E’ davvero possibile acquisire il controllo su noi stessi? Questa domanda, se mi segui da qualche tempo, potrebbe apparirti come una piccola trappola, dato che da anni insisto sul fatto che in realtà: NON possiamo controllarci così tanto come vorremmo. Tuttavia la ricerca ha provato che sentire di avere il senso di controllo aumenta la nostra salute e l’efficacia delle nostre azioni…

Controlla ciò che puoi controllare

L’antichità ci arriva spesso in aiuto e in questo caso gli Stoici sono stati di certo i filosofi più pragmatici della storia del pensiero umano. Molti di loro, a partire da Epicuro, passando per Epitteto e arrivando a Seneca e Marco Aurelio, hanno sostenuto l’importanza del concentrarsi sulle cose che si possono controllare distinguendole da quelle che non possiamo controllare. Sembra banale ma questo semplice consiglio è la chiave di molte incomprensioni personali.

Questa massima è vera praticamente al 100% se non che la ricerca e la conoscenza ci hanno fatto da tempo comprendere che, mentre nella realtà fisica questa differenza è facilmente comprensibile, in quella psicologica non tanto. Cioè mentre puoi capire di non poter controllare il cambiamento climatico puoi però poter fare la differenziata, non puoi capire come funziona la centralina della tua auto ma puoi portarla dal meccanico per una revisione.

Spesso, quando ci troviamo di fronte alla vita vediamo le cose come “troppo grandi” ed è a quel punto che possiamo orientare la nostra attenzione verso ciò che possiamo davvero controllare. Come nella nostra bella metafora dell’auto che deve raggiungere una meta di notte: non ha bisogno che tutta la strada sia illuminata ma può arrivarci illuminando un pezzetto per volta, senza dover vedere tutto il processo insieme.

Il “controllo stoico” dunque consiste nel cercare di tornare a ciò che sappiamo di poter controllare distinguendolo da ciò che non è sotto il nostro controllo. E’ una distinzione molto utile da utilizzare nella vita di tutti i giorni, tuttavia non è semplice farlo, altrimenti basterebbe scriverlo ovunque e la gente imparerebbe a rendersi conto se sta indugiando su cose poco controllabili o meno.

Per riuscire a notare quando ci stiamo perdendo nel controllo dell’incontrollabile, il quale solitamente si posizione in un futuro prossimo, ciò che ci serve non è solo una chiara visione su come progettare ciò che dobbiamo fare, ma ci serve consapevolezza! La nostra meta-cognizione che ci aiuta a renderci conto di quando stiamo “pensando” a cose che non sono sotto il nostro diretto controllo come se le fossero.

Il nostro simulatore

La nostra mente, in quanto predittrice e simulatrice di realtà non è proprio direttamente sotto il nostro controllo consapevole. La mente risponde agli stimoli che arrivano da dentro e da fuori, quando vede un bivio non pensa solo “ok ora vado a destra” ma pensa anche… “cosa accadrebbe se andassi a sinistra?” e nel momento in cui fai una scelta continua a chiedersi se sia stata quella giusta o meno.

Tu puoi decidere intenzionalmente da che parte andare ma non puoi decidere di fermare il tuo simulatore interno. Anche provandoci ti renderai conto che la mente si muove secondo quello che tempo fa abbiamo descritto come “un processo stocastico“, assomiglia più ad una mosca che si dimena a destra e a sinistra che ad un’ape che si muove in modo ordinato e prevedibile.

Cercare di controllare il mondo interiore, cioè il simulatore, conduce molte volte a problemi psicologici anche gravi. La maggior parte dei problemi di umore sono esacerbati, mantenuti e a volte creati dai tentativi stessi di non provare, sentire o pensare a qualcosa. Questo è quello che chiamiamo da anni “evitamento esperienziale”, il tentativo di controllare attivamente le associazioni della nostra mente.

