Ti è mai capitato di sentirti poco ascoltato o addirittura non ascoltato da chi avevi accanto? Scommetto di sì, non è una bella sensazione eppure ci capita spesso. E di tanto in tanto capita anche a noi di essere quelli che non ascoltano. Ormai anche le pietre sanno che per comunicare in modo efficace la cosa più importante è l’ascolto, tuttavia le persone non sanno perché si tende a NON ascoltare… comprenderlo cambia la prospettiva!
Il cervello pigro
Lo so, lo hai sentito mille volte che il nostro cervello tende a risparmiare energia. Non lo fa perché è realmente pigro ma per la nostra sopravvivenza e non si tratta di un difetto ma di una vera e propria funzione che gli permette di gestire la enorme mole di informazioni con cui ha a che fare. In realtà la questione è ancora più complessa: tale pigrizia appunto non è pigrizia ma è un modo di funzionare, cioè attraverso predizioni continue su ciò che c’è nel mondo la fuori. Anche in questo momento tu non stai leggendo ogni singola parola ma la stai anticipando, la prevedi e più leggi più sei bravo a prevedere ciò che arriverà dopo… un po’ come chat-GPT (e tutti i modelli linguistici generativi).
Consumiamo energia non solo quando facciamo predizioni ma soprattutto quando dobbiamo aggiornarle. Vai a lavoro, fai la solita strada ma quel giorno c’è un incidente e devi di colpo immaginare un tragitto diverso (che oggi fanno i navigatori per noi). Quando cerchiamo di ascoltare un’altra persona, molto spesso, tendiamo ad anticipare ciò che sta per dirci (anche se non glielo diciamo) e ci prepariamo immediatamente a rispondere. E’ come se accedessimo alla risposta più facile per noi, appena dice qualcosa su cui possiamo “prevedere una risposta” tendiamo a fermare l’ascolto.
Proprio come quando inizi ad ascoltare un contenuto (audio o video) e ti trovi in disaccordo con le prime parole che ascolti ed invece di lasciarlo proseguire ti lanci nella sessione commenti, ti prego NON farlo! Eppure capita a tutti e ovviamente anche a me, inizio a leggere qualcosa e penso di aver già capito dove voglia andare a parare l’autore. La disponibilità di quel contenuto nella mia mente, la prima predizione che emerge, non solo mi fa sentire intelligente (perché è emersa subito e con facilità) ma mi fa risparmiare energia.
Questo meccanismo, unito a molte altre cosucce interessanti, rendono l’ascolto delle altre persone qualcosa di non troppo semplice come appare. Tutto questo togliendo di mezzo l’aspetto essenziale dell’ascolto: la relazione. E’ chiaro che in base al tipo di relazione che intercorre tra le persone sarai maggiormente portato a selezionare le tue predizioni in direzioni specifiche. Se parli con il tuo capo e dice una cavolata, di certo non peschi subito quella parolaccia che ti è saltata in mente, ti sforzi di usare altre associazioni. Lo stesso vale se ti senti bene o male, se hai un rapporto profondo o meno ecc.
Insomma, oltre alla enorme moltitudine di distrazioni presenti oggi, l’architettura del nostro cervello non ci aiuta molto, per questo motivo i miei colleghi da anni studiano come “ascoltare meglio“. Di certo avrai sentito parlare di ascolto attivo, probabilmente anche di come in diverse culture esista una sorta di ascolto attento degli altri, sono vere e proprie pratiche, non il semplice: sentiamo cosa ha da dirci. Insomma c’è solo un modo per migliorare il nostro modo di ascoltare: sapere che è possibile farlo ed iniziare, ognuno con le proprie modalità, a farlo sempre più spesso.
Ascolto intenzionale
Come abbiamo visto parlando di intenzioni, esse non sono solo dei buoni propositi da darci prima di fare qualcosa, ma intenzione significa continuare di proposito a fare qualcosa, in modo consapevole e presente. Noi siamo già predisposti di tutto ciò che ci serve per farlo, ed è per questo che la gente non pensa che sia possibile migliorarlo, tende a darlo per scontato. Quando parli con un amico di qualcosa che ti appassiona, non hai bisogno di cercare di ascoltarlo meglio e quando ti parlo di come si potrebbe migliorare qualcosa del genere, forse ti viene in mente quella bella chiacchierata.
Ma la verità è che la maggior parte delle volte non ascoltiamo o ascoltiamo meno di quanto ci piaccia pensare, anche quando ci interessa un certo argomento. Ora il problema è che quando ti parlo di “intenzione” ecco che subito qualcuno potrebbe sentirsi in colpa e pensare di non essere una brava persona perché non è intenzionata ad ascoltare il prossimo ecc. No, ripetiamolo ancora una volta: le principali cause del non ascolto risiedono in come siamo fatti, in come è strutturata la nostra attenzione, poi ovviamente rientrano altri fattori soggettivi rilevanti.
Il tema è sempre lo stesso (se mi segui da un po’) se non ti eserciti in modo intenzionale, deliberato, con l’intento diretto di migliorare le tue abilità, esse non solo non miglioreranno ma tenderanno a decrescere. Questo vale per ogni nostra capacità, è ancora il noto “o lo usi o lo perdi“. Da un lato questa cosa non incoraggia però dall’altro lato ci dice molte cose buone: la prima è che a qualsiasi livello ci troviamo possiamo migliorare (il mindset dinamico), la seconda è la possibilità di iniziare ad inquadrare i nostri sforzi intenzionali in una cornice positiva.
