ognuno di noi sviluppa nel tempo una serie di abitudini che lo fanno sentire comodo e sicuro.

Tendiamo a frequentare gli stessi locali, le stesse persone, gli stessi circoli. Questa è la zona di comfort, un luogo mentale dove ci sentiamo a nostro agio, secondo gli appassionati di questa teoria per crescere bisogna allargare questa zona.

E’ davvero possibile continuare ad espandere la “zona di comfort”?

Se vai da un “fuffa coach” e gli dici che desideri aumentare la tua “zona” probabilmente ti inviterà a sfidare continuamente quelle tue abitudini, quasi come se chi ha paura di viaggiare abbia come unica soluzione “continuare a viaggiare per sempre”.

In realtà le cose non stanno così: se hai sufficiente consapevolezza dei tuoi mezzi, flessibilità e spirito di adattamento non hai bisogno di allenarti, se capita di dover uscire da quel selciato semplicemente lo fai!

Ok, ma tutto questo cosa c’entra con la mentalità del principiante del podcast? Tantissimo ed ora te lo dimostro 😉

Secondo ciò che ti ho appena raccontato per poter continuare ad apprendere avresti solo due strade: imparare continuamente cose nuove o al contrario, smetterla di studiare.

Lo so che possono sembrare due soluzioni assurde, ed in effetti lo sono. Sono posizioni opposte, una che dice che per imparare devi sapere tutto ed una che dice che è meglio non sapere niente.

Ed è di poco tempo fa l’annuncio dell’ennesimo ricercatore che afferma di aver scoperto la ricetta della felicità: rimanere ignoranti. Sposando in pieno una di queste due tesi.

Il tuo cervello non è una tazza… e neanche un contenitore.

Potresti dire che Internet è un contenitore? Si, perché contiene molte cose. E potresti dire che essendo un contenitore ha dei confini ben definiti? La risposta è no!

Internet è una rete nata con l’apposito scopo di non avere limiti, in modo che non esista un solo nucleo centrale che una volta distrutto fa collassare tutto. L’hanno progettata così proprio durante il periodo della guerra fredda.

Il nostro cervello è del tutto simile. Anche se perdi porzioni importanti del tuo cervello questo si ricabla (non sempre ovviamente) riconsentendoti di riprendere quelle funzioni.

Esistono prove di persone che perdono un intero emisfero cerebrale e, con lo sviluppo (di solito sono giovani) recuperano tutte le funzioni… anche se non hanno l’emisfero sinistro parlano e capiscono.

Il cervello è una rete e non un sacco!

Se fosse un sacco allora avrebbe ragione il monaco Zen quando riempie la tazza del professore fino a farla straripare. Il senso in realtà non è questo, ma molti l’hanno interpretato in questo modo.

A vedere il cervello come “un sacco” non è solo lo Zen ma anche le prime neuroscienze che pensavano all’accumulo di conoscenza come ad una sorta di “continue nuove memorie in consolidamento”.

Ed è proprio nella parola “consolidamento” che sembra esserci questa ideologia del “cervello sacco”. Oggi i neuroscienziati parlano di “integrazione” perché i nuovi contenuti si integrano su quelli vecchi.

L’integrazione dei nuovi apprendimenti è inevitabile

Quando impari qualcosa di nuovo questo viene influenzato da ciò che già conosci. Se impari a suonare la chitarra e poi il basso, quest’ultimo avrà delle influenze “chitarristiche”.

In questo non c’è niente di male, anzi le vecchie acquisizioni favoriscono quelle nuove (si chiama transfert delle abilità). Questo processo è come se avvenisse in due fasi: una prima valutazione (appraisal) automatica ed una seconda valutazione più consapevole.

La ricerca ha dimostrato che la “prima valutazione” è influenzata da ciò che credi e dal tuo stato di presenza. Se credi di conoscere già quegli argomenti avrai una valutazione di un certo tipo, più influenzata dai vecchi apprendimenti.

Mentre la seconda valutazione è già parte di quel processo integrativo, la prima è una sorta di “cancello di entrata”. Noi possiamo fare moltissimo per tenere spalancato il cancello, sia cercando di mettere volontariamente da parte i vecchi apprendimenti e sia restando nel presente.

L’atteggiamento migliore per apprendere è quello del perenne principiante

Lo so che a questo punto ti sarà molto chiaro ma è bene ripeterlo: per imparare, anche dalle cose che già pensiamo di sapere, è bene avere un atteggiamento ingenuo di partenza.

Nota che ho detto “di partenza”, facendo riferimento a quella prima valutazione. Si perché dopo devi accendere i tuoi radar e cercare di capire se qualcosa non ti quadra.

Come diceva qualcuno (credo Piero Angela):

E’ bene avere la mente aperta, ma non così tanto che il cervello rischi di cadere per terra” 🙂

Alla prossima
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.