Se ci pensiamo bene in realtà ciò che non è sotto il nostro vero controllo sono un sacco di cose, la maggior parte, ma è come se al nostro cervello piacesse farci immaginare di gestire tutto. Anzi a quella parte di noi che alcuni miei colleghi chiamano “io” piace così tanto controllare che ad un certo punto pensa di essere “la parte più importante di noi”, ma non è così. E’ come pensare che la parte più importante del treno sia il capotreno.

Il capotreno è fondamentale, decide la velocità, quando fermarsi e ripartire, quanta gente caricare e quanta farne scendere, ma non è il treno in sè, il quale in base alla sua costituzione potrà avere “comportamenti automatici”. Ad esempio noi abbiamo i bias i quali ci rendono la vita più facile e anzi la vita sembra venirci meglio quando riusciamo a fare le cose in economia, cioè in modo automatico invece che controllato.

Le scienze cognitive

Secondo la psicologia generale noi abbiamo 2 tipi di comportamenti o meglio due estremi in cui possiamo collocare ciò che facciamo: azioni controllate ed azioni automatiche, quelli che a volte senti chiamare “automatismi”. Quando abbiamo a che fare con qualcosa che non conosciamo attuiamo un comportamento maggiormente controllato, via via che impariamo come funziona quell’ambiente, ripetiamo le stesse azioni, esse diventano automatiche e non richiedono più il controllo diretto.

E’ qualcosa che tutti abbiamo sperimentato imparando a guidare o in altri contesti. Come sempre il motivo per cui certi apprendimenti diventano automatici ha sempre a che fare con il “risparmio energetico” del nostro organismo. Non esistono comportamenti che siano totalmente controllati o totalmente automatizzati (tranne quelli innati) e quindi esiste sempre una sorta di possibilità di spostare l’asse da una parte o dall’altra.

Possiamo intenzionalmente decidere di guidare con maggiore attenzione, a volte siamo costretti a farlo, come quando cambia il tempo all’improvviso. Possiamo, con l’allenamento, rendere un comportamento molto complesso e difficile, automatico o semi-automatico, come quando impari a guidare l’auto o suoni uno strumento. Fino a quando queste due funzioni si alternano con naturalezza, tutto scorre liscio ma a volte si possono inceppare.

Può accadere che qualcosa che ci veniva automatico possa essere compromesso dal controllo. Come quando qualcuno abbiamo un passeggero rompiscatole che continua a questionare su come stiamo guidando. Questa sua insistenza ci porterà a controllare ciò che è automatico rischiando di farci perdere fluidità nei movimenti. Più controlliamo un automatismo e più ne perdiamo il controllo e può succedere ovviamente anche il contrario.

Può succedere di cercare di fare un’azione in modo controllato e farci vincere invece dall’abitudine, ed è qualcosa che capita molto spesso. Una volta creato l’automatismo non è così semplice de-automatizzarlo, si può fare per fortuna ma lo si fa attraverso uno sforzo più a volte più alto di quello che ci ha fatto apprendere. E anche questo è facile da comprendere, il cervello pensa: “Se è automatico allora mi a risparimare… perché cambiarlo”.

Attenzione e controllo

Se per caso hai letto il mio primo libro (o mi segui da molto tempo o entrambe le cose) conosci molto bene questi temi. Quando cerchiamo di porre attenzione a qualcosa che non la richiede rischiamo di rovinarla, come negli esempi precedenti, ed è anche uno dei meccanismi che usiamo in psicoterapia, aggiungendo attenzione a comportamenti automatici.

Quindi tutto sommato si tratta anche qui di un processo naturale che attuiamo spontaneamente, ti è mai capitato di guidare una bici con frenata a retropedalata? Se sei abituato a frenare con le “leve” la prima volta che salirai su un mezzo del genere sarà molto strano. Inizialmente, quando dovrai frenare ti verrà automatico cercare la leva, prima di renderti conto che devi usare i pedali (devi retro-pedalare su alcune bici per frenare).