Sì, dato che non amiamo sforzarci ma sappiamo che l’impegno per migliorare è necessario, tendiamo a pensare che le cose che richiedono “intenzionalità” (uno sforzo) siano peggiori di quelle che non la richiedono. Anche di questo abbiamo parlato tanto proprio in riferimento alla fallacia del talento, insomma siamo tremendamente attratti da chi sembra fare le cose con scioltezza e facilità. Il fatto è che per arrivare a quel livello si è dovuto necessariamente allenare in un qualche modo e le prove di questa faccenda non sono solo empiriche (ne abbiamo tante) ma anche facilmente riscontrabili nella vita quotidiana.
Infine intenzionalità fa rima con responsabilità: essere intenzionali in qualcosa significa assumersi la responsabilità o meglio l’agency, sapere di poterci fare qualcosa. Sapere che se non ascolti non dipende solo dal fatto che il tuo interlocutore è noioso, perché c’è troppo rumore o qualsiasi altra causa esterna, dipende anche (e aggiungo soprattutto) da te! Di nuovo, per evitare di trasformare questi concetti in “sensi di colpa” è utile ricordare la differenza tra colpa e responsabilità.
Colpa e responsabilità
Ti svegli in una bella mattina, sei fresco e un po’ emozionato perché hai un appuntamento importante. Ti prepari e scendi in anticipo, ti avvi verso la tua auto e di colpo noti una cosa strana, hai una gomma bucata! E’ colpa tua? Può darsi, magari non hai visto dei vetri o dei chiodi o ti sei divertito a fare fuori strada nel weekend. Oppure no, qualche persona poco educata è passata di lì e ha bucato un po’ di gomme a caso, forse un amico del gommista della zona. Non conta di chi è la colpa, la responsabilità di arrivare in tempo all’appuntamento è tua!
Ah chiaramente e mestamente è tua anche la responsabilità di rimettere l’auto in sesto. Se non riesci ad ascoltare per bene ogni persona con cui interagisci non è colpa tua, lo abbiamo già visto, ma è sempre una tua responsabilità o per lo meno c’è sempre anche il tuo zampino. Quindi se una persona ti parla, magari un collega noioso o che sopporti poco ma ti sta dicendo cose rilevanti non è colpa tua se fai fatica ad ascoltarlo ma è una tua responsabilità farlo. “E se davvero non ho il tempo di ascoltare?” Allora ti assumerai la responsabilità di dirlo, “scusa ma in questo momento sono particolarmente distratto, ti andrebbe di riparlare di questo tema un’altra volta?” (magari specificando come e quando).
Che barba vero? Bisogna fare tutti questi giri di parole quando sarebbe più facile liquidare la persona? Beh perché no, dipende dalla persona ovviamente. La cosa particolare è che questa mancanza di ascolto spesso la facciamo nei confronti di chi ci sta più vicino non tanto in chi ci parla meno di frequente. Più conosciamo le persone e più siamo portati ad anticipare ciò che stanno per dirci, sentiamo di sapere dove vogliano andare a parare e così, smettiamo di ascoltare. Anche questa tendenza non è colpa tua, non è colpa tua se la percezione si abitua a ciò che vede molto spesso e tende a anteporre schemi interpretativi a quello che ascoltiamo.
Lo facciamo sempre al fine di risparmiare energie. Tuttavia è una tua responsabilità, non so se sono riuscito con questo giro di parole a spiegarmi a dovere sulla differenza. Perché se lo viviamo come un senso di colpa non solo faremo molta fatica a cercare di rimediare (cioè ascoltare) ma inizieremo a trattarci come stupidi (“non sei capace neanche di ascoltare 5 minuti tuo marito, sei una pessima partner” ecc.) e questo aumenterà il biasimo, insomma sono circoli viziosi che conosciamo tutti. Oppure iniziamo a difenderci pensando che quella persona non dica nulla di interessante, oppure che è lei che non si sa spiegare ecc.
Responsabilità significa accettare il fatto che le cose stanno così, che la nostra mente è ballerina e cercare di dirigerla con intenzione ogni volta che ce ne rendiamo conto, ogni volta che ci ricordiamo di farlo. Non è un caso che nella antica lingua Pali il termine Sati, utilizzato nella pratica della meditazione stia ad indicare sia la consapevolezza che il ricordo. Ricordarci di assaporare il presente, di dimorare nel presente, per quanto sia difficile e più impegnativo. Sai cos’altro è impegnativo? Qualsiasi attività umana che porti risultati concreti nella nostra vita.
Avrei ancora un sacco di cose da raccontarti ma in realtà è un tema che abbiamo trattato talmente tante volte che poteri essere “leggermente” ripetitivo (le virgolette sottolineano l’ironia). Quindi ti lascio al nostro video di approfondimento e la responsabilità di cercare nella nostra galassia altri contenuti sul tema. Infine è bene ricordare che le puntate di Psinel vanno ascoltate a ritroso, dalla più recente alla meno recente. Quindi se fai una ricerca sull’ascolto, con parole chiave come “ascolto attivo psinel” (puoi farlo su google o nel motore di ricerca di questo blog), ascolta prima gli episodi più recenti… e poi prosegui com e un gambero.
Buon ascolto
Genna