Ora esistono comportamenti che non sono manifesti, abitudini di pensiero, flussi di coscienza, temi sui quali restiamo più spesso. Questi che chiamiamo “contenuti mentali” non funzionano esattamente con le stesse regole del comportamento manifesto, certo possiamo indurre certi pensieri, creare abitudini mentali con l’esercizio ma la loro gestione è molto più complessa.

E’ a questo livello che il “controllo ci controlla“, quando cerchiamo di risolvere un problema di gestione dei contenuti mentali aumentando il controllo sui contenuti mentali. E’ un tema di cui ci siamo occupati così tanto che ad alcuni di voi saranno venuti in mente i famosi “occhiali per guardarsi dentro“, vero? Almeno questa è una mia speranza ma in caso ti consiglio di ascoltare quell’episodio.

In questi anni ci siano “scagliati contro il controllo” perché molte pratiche di crescita personale classica ti illudono di poter controllare l’incontrollabile. Quante volte hai sentito dire: “il tuo stato emotivo dipende da te, puoi cambiarlo in un istante“. Non è del tutto sbagliato, è vero che “tu sei responsabile del tuo stato” ma non è vero che puoi comandarlo come se avessi un interruttore. E non si tratta di una convinzione limitante, ma semmai di una consapevolezza che ti rende più flessibile.

Quando tutto fila liscio

Vedi quando tutto fila liscio, puoi serenamente gestire i tuoi contenuti mentali, una volta terminato questo post potrai tranquillamente mettere da parte le tue idee e proseguire per la tua giornata. Se sei tranquillo e sereno anche un brutto pensiero può essere lasciato andare alla velocità della luce, ma questo non succede sempre e soprattutto può capitare a tutti e non ha a che fare con problematiche di base.

A questo punto del post posso essere un po’ più tecnico: la soluzione di controllare i nostri pensieri funziona solo quando questi sono “leggeri” o poco “ingombranti”. Ma può capitare a tutti di avere pensieri del genere, anche non necessariamente negativi, come quando siamo agitati per qualcosa di bello che sta per accaderci ecc. Ed è in quel momento che il controllo attivo dei pensieri non funziona più come dovrebbe.

Ed è in quel momento che controllare i pensieri diventa la tentata soluzione disfunzionale che in realtà peggiora le cose. A quel punto la vera abilità sarà la capacità di lasciar andare i pensieri, come descritto nell’episodio dedicato al lasciar andare… uno dei più ascoltati di Psinel. Dunque lo so, se mi segui da tanto sono cose che abbiamo visto molte volte ma ciò che mi premeva oggi era fare la distinzione tra la sensazione di auto-efficacia e agency, con come normalmente vediamo “il controllo”.

Sentire di avere controllo sulla situazione (auto-efficacia) non significa cercare di controllare i nostri stati interni, anzi è proprio il contrario. Quando senti di saper fare qualcosa, anche se ti attivi emotivamente per qualche motivo, non ci dai peso direttamente. Succede invece di farlo proprio quando non senti di avere quella sensazione di “gestione efficace della situazione”.

Quindi quando parliamo di controllo in generale o quando ne senti parlare in giro in termini positivi, ciò a cui fanno riferimento è il tema della auto-efficacia, non del fatto che ci si debba controllare internamente, perché quel tipo di controllo conduce al paradosso della sensazione della perdita di controllo. In realtà le cose sarebbero ancora più complesse ma spero di essere riuscito a fare un pizzico di chiarezza in più.

Altrimenti ogni volta che qualcuno ti dirà: “devi mantenere il controllo” non saprai davvero cosa intenda per davvero, nel caso non lo sappia fregatene e applica la nostra distinzione, vedrai che la tua prestazione e la tua serenità interiore aumenteranno.

A presto
Genna


Gennaro Romagnoli
Gennaro Romagnoli

Mi chiamo Gennaro Romagnoli e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ed esperto di Meditazione. Autore e divulgatore di PsiNel, il podcast di psicologia più ascoltato in Italia. Se desideri sapere di più clicca qui.